Un trattamento per il tumore al polmone senza alcun fondamento scientifico e uno studio clinico in cui i partecipanti dovevano pagare per partecipare: la vicenda di Aaron Traywick
In Italia non si sono ancora del tutto spenti gli echi del 'caso Stamina', nel contesto del quale Davide Vannoni, fondatore della Stamina Foundation, millantava di poter usare le cellule staminali per curare un lungo elenco di malattie, tra cui l'atrofia muscolare spinale (SMA). Vannoni – che non è neppure un medico – era giunto ad ottenere, da parte della Camera e del Senato, l’approvazione a una sperimentazione clinica della durata di 18 mesi, con uno stanziamento di 3 milioni di euro. Alla richiesta di chiarimenti sul metodo, il truffatore - perché di questo si sta parlando - ha avanzato scuse ridicole, affermando che questo fosse blindato da una richiesta di brevetto. Di fatto, non esisteva alcun protocollo di trattamento con cellule staminali. Non c’era traccia di riscontri scientifici, di pubblicazioni o di prove che avvalorassero l’uso del cosiddetto 'metodo Stamina'.
Il caso Vannoni rimane uno dei più eclatanti raggiri nel settore medico, che ha rischiato di produrre effetti drammatici e sconvolgenti sui malati. Purtroppo, Vannoni non è l’unico imbroglione che abbia giocato con il valore delle nuove frontiere della ricerca per trarne un profitto personale, senza pensare alle conseguenze per i malati. Recentemente, si è saputo che il controverso biohacker (il termine individua quelle persone che praticano una sottospecie di ricerca totalmente al di fuori delle linee guida delle istituzioni, senza protocolli, commissioni giudicanti e, in una parola, senza un metodo scientifico) Aaron Traywick, statunitense, morto in circostanze misteriose a fine aprile, stava programmando un trial clinico incentrato sull’uso di una terapia formulata a partire dal metodo CRISPR per trattare il cancro al polmone.
Traywick era il fondatore di Ascendance Biomedical, una discussa compagnia di ricerca che raccoglieva personaggi privi di qualsiasi esperienza medica e che si dedicavano a elaborare presunti protocolli di terapia genica per il trattamento di svariate patologie. Culmine di questa filosofia fu il plateale momento in cui Traywick, ad Austin (Texas, USA), nel corso di un summit di bodyhacking (con questo termine ci si riferisce a chi, oltre a produrre farmaci o dispositivi al di fuori dei canonici percorsi di ricerca, li testa sul proprio corpo), si iniettò un 'trattamento' per l’herpes messo a punto all’interno della sua compagnia. Il tutto filmato e diffuso su Facebook. L'uomo non era nuovo a queste manifestazioni eclatanti, visto che già l’anno scorso un simile modello di pubblicità era stato usato su un altro membro della Ascendance, Tristan Roberts, per presentare una presunta terapia su base genica per l’HIV, la quale, di fatto, diede effetti del tutto contrari a quelli sbandierati, peggiorando la salute del soggetto.
Fa orrore anche solo l’idea che persone come Traywick possano pensare di crearsi popolarità e guadagni sfruttando la crescente importanza di tecniche di modifica del DNA come CRISPR. Traywick aveva già creato un sito che pubblicizzava il suo fantomatico trial, nel corso del quale le tecniche di editing genetico venivano usate per curare il cancro al polmone. Il sito parla di una cinquantina di pazienti arruolati e richiede, a chi volesse aggiungersi, di versare una quota di 25 dollari per una consulenza preliminare con Traywick e il suo team. Oltre ai presupposti scientifici deliranti, il trial di Traywick si basa sulla richiesta di un compenso economico al paziente. Si tratta di un’assurdità, perché di norma gli studi clinici all’interno dei quali si testano nuovi farmaci contro gravi patologie, oltre a richiedere un solido razionale biologico corroborato da rigorose evidenze scientifiche, non esigono mai un compenso economico dal paziente. Naturalmente, i protocolli di Traywick, come pure quelli di Vannoni, non sono mai passati al vaglio del metodo scientifico, e il fatto che i presunti ricercatori messi insieme da questo imbroglione americano si siano trincerati dietro un ostinato silenzio è un chiaro segnale dell’architettura fraudolenta della questione. È fondamentale che le nuove tecniche di terapia genica possano essere valutate nel corretto scenario scientifico, all’interno di studi e progetti accuratamente preparati, e che si apra una discussione capace di coinvolgere non solo scienziati e ricercatori, ma anche esperti di bioetica, pazienti e rappresentanti del mondo della comunicazione. Per non permettere che l'enorme potenziale di innovativi approcci terapeutici rischi di essere corrotto dai profittatori di turno.
Ciò che colpisce, di vicende come quella di Traywick o Vannoni, è il fatto che simili individui, che speculano sulla salute delle persone, riescano a portare avanti le proprie frodi quasi indisturbati, eludendo o superando persino i controllo delle Istituzioni e della comunità scientifica. E questo grazie anche all'estrema facilità con cui, attualmente, è possibile far circolare false affermazioni o teorie scientifiche. Un calzante esempio, utile a chiarire questa problematica, viene dalla categoria dei no-vax, cioè di coloro che contrastano in ogni possibile sede l’uso dei vaccini, mettendo in giro assurde teorie che non trovano alcun riscontro scientifico. Proprio di recente, infatti, la rivista Indian Journal Medical Ethics ha pubblicato uno studio di Lars Andersson, presunto ricercatore del Karolinska Institutet di Stoccolma (Svezia), che aveva lanciato un grido d’allarme riguardo al fatto che il vaccino per l’HPV potesse aumentare il rischio di sviluppare il cancro alla cervice uterina. Una notizia sconvolgente, che non solo non è vera, ma che è stata diffusa da un’entità fasulla: non esiste alcun ricercatore che porti il nome di Lars Andersson all’interno del prestigioso istituto svedese. Lars Andersson è un po’ come Mario Rossi in Italia o John Smith in America: un nome talmente comune da fungere da copertura perfetta per una truffa vera e propria.
Questa triste notizia contribuisce a sollevare interrogativi e perplessità anche sulle modalità e sui criteri con cui le testate scientifiche accettino i lavori da pubblicare. Un argomento, questo, che molti anni fa aveva toccato anche Kary Mullis, storico inventore della PCR (la tecnica della reazione a catena della polimerasi) il quale, a inizio carriera, provocatoriamente inviò un poco realistico paper scientifico alla rivista Nature, vedendolo non solo pubblicato, ma anche omaggiato di lettere di congratulazioni e richieste di ristampa. Al contrario, quando Mullis inviò l’articolo nel quale descriveva la tecnica della PCR, con cui avrebbe rivoluzionato il mondo della biologia, riviste scientifiche di spessore come Nature e Science non solo non gli diedero spazio, ma lo invitarono a rivolgersi a riviste minori, su cui l’argomento avrebbe avuto una maggior presa.
Tutto ciò serve a ribadire quanto conti la verità scientifica, e quanto sia assolutamente necessario tutelarla, soprattutto in ambito medico. Solo la verità può rendere davvero libero l’uomo e combattere la diffusione di notizie fasulle, o fraudolente, è uno dei principali doveri non solo del giornalista, ma anche dello scienziato.
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