La prof.ssa Antonella Tosti e il prof. Claudio Feliciani descrivono il presente e il futuro di questa malattia autoimmune, la cui causa è ancora sconosciuta
Chi ha letto la storia di Martina, che dopo quattro anni ha sconfitto l'alopecia areata e ha visto ricrescere i suoi capelli fino alle spalle, sa che la positiva conclusione della vicenda è dovuta ad almeno tre fattori. Il primo è stato l'ostinazione della ragazza e di sua mamma Donatella, il secondo l'esistenza di nuovi farmaci specifici per la patologia e il terzo (non in ordine di importanza) la preparazione di due specialisti che hanno saputo consigliare a Martina un percorso poi rivelatosi corretto. Saranno proprio loro a spiegarci meglio alcuni aspetti di questa patologia: la prof.ssa Antonella Tosti, Ordinario di Dermatologia Clinica presso la Leonard Miller School of Medicine dell'Università di Miami, in Florida, e il prof. Claudio Feliciani, Direttore della Struttura Complessa di Dermatologia dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma.
Cosa si intende per alopecia areata e quante persone convivono con questo problema?
“L’alopecia areata è una forma di alopecia che nella maggior parte dei casi si presenta con delle chiazze rotondeggianti, non eritematose, non pruriginose e che spesso si autorisolvono o si risolvono con terapia immunosoppressiva locale (in genere cortisone). In una minoranza dei casi, l'alopecia è più grave e si estende a tutto il cuoio capelluto o su tutto il corpo”, spiega il prof. Feliciani. “La patologia colpisce circa il 2% della popolazione e crea molto disagio e stress nei dei pazienti, che spesso sono in giovane età”.
Molti pensano, sbagliando, che la causa sia lo stress...
“L’alopecia areata è classificata tra le malattie autoimmuni ma l’esatto meccanismo che induce la perdita (in genere temporanea) del capello è ancora sconosciuta. Esistono tante teorie, ma sappiamo che modificando la risposta autoimmune la malattia migliora, anche se tende a recidivare”, prosegue Feliciani. “Il decorso è imprevedibile, per cui spesso non riusciamo a rispondere a tutte le domande che ci fanno i pazienti, soprattutto sull'andamento della malattia. Queste incertezze e la scarsa efficacia nel bloccare definitivamente la malattia induce nei pazienti uno stato di ansia, amplificato dal fatto che tutti confermano che non si tratta di una malattia grave, ma sono i pazienti a dover convivere con la mancanza dei capelli. La qualità di vita, pertanto, è una componente fondamentale da gestire da parte dei medici. Abbiamo sì molte armi contro questa malattia, ma tutte scarsamente efficaci a lungo termine. Abbiamo invece grandi speranze sulle nuove terapie biologiche, meno tossiche e più specifiche”.
Esistono varie forme di alopecia (areata, totale, universale): quali sono le differenze fra queste forme e perché non bisogna confondere l'alopecia con la calvizie?
“L’alopecia areata è una malattia autoimmune, molto diversa dalla calvizie che è invece dovuta al progressivo assottigliamento del capello per effetto degli ormoni androgeni (ormoni maschili)”, sottolinea la prof.ssa Tosti. “Le varie forme di alopecia areata sono solamente espressione dello spettro di gravità della malattia, che può coinvolgere solo alcune piccole aree del cuoio capelluto, tutto il cuoio capelluto e infine tutti i peli del corpo. Più la malattia è estesa e più difficilmente risponde alle terapie”.
Quali sono i trattamenti attualmente disponibili? Sono efficaci?
“Vi sono molti trattamenti disponibili, ma purtroppo ancora non esiste una cura che guarisca definitivamente la malattia”, prosegue la prof.ssa. “Ciò significa che le terapie vanno spesso continuate anche quando i capelli sono ricresciuti e che purtroppo la patologia può ripresentarsi nel tempo. Fra le opzioni terapeutiche ci sono cortisonici topici (intralesionali o per via sistemica), immunoterapia topica con dibutilestere dell'acido squarico o difenciprone, antralina topica, minoxidil topico e sistemico, immunosoppressori orali (ciclosporina, metotrexato). La scelta dipende dall’età del paziente e dalla gravità della malattia”.
Come accennava prima il prof. Feliciani, oggi si nutrono molte speranze per i nuovi farmaci biologici JAK-inibitori, grazie ai quali Martina è guarita. Come procede la loro sperimentazione clinica?
“I farmaci JAK-inibitori rappresentano una terapia finalmente mirata a interrompere la risposta immunitaria anomala che causa la caduta dei peli e dei capelli: bloccano, infatti, l’azione di alcune citochine che sono state individuate come causa della risposta autoimmune nell’alopecia areata. Al momento, nessuno JAK-inibitore è stato ancora approvato per l’alopecia areata dalle autorità regolatorie in alcun Paese del mondo, ma alcune di queste molecole, già approvate per altre patologie, sono utilizzate off-label”, conclude la prof.ssa Tosti. “Negli Stati Uniti, due JAK-inibitori sono attualmente in Fase III di sperimentazione clinica per l’alopecia areata: gli studi stanno per concludersi e probabilmente i due farmaci saranno approvati dalla FDA entro la fine del 2022. Anche in Europa sono in corso i trial, ma i tempi per la loro conclusione, e quindi per un'eventuale approvazione, non sono ancora noti”.
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