L'antivirale non ha alcuna evidenza di efficacia e sicurezza contro il Coronavirus, eppure in Italia parte la sperimentazione sulla spinta dell'opinione pubblica. Ma forse siamo ancora in tempo a fermarci
Negli ultimi cinquant'anni, in Italia, è accaduto ben tre volte che la sperimentazione di un farmaco non venisse avviata secondo criteri scientifici, ma solo per assecondare le pressioni dell'opinione pubblica. Tutti ricordiamo il caso Stamina (2013) e le vicende del metodo Di Bella (1998) e del siero Bonifacio (1970). Oggi, in piena emergenza Coronavirus, la cosa sta per succedere di nuovo con il farmaco giapponese Avigan? Cerchiamo di capirlo.
La settimana scorsa abbiamo raccontato la storia del medicinale russo Arbidol, portato alla ribalta da un video pubblicato su Facebook da un “cittadino informato”. La comunità scientifica ha smentito con convinzione che possa essere utile nella lotta al Coronavirus, e oggi non se ne parla già più. La vicenda dall'Avigan è nata nello stesso modo, ma il finale è enormemente diverso: questo farmaco (salvo altri colpi di scena) verrà sperimentato in Italia.
I VIDEO DEL COMPLOTTO
Ma andiamo con ordine: tutto nasce da due video (qui il primo e qui il secondo) pubblicati sulla sua pagina Facebook da Cristiano Aresu, 42enne romano che vive in Giappone, inizialmente definito farmacista, poi appassionato di videogiochi, infine disoccupato. Il video mostra uno scorcio di Tokyo in una bella giornata di inizio primavera, con gli alberi di ciliegio in fiore, la gente per le strade e i bambini che giocano nei parchi, tutti senza la mascherina. Come è possibile? Forse perché, nel momento in cui scrivo, il Giappone ha fatto registrare solo 1.693 casi, contro i 92.472 dell'Italia? No, perché – secondo Aresu – nel Paese del Sol Levante hanno un farmaco che “cura il 90% dei casi di Coronavirus”, ma “il nostro Governo ce lo sta nascondendo”.
Cosa c'è di vero? L'Avigan (principio attivo favipiravir) è un antivirale prodotto nel 1999 da un'azienda consociata della giapponese Fujifilm (quella delle pellicole fotografiche, ora attiva anche nel settore healthcare). Attivo contro diversi virus a RNA, è stato autorizzato in Giappone nel marzo 2014 – ma non in Europa, né negli Stati Uniti – ed è commercializzato come antinfluenzale. Il suo utilizzo, tuttavia, è limitato ai casi in cui gli altri antivirali siano inefficaci.
LE PRESSIONI DELLA POLITICA
Inaspettatamente, il video diventa virale. E qui avviene il primo fatto che permette alla vicenda di fare il salto di qualità: alcuni politici rilasciano delle dichiarazioni entusiastiche a favore del farmaco. Si tratta della Regione più duramente colpita dal Coronavirus, la Lombardia, e della terza per numero di casi, il Veneto: i rispettivi governatori, Attilio Fontana e Luca Zaia, fanno pressing sull'AIFA e sul Ministro della Salute Roberto Speranza per accelerare il più possibile la sperimentazione.
DUBBI, RETROMARCIA E RIPENSAMENTI
L'Agenzia del Farmaco, il 22 marzo, rilascia un comunicato nel quale sottolinea che mancano dati sulla reale efficacia del farmaco nell’uso clinico e sull'evoluzione della malattia. Ad oggi – spiega l'AIFA – non esistono studi clinici pubblicati relativi all’efficacia e alla sicurezza di Avigan nel trattamento della malattia da COVID-19, ma sono noti unicamente dei dati preliminari in versione pre-proof (cioè non ancora sottoposti alla revisione degli esperti) di un piccolo studio non randomizzato, condotto in pazienti con malattia non grave.
Il giorno dopo, in un altro comunicato di tre righe, l'AIFA stessa ribadisce le “limitate evidenze di attività del medicinale” e si riserva di valutare un programma di sperimentazione: fondamentalmente prende tempo.
A sorpresa, però, il via libera arriva la sera stessa. Lo annuncia il Ministro Speranza: “Il direttore generale dell'AIFA, Nicola Magrini, mi ha comunicato che la riunione del Comitato tecnico-scientifico di questa mattina, dopo una prima analisi sui dati disponibili relativi ad Avigan, sta sviluppando un programma di sperimentazione e ricerca per valutare l'impatto del farmaco nelle fasi iniziali della malattia. Nei prossimi giorni i protocolli saranno resi operativi, come già avvenuto per le altre sperimentazioni in corso”.
