Le importanti scoperte emerse da un recente studio, condotto da un gruppo di ricerca interdisciplinare e coordinato dal professor Marco Vinceti, docente all'Università di Modena e Reggio Emilia, sembrerebbero avvalorare l'ipotesi che vi possano essere anche cause ambientali all'origine del disturbo neurodegenerativo noto col nome di sclerosi laterale amiotrofica (SLA), una rara patologia che provoca la degenerazione dei neuroni di moto, altrimenti detti motoneuroni, e che è caratterizzata da una progressiva paralisi corporea dovuta alla perdita graduale del controllo dei muscoli scheletrici.
I risultati di questa indagine, a cui hanno partecipato ricercatori italiani, russi, statunitensi e tedeschi, sono stati pubblicati nella rivista specializzata NeuroToxicology.
In questo studio caso-controllo è stato determinato il dosaggio delle diverse forme chimiche (un procedimento chiamato “speciazione”) di un importante metalloide, il selenio, presente nel liquido cerebrospinale di 38 malati di SLA, seguiti nell'Ospedale S. Agostino-Estense di Baggiovara, e di 38 soggetti di controllo affetti soltanto da lievi disturbi neurologici e funzionali. Tale innovativo metodo d'indagine, mai tentato in precedenza, ha permesso di scoprire come i pazienti affetti da SLA mostrassero da un lato una maggiore concentrazione di selenite, una rara forma inorganica del selenio, dall'altro una diminuzione del livello della selenoproteina P, una specie organica del selenio la cui funzione, in ambito fisiopatologico, non è ancora ben chiara.
I risultati ottenuti da questo studio sembrano quindi dimostrare che determinati fattori ambientali, come un'eccessiva esposizione alla selenite, potrebbero avere un ruolo fondamentale nell'insorgenza e nello sviluppo della SLA, fornendo nuove prospettive di ricerca che possono portare a comprendere meglio le cause di questa grave patologia.
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