Il Blu metilene potrebbe rallentare o invertire il decorso della malattia che fa perdere la parola

Prima se ne va la capacità di ricordare i nomi delle persone, poi piano piano scompaiono o si distorcono i nomi delle cose e infine anche i verbi non si declinano più, la comunicazione diventa lenta e telegrafica, l’incapacità di farsi comprendere spesso spinge a rinchiudersi nel mutismo. E’ questo che succede alle persone colpite da Afasia progressiva progressiva di tipo non fluente (PPA), circa 13 mila in Europa. Fino ad oggi contro questo male non c’erano terapie soddisfacenti, se non un supporto di tipo psicologico e logopedico: ora si accende una speranza rappresentata da un farmaco, il blu metilene, già noto ed utilizzato in altre malattie come la metaemoglobinemia causata da farmaci e alcune infezioni del tratto urinario. A questo farmaco, chiamato anche Metiltioninio, l’Ema ha appena concesso lo status di farmaco orfano con indicazione terapeutica proprio per la PPA.

L’Ok della commissione è arrivato ufficialmente il 26 novembre scorso, a poco più di un anno dalla presentazione della domanda: ad incassare l’importante autorizzazione e dunque l’iscrizione al registro dei farmaci orfani è stato il  dottor Hans Moebius, responsabile ricerca e sviluppo della TauRx Therapeutics, casa farmaceutica specializzata per quello che riguarda i disturbi neurodegenerativi.
Secondo gli studi presentati a sostegno della domanda, ma condotti solo su modelli di laboratorio e non ancora sull’uomo, l’utilizzo di questo farmaco nell’afasia potrebbe non solo rallentarne il decorso ma forse anche invertirlo. Naturalmente prima di essere certi bisognerà attendere l’esito di trial clinici sull’uomo che, al momento della domanda di approvazione poco più di un anno fa, non erano ancora stati avviati. Il farmaco promette di andare a sciogliere gli aggregati anomali della proteina Tau che si formano in alcune aree cervello. Il condizionale è d’obbligo perché le cause esatte della malattia non sono ancora note anche se i ricercatori ritengono che siano appunto da ricondurre dall’accumulo anomalo di aggregati Tau e dunque ad un meccanismo di danneggiamento del sistema nervoso centrale del tutto simile a quello che caratterizza la malattia di Alzheimer.

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