Si è svolta sabato 2 dicembre 2017 la 'Giornata interdisciplinare di studio sull’antibiotico-resistenza', organizzata dall’ordine dei medici veterinari di Parma con il sostegno di MSD Animal Health. Undici relatori moderati egregiamente dal dr. Alberto Brizzi, organizzatore e presidente dell’ordine, si sono susseguiti illustrando in maniera efficace e sintetica, ognuno nel proprio ambito, gli impatti attuali e i rischi futuri relativi all’antibiotico-resistenza (AMR), il livello di consapevolezza che ha assunto il problema, nonché le misure previste a livello locale, nazionale e comunitario, per fronteggiare l’emergenza.

Si sono alternati un medico infettivologo dell’ospedale regionale di Parma, tre docenti della facoltà di veterinaria, un docente di Agraria, due veterinari ASL, due veterinari delle sezioni diagnostiche IZSLER di Parma e Piacenza, un esponente dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) e, a chiudere, il dr. Diegoli, dell’assessorato Politiche per la salute, Servizio prevenzione collettività e sanità pubblica della Regione Emilia Romagna.

La prima slide dell’intero evento è stata mostrata dal dr. Calzetti, infettivologo ed epatologo presso l’ospedale regionale di Parma, nella quale è stato ben evidenziato come nel 2050 l’AMR non solo sarà la prima causa di morte ma ben 14 volte superiore al numero attuale. Allo stesso modo ha evidenziato come la capacità di investimento dell’industria farmaceutica nella ricerca in funzione della redditività nel segmento degli antibiotici sia tra i più bassi del mercato globale dei farmaci. E come l’Italia sia, insieme a Turchia e Grecia, maglia nera nella lista delle AMR di alcuni batteri pericolosi verso molecole considerate fino ad oggi molto efficaci, come ad esempio quelle appartenenti alla classe dei carbapenemi. L’Italia, secondo le stime dell’organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo (OCSE), è un'eccellenza per molti aspetti della vita quotidiana ma pecca clamorosamente su 3 punti: alta percentuale di fumatori, alto inquinamento dell’aria, alta prescrizioni di antibiotici.
Per prevenire l’AMR è necessario seguire precisi step, e il primo è la vaccinazione. Ad avvalorare questa affermazione è stato portato l’esempio di uno studio del 2016 in cui l’uso esteso del vaccino coniugato contro lo pneumococco potrebbe ridurre del 47% l’uso dell’antibiotico conseguente a questa infezione.

E’ stata poi la volta dei professori Simone Bertini, Fausto Quintavalla e Maria Cristina Ossiprandi, del dipartimento Scienze Mediche Veterinarie dell’Università di Parma, che hanno approfondito gli aspetti dell’AMR in medicina veterinaria sia negli animali da reddito che negli animali d’affezione, nonché i possibili risvolti zoonosici. Particolare enfasi è stata dedicata al basso livello di consapevolezza raggiunta dai consumatori a livello europeo sui rischi per la salute umana connessi alla AMR negli animali da produzione alimentare. I dati Efsa evidenziano come il 57% degli intervistati ritiene di non aver acquisito informazioni sul problema mentre per il 71% non si fa abbastanza per controllare l’abuso di antibiotici in allevamento. Da veterinari e allevatori arriva invece la percezione di un calo di efficacia degli antibiotici in suini e pollame.

L’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) e l’Agenzia europea dei medicinali (Ema) oltre ad emanare dettagliate liste di farmaci ad alto, medio e basso rischio di AMR, cercano di semplificare il lavoro degli operatori indicando step di facile interpretazione al fine di mettere in atto azioni concrete. Nasce da qui il concetto delle 3R: Reduce: ridurre l’uso di antimicrobici al minimo necessario; Replace: sostituirli con misure alternative (vaccinazioni, quarantena, probiotici); Rethink: ripensare il sistema di allevamento e investire sulla prevenzione.

