Dottoressa Laura Reali

Dottoressa Laura Reali: “Bilanci di salute strumento utile per monitorare il benessere dei fratelli e sorelle di ragazzi con malattia rara”

Attenzione nei confronti dei rare sibling, i fratelli e sorelle di persone affette da una malattia rara, e delle loro famiglie, ma anche formazione, Bilanci di salute, lavori di gruppo e iniziative a livello europeo: ne abbiamo parlato con la dottoressa Laura Reali, pediatra di base della ASL Roma E e referente per la formazione e la ricerca dell’Associazione Culturale Pediatri-ACP.

Dal suo particolare osservatorio di pediatra di base e referente per la formazione e la ricerca dell’Associazione Culturale Pediatri, come descriverebbe i sibling dei ragazzi e/o ragazze con malattia rara?

I rare sibling sono presenti nell’ambulatorio del pediatra, ma restano spesso in secondo piano, perché al centro c’è costantemente il bambino affetto dalla patologia rara. La famiglia, infatti, organizza la propria vita in funzione della patologia del bambino malato e tutti guardano a lui come il punto di riferimento. Spesso gli stessi fratelli e sorelle si adeguano alla situazione, comportandosi quasi come se non avessero il diritto di ammalarsi e di avere essi stessi dei problemi, o di potersi lamentare, perché sono quelli che devono sempre stare bene. È il pediatra di famiglia a doversi prendere cura di questi bambini, perché anche loro hanno diritto al proprio spazio personale. E allora sta al pediatra il compito di ascoltarli e dedicare loro l’attenzione che loro spetta, sia perché alcune malattie rare possono avere manifestazioni più tardive o più lievi o possono associarsi a sindromi collaterali, che vanno tenute nella dovuta considerazione, sia perché è necessario avere sensibilità, attenzione e tempo da dedicare a tutti i bambini, anche ai rare sibling.

È necessario incrementare la formazione su questo tema? Eventualmente in che modo?

Sì, fare formazione sul tema dei rare sibling è importante. Molti pediatri di famiglia, anche su iniziativa personale, hanno seguito percorsi di formazione nella comunicazione, ma per approcciare la questione dei rare sibling occorre poter contare su strumenti precisi da usare in maniera competente e su una formazione mirata, magari associata a quella offerta, o che dovrebbe essere offerta, sulle malattie rare. Tutto sommato il pediatra di famiglia è una specie di “tuttologo”, uno dei pochi medici generalisti rimasti, che nel suo ambulatorio si trova a volte ad affrontare situazioni particolari, come quelle malattie rare che peraltro, prese nel loro complesso, non appaiono poi così rare e che dovrebbero, dunque, rientrare a pieno titolo nell’ambito della formazione del pediatra di famiglia, che andrebbe pensata come pubblica, transdisciplinare e mirata sui bisogni specifici dei bambini.

E la ricerca in che direzione dovrebbe procedere?

La ricerca, almeno per come la vedo io che sono un pediatra di famiglia, nasce dai problemi concreti dei bambini con le loro famiglie: una ricerca di base che possa fornire risposte ai loro bisogni clinici, psicologici e assistenziali, così come vengono percepiti e recepiti dai medici e da tutti gli operatori sanitari che si occupano di loro. L’assistenza ai bambini con malattia rara e ai rare sibling rappresenta la manifestazione più concreta dell’importanza del lavoro di gruppo e interdisciplinare per la gestione della malattia stessa.

Alcuni rare sibling sono gravati da carichi di responsabilità superiori alle loro capacità. Può dirci qualcosa di più su questo argomento?

Il rare sibling ha poco spazio, è sempre in secondo piano sul palcoscenico, spesso gli si chiede di capire, perché avendo la 'pecca' di essere normale, ci si aspetta che si adegui al fatto che le attenzioni dei genitori sono assorbite dai bisogni speciali del fratello o della sorella malati. È quello che deve aspettare e magari anche aiutare, perché a volte i genitori si trovano nella difficoltà oggettiva di gestire situazioni complicate. È anche quello che spesso deve cavarsela da solo, perché nessuno può concentrarsi sui suoi bisogni. Una tale impostazione familiare può influenzare il futuro di questo bambino, che potrebbe avere difficoltà a diventare un ragazzo in grado di vedere sé stesso come un soggetto portatore di diritti. Nelle situazioni complesse è facile che una famiglia chieda di più a chi può fare di più. In tali circostanze il compito del pediatra è quello di ricordare ai genitori di non considerare quel bambino soltanto come “fratello/sorella di”, ma di pensare a lui come soggetto autonomo perché, se la situazione sfugge di mano, lo sviluppo potrebbe non essere ottimale. Nella pratica, però, le situazioni possono essere diverse. Io, per esempio, conosco una rare sibling che è riuscita a catalizzare la propria energia e intelligenza diventando un ottimo medico, che aiuta gli altri attraverso il suo lavoro. Mentre un altro rare sibling di mia conoscenza ha vissuto con grande senso di colpa la vicenda del fratello, a cui è sopravvissuto, avendo bisogno in età adulta di un sostanzioso aiuto dal punto di vista psicologico.

Quale può o potrebbe essere, nello specifico, il ruolo del pediatra di base rispetto alla salute e al benessere dei rare sibling?

I Bilanci di salute costituiscono lo strumento principale che il pediatra ha a disposizione per seguire il bambino di cui si prende cura, perché consentono di parlare con la famiglia e con il bambino stesso non solo per quanto riguarda i problemi legati a una determinata patologia, ma anche per valutare lo stato di benessere di quel bambino e della sua famiglia. I Bilanci di salute prevedono, infatti, anche la possibilità di porre liberamente domande, che possono lasciare adito al dialogo, cioè alla possibilità di affrontare argomenti diversi rispetto alle solite acuzie banali come soliti tosse, febbre o raffreddore. Si tratta, insomma, di uno strumento molto importante non solo nel caso di bambini affetti da patologia cronica, ma anche per poter seguire i ragazzi con le loro famiglie lungo le traiettorie di benessere. Poiché i rare sibling convivono con una patologia cronica, anche se non è la propria, i Bilanci di salute potrebbero essere utilizzati per capire come vanno veramente le cose per loro, evitando il rischio di dimenticarsi di loro. Analoghi strumenti sono disponibili per la valutazione dei bambini anche in altri Paesi.

Cos’altro si potrebbe fare per perorare la causa dei rare sibling anche al di fuori dell’ambito strettamente italiano?

La Società Europea delle Cure Pediatriche Primarie, di cui sono vice presidente, ha presentato all’Unione Europea il “Libretto delle competenze del pediatra delle cure primarie”. Da poco ne abbiamo completato la redazione insieme all’Organizzazione Mondiale della Sanità, ma all’interno di esso non abbiamo considerato la questione dei rare sibling. Nella prossima revisione del libretto mi sono ripromessa di inserire questo argomento, perché trovo che abbia una forte rilevanza.

Leggi anche: "Rare sibling: mezzo milione di ‘altri figli’ chiede attenzione"

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