È l’ultima frontiera del trapianto di cellule staminali per i pazienti pediatrici con una leucemia acuta: si tratta di una nuova tecnica di manipolazione cellulare messa a punto dai ricercatori dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù e sviluppata con la più grande casistica al mondo nell’Ospedale della Santa Sede su bambini affetti da leucemie e tumori del sangue. Anche in assenza di un donatore completamente compatibile, la nuova tecnica rende possibile il trapianto di midollo da uno dei due genitori con percentuali di guarigione sovrapponibili a quelle ottenute utilizzando un donatore perfettamente idoneo.

I risultati eccezionali di questa sperimentazione – potenzialmente applicabile a centinaia di bambini in Italia e nel mondo - sono stati pubblicati sulla rivista scientifica internazionale Blood, giornale leader in campo ematologico e trapiantologico, e rilanciati dalla Società Americana di Ematologia (ASH).

Questa metodologia rivoluzionaria - messa a punto dall’équipe del prof. Franco Locatelli, direttore del Dipartimento di Oncoematologia e Medicina Trasfusionale al Bambino Gesù – era già stata applicata e pubblicata, sempre su Blood, per quanto riguarda le immunodeficienze e le malattie genetiche (talassemie, anemie, ecc.). Il nuovo paper allarga lo spettro delle patologie trattabili con questa innovativa tecnica, includendo le leucemie e i tumori del sangue.

Il trapianto di cellule staminali del sangue rappresenta una terapia salvavita per un elevato numero di pazienti pediatrici affetti da leucemia o da altri tumori del sangue, così come per bambini che nascono senza adeguate difese del sistema immunitario o con un’incapacità a formare adeguatamente i globuli rossi (malattia talassemica). Per tanti anni, l’unico donatore impiegato è stato un fratello o una sorella immunogeneticamente compatibile con il paziente. Ma la possibilità che due fratelli siano identici tra loro è solamente del 25%. Per ovviare a questa limitazione, sono stati creati i Registri dei Donatori Volontari di Midollo Osseo, che arruolano ormai più di 29 milioni di donatori, e le Banche di Raccolta e Conservazione del Sangue Placentare, le quali rendono disponibili circa 700.000 unità nel mondo.

A dispetto di questi numeri, esiste un 30-40% di pazienti che non trova un donatore idoneo o che ha necessità di essere avviato al trapianto in tempi non compatibili con quelli necessari a identificare un donatore al di fuori dell’ambito familiare. Con lo scopo di rispondere a questa ‘urgenza’ terapeutica, negli ultimi 20 anni molto si è investito nell’utilizzo di uno dei due genitori come donatore di cellule staminali emopoietiche, per definizione, immunogeneticamente compatibile per il 50% con il proprio figlio.

Tuttavia, l’utilizzo di queste cellule senza alcuna manipolazione rischia di causare gravi complicanze, potenzialmente fatali, correlate alla procedura trapiantologica stessa. Per questo motivo, fino a pochi anni fa, si utilizzava un metodo di ‘purificazione’ di queste cellule che garantiva una buona percentuale di successo del trapianto (attecchimento) ma che, sfortunatamente, si associava a un alto rischio infettivo (soprattutto nei primi mesi dopo il trapianto), con un’elevata incidenza di mortalità. Come risultato finale, i trapianti da uno dei due genitori avevano una probabilità di successo significativamente inferiore a quella ottenibile impiegando come donatore un fratello o una sorella, o un soggetto identificato al di fuori dell’ambito familiare.

Negli ultimi anni, i ricercatori dell’Ospedale Bambino Gesù hanno dedicato i loro sforzi a mettere a punto una nuova tecnica di manipolazione delle cellule staminali che permette di eliminare le cellule pericolose (linfociti T alfa/beta+), responsabili dello sviluppo di complicanze legate all’aggressione da parte di cellule del donatore sui tessuti del ricevente (Graft Versus Host Disease), lasciando però elevate quantità di cellule buone (linfociti T gamma/delta+, cellule Natural Killer), capaci di proteggere il bambino da infezioni severe e dalla ricaduta di malattia. In particolare, il ruolo delle cellule Natural Killer è stato oggetto, da oltre 10 anni, di approfondito e meticoloso studio grazie alla collaborazione tra il prof. Locatelli e il prof. Lorenzo Moretta, responsabile dell’area di ricerca in immunologia del Bambino Gesù.

La stretta interazione tra ricerca clinica e ricerca di base ha permesso di capire che con il nuovo approccio di manipolazione selettiva dei tessuti da trapiantare, i pazienti possono beneficiare fin da subito dell’effetto positivo dei linfociti T gamma/delta+ e delle cellule Natural Killer del donatore. Largo supporto alle attività di ricerca è stato dato da un grant finanziato da AIRC (Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro), che conferma il proprio importantissimo ruolo nel promuovere importanti avanzamenti terapeutici nella cura dei tumori nel nostro Paese.

In particolare, questa innovativa procedura di trattamento cellulare è stata applicata a 80 pazienti con leucemie acute resistenti ai trattamenti convenzionali o recidivanti in seguito ai tradizionali trattamenti chemioterapici. I risultati del Bambino Gesù dimostrano che il rischio di mortalità da trapianto è straordinariamente basso (nell’ordine del 5%), il rischio di ricaduta nella malattia è del 24% e, conseguentemente, la probabilità di cura definitiva per questi bambini è superiore al 70%, un valore sovrapponibile (anzi lievemente migliore) a quello ottenuto nello stesso periodo in pazienti leucemici trapiantati (sempre nell’Ospedale della Santa Sede) da un donatore, familiare o non consanguineo, perfettamente compatibile. Inoltre, il rischio particolarmente basso di sviluppare complicanze a breve e lungo termine correlate al trapianto ottenuto grazie a questo nuovo approccio metodologico, rende questa procedura un traguardo solo pochi anni fa impensabile e, oggi, una realtà potenzialmente applicabile a centinaia di altri bambini nel mondo.

Per maggiori informazioni sulle leucemie, visita le sezioni di OMaR dedicate alla leucemia mieloide cronica, la leucemia linfoblastica acuta e la leucemia linfatica cronica.

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