I dati ricavati da un nuovo studio sulla sindrome di Sjögren -pubblicato nella rivista specializzata "Science Translational Medicine" e riportati anche su "Science Word Report”- sembrano dimostrare come alcuni geni associati ai linfociti NK siano probabilmente legati allo sviluppo di questo disturbo, caratterizzato dalla disfunzione e dalla distruzione delle ghiandole esocrine, in particolar modo delle ghiandole salivari e lacrimali.

Da questo studio caso-controllo, che ha visto coinvolti 38 pazienti affetti da sindrome di Sjögren e 30 persone sane, sono emersi alcuni fattori che sembrano essere determinanti per lo sviluppo della patologia.
Innanzitutto, negli individui colpiti dalla malattia è stata riscontrata una maggiore attività delle cellule immunitarie note col nome di linfociti NK (linfociti Natural Killer).

Si è inoltre scoperto che questi soggetti manifestavano, a differenza di quelli sani, un determinato marcatore genetico associato ad un’iperespressione di recettori Nkp30 sulla superficie dei linfociti NK. Tali recettori normalmente hanno la funzione di far interagire gli stessi linfociti NK con altre cellule, al fine di innescare la reazione immunitaria. Un’iperespressione rappresenta, però, una condizione non fisiologica.
Infine, i ricercatori hanno rilevato che i recettori Nkp30 si legano ad una piccola molecola che viene prodotta dalle cellule delle ghiandole salivari quando queste si trovano ad essere sollecitate da infezioni o infiammazioni. Tale interazione sembra rivestire un ruolo importante nella persistenza della sindrome di Sjögren.

La sindrome di Sjögren è una malattia cronica autoimmune la cui origine rimane tuttora sconosciuta.
Per saperne di più sulla malattia potete consultare Orphanet

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