La nascita in Giappone, il successo in Scandinavia: come funziona una criocamera in cui si espone il corpo a tempertature fino a -160 gradi

 O.Ma.R, in seguito ad alcune segnalazioni, ha scelto di dedicare attenzione al tema della crioterapia sistemica e al suo possibile uso in alcune patologie rare. Nei servizi che seguono saranno riportate voci in parte contrastanti. Nonostante tutti gli esperti intervistati concordino sui possibili benefici derivanti dalla crioterapia, il dr. Felice Giulio Bonomi e il dr. Giovanni Lombardi sottolineano il fatto che questa debba essere utilizzata in aggiunta alle terapie tradizionali, mentre il prof. Antonio Vespasiani afferma che potrebbe addirittura sostituirle.
Considerando che, allo stato attuale, non ci sono dati scientifici sufficienti per sostenere che la crioterapia possa sostituire a lungo termine l’effetto dei trattamenti tradizionali, consigliamo ai pazienti potenzialmente interessati di non interrompere le terapie regolarmente prescritte. Informiamo inoltre che per ora, in Italia, questa tecnica non è convenzionata con il Servizio Sanitario Nazionale: i costi sarebbero dunque a carico del paziente.

Cos'è la crioterapia sistemica?
Era la fine degli anni Settanta quando il medico giapponese Toshima Yamauchi notò che i pazienti della sua clinica termale, in cura per l’artrite reumatoide, dopo essere tornati nei rispettivi paesi di montagna per le vacanze di Capodanno si sentivano molto meglio. Capì così che il freddo, unito al movimento, giocava un ruolo fondamentale nel loro miglioramento, e qualche tempo dopo costruì la prima camera criogenica. L’intuizione del dottor Yamauchi si diffuse rapidamente, soprattutto nei paesi scandinavi e in Germania.

La temperatura più bassa mai misurata sulla Terra corrisponde a -89,2 °C ed è stata registrata il 21 luglio 1983 in Antartide, nella base scientifica russa Vostok, all’altezza di 3.420 metri. Nella crioterapia sistemica si espone il corpo a temperature non riscontrabili in natura, comprese fra i –110 e i –160 gradi, raggiunte con la vaporizzazione dell’azoto liquido, che diventa gassoso nella criocamera. Per resistere a temperature così basse, anche se solo per tre minuti, occorre proteggere le estremità del corpo: si indossano quindi scarpe, calze di lana, guanti, paraorecchie e una mascherina che copre bocca e naso. Il resto del corpo, a parte un costume da bagno di cotone, è nudo.
 
La criocamera è composta in genere da due stanze, dove possono sottoporsi al trattamento al massimo tre-cinque persone alla volta: la prima è una sala “di adattamento”, dove ci si espone a temperature dai –45 ai –60 gradi per circa 30 secondi; poi si passa nella criocamera vera e propria, dove si resta per 2-3 minuti a una media di –130 gradi. Un assistente, dall’esterno, monitora e scandisce i tempi col microfono. Il tutto si svolge in un’atmosfera controllata, in cui l’umidità viene completamente eliminata, poiché la presenza contemporanea di acqua e azoto provocherebbe sulla pelle delle ustioni da gelo. Terminata la sessione, si passa alla fase “di riacclimatazione”, con 15 minuti di ginnastica o cyclette per riattivare la circolazione.
 
La crioterapia sistemica oggi è diffusissima negli Stati Uniti, in Gran Bretagna, Svezia, Norvegia, Finlandia, Germania, Austria e Svizzera, ma anche in Bulgaria e in Polonia, dove la prestazione è offerta dal sistema sanitario nazionale. In Italia diverse società sportive si sono dotate di una criosauna; le altre strutture, pubbliche o private, dove è possibile provare la crioterapia, sono una decina, quasi tutte al nord. Il servizio non è convenzionato con il SSN e il costo va dai 60 ai 100 euro a seduta.

Per approfondire leggi anche le nostre interviste sul tema:

Dr. Giovanni Lombardi, ricercatore del Laboratorio di Biochimica Sperimentale e Biologia Molecolare dell’IRCCS Istituto Ortopedico Galeazzi di Milano.

Dr. Felice Giulio Bonomi,
cardiologo e Coordinatore Medico DEL Poliambulatorio e centro crioterapico Bongi di Orzinuovi, in provincia di Brescia.

Prof. Antonio Vespasiani,
docente di Clinica Ortopedica all’Università di Milano.

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