Le malattie rare negli animali

Poche terapie e studi limitati: per i veterinari è complesso affrontare queste patologie, alcune delle quali sono diventate preziosi modelli per la ricerca e la medicina umana

“La compassione per gli animali è intimamente legata alla bontà di carattere, e si può affermare con sicurezza che chi è crudele con gli animali non può essere un uomo buono”, scriveva il filosofo Arthur Schopenhauer. “Il modo in cui vengono trattati gli animali da una nazione, è la misura principale della sua civiltà”, gli faceva eco il collega tedesco David Friedrich Strauss, suo contemporaneo. La consapevolezza che uomini e animali non vivono in mondi separati, ma condividono lo stesso spazio vitale e le stesse esperienze di salute e malattia è, però, ben più antica.

DALL'OSSERVAZIONE DEGLI ANIMALI ALLA MEDICINA COMPARATA

Nel trattato “De morbo sacro” (ovvero l'epilessia), Ippocrate scriveva: “Per nulla – mi sembra – è più divina delle altre malattie o più sacra; ha struttura naturale e cause razionali”. Con questa affermazione, già nel V secolo a.C., il padre della medicina moderna respingeva l’idea che alcune malattie avessero origine divina. Sebbene non parlasse direttamente degli animali, il principio che le malattie abbiano cause naturali osservabili si applica anche a loro. Quindi nasceva l'idea che osservando gli animali malati fosse possibile comprendere meglio i meccanismi delle patologie e, in alcuni casi, trarre informazioni utili anche per l’uomo.

Aristotele, nel suo lavoro pionieristico “Historia animalium” (IV secolo a.C.), che ha influenzato la zoologia per circa duemila anni, descriveva alcune patologie dei cani. “Soffrono di tre malattie: la rabbia, le infezioni alla gola e il dolore alle zampe. La rabbia li rende folli, e qualsiasi animale – tranne l’uomo – che fosse morso da un cane affetto da questa malattia, la contrarrebbe; essa è fatale sia per il cane stesso che per ogni altro animale”. Questa è una delle prime descrizioni note di una malattia contagiosa negli animali (nonostante oggi si sappia che la rabbia è trasmissibile anche all'uomo) e mostra come gli studiosi dell’antichità osservassero attentamente i sintomi degli animali, anticipando così il concetto di trasmissione tra specie.

Il grande medico greco Galeno (II secolo d.C.) sviluppò gran parte della sua conoscenza anatomica e fisiologica attraverso dissezioni di animali. Nei suoi scritti, come il “De anatomicis administrationibus”, sottolineava: “La natura, operando negli animali, ci mostra le stesse strutture che si trovano nell’uomo, e da esse possiamo apprendere ciò che accade nel nostro corpo”. Osservazioni come queste, nel corso dei secoli successivi, hanno consolidato l’idea che lo studio delle malattie animali possa arricchire la comprensione della medicina umana.

UN PATRIMONIO DI CONOSCENZE CONDIVISE

Oggi è noto che anche gli animali, come l'uomo, siano soggetti a malattie rare. Un punto di riferimento in questo campo è, da oltre trent'anni, il portale Online Mendelian Inheritance in Animals (OMIA), che raccoglie informazioni sulle malattie genetiche e i tratti ereditari di 676 specie animali. La banca dati è stata fondata dal prof. Frank Nicholas, dell'Università di Sydney, che oggi la dirige insieme alla prof.ssa Imke Tammen. Ispirata al celebre Online Mendelian Inheritance in Man (OMIM) umano, permette di conoscere geni, mutazioni e correlazioni cliniche nelle diverse specie ed è diventata uno strumento fondamentale per i ricercatori.

Alcune di queste malattie rare hanno fornito modelli preziosi per la ricerca umana. Tra le principali, la distrofia muscolare di Duchenne nei cani (in particolare nei Golden Retriever), analoga a quella umana, la policistosi renale nei gatti Persiani, simile a quella umana ma causata da mutazioni diverse, la malattia di Pompe nei bovini, con corrispondenza parziale nell’uomo, le epilessie ereditarie e l’ipotiroidismo congenito nei cavalli.

