La nuova molecola Pip6a-PMO potrebbe essere iniettata in vena, un metodo più semplice e sicuro rispetto a quello della puntura lombare, utilizzato fino ad oggi
OXFORD (REGNO UNITO) – Il trattamento dovrà essere valutato nei pazienti, ma per ora i risultati ottenuti sui topi sono straordinari: la sopravvivenza è aumentata di ben 38 volte rispetto agli animali non trattati. Il farmaco, chiamato Pip6a-PMO, sembra dunque promettente per l'atrofia muscolare spinale (SMA), una delle principali cause genetiche di morte infantile. A testare il nuovo farmaco è stato un gruppo di ricerca guidato dall'Università di Oxford, che ha descritto lo studio in un articolo pubblicato sulla rivista PNAS.
La SMA può colpire i bambini nel grembo materno o gli adulti, e si verifica quando un soggetto non possiede un gene chiamato Survival Motor Neuron 1 (SMN1), e non è dunque in grado di produrre la proteina SMN, con conseguente degenerazione dei motoneuroni e crescente debolezza muscolare. Tuttavia, le persone hanno un gene quasi identico chiamato SMN2.
Gli attuali trattamenti si basano sull'alterazione di questo gene per includere una parte cruciale che si trova nel suo gene omologo, consentendo così la produzione della proteina. Per eseguire questa procedura, però, occorre oltrepassare la barriera emato-encefalica e ciò significa che il farmaco dev'essere iniettato nella colonna vertebrale con una puntura lombare.
“La consegna intratecale – un'iniezione intorno al midollo spinale – rende il trattamento più difficoltoso”, ha spiegato la ricercatrice Suzan Hammond. “In circa un terzo dei pazienti si verificano effetti collaterali. Un'ulteriore complicanza è che la SMA porta spesso a scoliosi, e la torsione della colonna vertebrale può limitare tali iniezioni”. Il trattamento sviluppato dal Dipartimento di Fisiologia, Anatomia e Genetica di Oxford, invece, viene somministrato con un'iniezione in vena.
Quando ai cuccioli di topo geneticamente modificati affetti da SMA è stato iniettato il Pip6a-PMO, i risultati sono stati subito chiari: dopo soli sette giorni di vita erano notevolmente più pesanti e con una crescita più veloce di quelli non trattati, e dopo 12 giorni erano più forti rispetto ai loro omologhi. Inoltre hanno vissuto molto più a lungo: una media di 167 giorni per i topi trattati con una dose da 10 microgrammi per grammo di peso, quattordici volte in più rispetto ai 12 giorni dei cuccioli non trattati.
I test hanno anche rivelato che raddoppiare la dose significa migliorare notevolmente la sopravvivenza: tutti i topi trattati con due dosi sono sopravvissuti almeno per 200 giorni, e la sopravvivenza media è stata di 457 giorni, trentotto volte superiore a quella dei topi non trattati e quasi tre volte maggiore rispetto a quelli che avevano ricevuto una singola dose.
Lo studio delle giunzioni neuromuscolari (dove i motoneuroni si collegano ai muscoli) ha mostrato che l'effetto della SMA, che distrugge i nervi nelle giunzioni, è stato invertito da una singola dose di trattamento, riportando le connessioni ai livelli normali.
“Nonostante il Pip6a-PMO sia stato inizialmente progettato per la distrofia muscolare di Duchenne, abbiamo dimostrato che può essere molto efficace anche nel trattamento della SMA”, ha sottolineato il professor Matthew Wood. “La sopravvivenza dei topi in questo studio era di gran lunga superiore a quella ottenuta con qualsiasi altra terapia, e un altro vantaggio consiste nel fatto che il trattamento agisce sia sul sistema nervoso centrale che su tutto l'organismo. Un approccio simile potrebbe funzionare anche per malattie come il Parkinson, l'Huntington e la SLA, e il nostro obiettivo sarà estendere le applicazioni cliniche di questo farmaco”. Il team sta attualmente pianificando uno studio della durata di due anni, che dovrebbe essere avviato nel 2017 per valutare questo trattamento nei pazienti.
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