Passa solo un'ora, e l'AIFA frena: l'approvazione del trial non sarebbe definitiva, ma si limiterebbe a un'indagine sulla sua fattibilità. Anche perché è sorto un problema non da poco: come procurarsi il farmaco, dato che non è reperibile né in Europa né negli Stati Uniti? Poi, nessuno si esprime più fino al 28 marzo, quando il governatore Zaia annuncia l'avvio della somministrazione domiciliare ai pazienti positivi non gravi.
LE PERPLESSITÀ DELL'AZIENDA
A complicare la vicenda, arrivano le parole di le parole di Chiaki Hasegawa, portavoce della casa farmaceutica Fujifilm. Sarà al settimo cielo: si intravedono soldi a palate per la sua azienda... e invece no. “I test di cui si parla riguardano la versione cinese di questo farmaco e non ci sono ancora sufficienti sperimentazioni su pazienti non giapponesi”. Nessun entusiasmo, anzi il gelo, e Mario Lavizzari, Corporate Senior Director di Fujifilm Italia, chiarisce ancora meglio la posizione dell'azienda: “Al momento non esistono prove scientifiche cliniche che dimostrino l’efficacia e la sicurezza di Avigan contro COVID-19 nei pazienti. Siamo al corrente della grave situazione che si sta verificando in Italia, tuttavia in questa fase Fujifilm non è in grado di divulgare alcun piano per l’uso di Avigan in altri Paesi”. Tradotto: fate quello che volete, ma noi ce ne laviamo le mani.
LE CRITICHE DELLA COMUNITÀ SCIENTIFICA
La doccia fredda arriva anche dall'OMS: il direttore generale Tedros Ghebreyesus smorza gli entusiasmi ricordando che “attualmente non esiste un trattamento che si è dimostrato efficace contro COVID-19, e piccoli studi clinici e non randomizzati non ci daranno le risposte di cui abbiamo bisogno. L’uso di trattamenti non testati senza le prove giuste potrebbe suscitare false speranze, persino fare più danni che benefici e causare una carenza di medicine essenziali per curare altre malattie”. Gli fa eco il presidente del Consiglio Superiore di Sanità Franco Locatelli: “Tutti noi siamo attenti a segnali relativi a farmaci che possono essere efficaci per la COVID-19, ma non vi è nessun dato che dimostri inconfutabilmente l'efficacia dell'Avigan”.
La comunità scientifica insorge: se sull'efficacia del farmaco c'è scetticismo, quello che non piace è il metodo: Il virologo Roberto Burioni, su Twitter, si scatena: “Oggi in Italia la prima sperimentazione clinica decisa sulla base di un video di YouTube postato da uno sconosciuto. La vita ha più fantasia di me. (…) Le persone credono a ciò che desiderano. Tutti desideriamo che arrivi un farmaco che scacci questa malattia e tutti vorrebbero avere questa buona notizia. La buona notizia non arriverà dai social media. Arriverà dalle autorità. (...) Le sperimentazioni si devono iniziare dopo una analisi rigorosa dei dati scientifici, non seguendo la spinta della pubblica opinione. Di Bella e Stamina sono vergogne che non devono mai più ripetersi”.
Rincarano la dose gli scienziati Enrico Bucci, Gilberto Corbellini e Michele De Luca, che nell'articolo “Avigan e le terapie a furor di popolo” si chiedono perché l'Italia non punti invece sugli altri farmaci che stanno già dando risultanti incoraggianti. Per Avigan mancano in letteratura non solo le prove di efficacia, ma anche quelle di sicurezza (cioè che non provochi più danni che benefici). C'è invece una certezza, come ricordano i tre esperti: la sua teratogenicità; può cioè provocare anomalie e malformazioni nel corso dello sviluppo embrionale, tanto che il suo impiego è stato scartato in Corea del Sud. Soprattutto, “fra i pericoli concreti di Avigan c'è quello di far mutare il virus in un ceppo molto più aggressivo e pericoloso di quello esistente, effetto non presente con altri farmaci antivirali in sperimentazione”.
FERMARSI È POSSIBILE
C'è però ancora uno spiraglio per risparmiare all'Italia una figuraccia internazionale, proprio nel momento in cui il nostro Paese è diventato un esempio per tutto il mondo nella gestione della pandemia. Ad oggi, infatti, nessun comunicato sull'avvio ufficiale del trial è apparso sul sito del Ministero della Salute, né su quello dell'AIFA, dove l'Avigan non figura tra i farmaci in sperimentazione per il COVID-19 (documento aggiornato al 27 marzo). È un segnale che potrebbe esserci un ripensamento? Forse siamo ancora in tempo.
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