Dopo i docenti di medicina veterinaria, a prendere parola è stato il prof. Pier Sandro Cocconcelli, della facoltà di Agraria dell’università Cattolica del S. Cuore sede di Piacenza, che ha descritto l’impatto dell’AMR nelle filiere alimentari, con particolare riferimento, vista la zona, a salumi a bassa stagionatura e formaggi, sottolineando come oggi sia scientificamente corretto spostare la massima attenzione dalla assenza/presenza di antibiotico nei prodotti di origine animali, ormai ben normati e controllati, all’uso razionale dell’antibiotico durante tutto il ciclo di vita dell’animale, sia esso destinato al consumo umano che semplicemente animale d’affezione.

Dal dr. Pongolini, dell’IZS Lombardia ed Emilia Romagna, sono arrivate interessanti nozioni su come i batteri sviluppano l’AMR e su come la ricerca si sia incentrata sul riconoscimento del materiale genomico responsabile della capacità del batterio di resistere all’azione degli antimicrobici. Ma soprattutto sulla capacità di diffusione di questi geni mutati tra batteri appartenenti a specie diverse. E’ stato grazie alla spiegazione di questi processi che si è chiarito il vero motivo che sta alla base della limitazione dell’uso di colistina in veterinaria e di tutti i divieti che in futuro potranno riguardare i farmaci appartenenti alla categoria 'CIA'.

E’ stato poi il momento degli ispettori ASL, coloro che sono deputati al controllo del rispetto delle regole a tutela degli animali e del consumatore. Ha iniziato la dott.ssa Eva Rigonat, dell’ASL di Modena, che ha energicamente richiamato i liberi professionisti alle proprie responsabilità nei confronti di un problema già previsto da Fleming nel momento in cui inventò la penicillina, la resistenza agli antibiotici. Ha continuato il dott. Luca Zarenghi, che ha sottolineato come il PNR (Piano Nazionale Residui), sia a livello locale che nazionale, abbia funzionato, e la non conformità sia stata registrata in soli 13 casi su 1.000 in quasi 14.000 campioni prelevati e analizzati al macello, e che il PNCAR (Piano Nazionale di Contrasto dell'AMR) preveda nel triennio 2017-2020 una riduzione di almeno il 30% di consumo di antibiotici, in cui almeno il 30% sia rappresentato da formulazioni per via orale, del 10% di antibiotici CIA e che il consumo di colistina scenda sotto i 5mg/PCU (quantità di principio attivo per unità di bestiame) contro i 30 mg/PCU attuali.

La dott.ssa Norma Arrigoni ha mostrato l’esito dell’attività di controllo sul consumo di antibiotici su 121 allevamenti della regione Emilia Romagna che dimostra come al raggiungimento del valore medio siano  responsabili pochi allevamenti che usano tantissimo antibiotico, e che basterebbe agire su quelli per abbassare radicalmente il valore. Da questa analisi nasce il progetto PSR (2016-2019) a cui partecipano, oltre all’IZSLER, l’Università di Bologna, 3 caseifici e 61 allevamenti bovini, il cui obiettivo è quello di costruire un percorso per la razionalizzazione/riduzione del 20% dell’uso degli antibiotici nella filiera bovina da latte, monitorando, oltre al consumo di antibiotici, altri 2 fattori indispensabili, il benessere e la biosicurezza.

Dopo una sintetica carrellata da parte del dr. Pietro Stella sul ruolo che svolge l’Efsa a livello di AMR non solo per la sicurezza alimentare ma anche ambientale, e prima dei saluti e dei ringraziamenti del dr. Brizzi, è intervenuto il dr. Giuseppe Diegoli, dell’assessorato Politiche per la salute, Servizio prevenzione collettività e sanità pubblica della Regione Emilia Romagna, che ha riassunto i punti salienti e chiuso le fila illustrando il lavoro che sta svolgendo la Regione sul tema dell’AMR, i cui progetti sono presi ad esempio a livello nazionale affinché siano replicati anche in altre regioni, e che prevedono gruppi di lavoro multidisciplinari per preservare l’efficacia degli antibiotici nella filiera suina e bovina, nella filiera avicola e negli animali da compagnia, in attesa della tanto sospirata ricetta elettronica, che sembra sarà effettiva a partire dal 2019.

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