Altri esempi di patologie con con forme simili nell’uomo e negli animali sono l’atrofia progressiva della retina nei cani, la malattia di von Willebrand nei cani e nei gatti, l’amiloidosi renale nei gatti, l'anemia di Fanconi nei cani e nei bovini. La maggior parte di queste malattie è di origine genetica; si distinguono quindi chiaramente da quelle infettive con potenziale zoonotico, che possono essere trasmesse direttamente o indirettamente tra gli animali e l’uomo, come la già citata rabbia.

UNA DOPPIA SFIDA: POCHE CURE E DIAGNOSI DIFFICILI

Se nelle malattie rare umane già esiste una scarsità di farmaci specifici, negli animali la situazione è ancora più complessa e delicata: molte patologie genetiche o degenerative non hanno alcuna terapia approvata, e le conoscenze scientifiche rimangono spesso frammentarie. Le difficoltà sono assai simili a quelle che trent'anni fa si riscontravano per le malattie rare umane, come il fatto che queste condizioni colpiscono un numero ristretto di soggetti, rendendo lo sviluppo di farmaci specifici poco conveniente per le aziende farmaceutiche. Inoltre, gli studi sono limitati, soprattutto per le specie non da compagnia, perché mancano fondi e incentivi e ci si concentra più su una ricerca di base, volta a scoprire i meccanismi patologici, che sulle opzioni terapeutiche.

Spesso, quindi, i veterinari devono ricorrere all’adattamento di farmaci sviluppati per l’uomo, con rischi legati a dosaggi, effetti collaterali e mancanza di dati a lungo termine sulla sicurezza. Inoltre, anche quando la malattia animale è analoga a quella umana, le mutazioni genetiche possono differire, e ciò rende le terapie umane inefficaci o solo parzialmente efficaci negli animali. La diagnosi, infine, arriva spesso tardivamente, perché i proprietari non riconoscono subito i sintomi, limitando le possibilità di un intervento efficace: anche questo è un problema che solo recentemente, nelle malattie rare umane, si sta mitigando grazie a formazione, informazione e programmi di screening.

Pur essendoci tutte queste difficoltà, alcuni approcci terapeutici stanno aprendo prospettive interessanti. Nei cani con distrofia muscolare di Duchenne, ad esempio, sono in corso studi sperimentali con terapia genica e cellule staminali. Nei gatti Persiani affetti da rene policistico, la gestione si basa su farmaci per ridurre l’ipertensione e rallentare il danno renale, mentre alcune sperimentazioni testano molecole anti-fibrotiche simili a quelle sviluppate per l’uomo. L’atrofia progressiva della retina nei cani, analoga a quella che nell'uomo viene chiamata neuropatia ottica ereditaria di Leber (LHON), viene studiata per valutare l'efficacia di iniezioni di vettori virali per la terapia genica, volte a sostituire il gene difettoso. Infine, nella malattia di von Willebrand nei cani e nei gatti, la gestione prevede trasfusioni di plasma fresco – anche tra gli animali esiste la possibilità di essere donatori e riceventi – o concentrati di fattore della coagulazione.

ONE HEALTH: UOMINI E ANIMALI UNITI PER LA SALUTE

Questa doppia difficoltà, cioè la rarità delle patologie combinata alla scarsità di farmaci e sperimentazioni, rende la gestione delle malattie rare negli animali un vero e proprio campo di sfida per i veterinari. Tuttavia, ogni progresso nella comprensione e nel trattamento di queste condizioni rappresenta un contributo prezioso, non solo per la salute animale ma anche per la medicina comparativa e la ricerca umana. Dai testi di Ippocrate, Aristotele e Galeno fino alla medicina moderna, la storia ci ha mostrato come lo studio delle malattie animali e umane sia sempre stato intrecciato. Un concetto ribadito oggi dall'Organizzazione Mondiale della Sanità, che adotta e promuove il paradigma One Health (“una sola salute”), un approccio che sottolinea l’interconnessione fra salute umana, animale e ambientale.

Le malattie rare degli animali, spesso dimenticate, non sono solo un problema veterinario: sono una finestra preziosa per comprendere la salute in tutte le sue forme. Occuparsi degli animali, oltre ad essere un gesto d'amore e riconoscenza, significa prendersi cura anche di noi, perché – come ricorda il fotografo naturalista americano Joel Sartore – “quando salviamo un'altra specie, in realtà stiamo salvando noi stessi”.

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