Il rischio è di individuare anche i casi dubbi o ad esordio tardivo: si apre un limbo diagnostico che può rovinare anche la vita libera da malattia

“Sto bene, aspetto la mia malattia”, è questo il titolo significativo di un editoriale apparso su Neurology contestualmente alla pubblicazione del caso clinico di malattia di Pompe ad esordio tardivo descritto dal dottor Laforêt. Come era prevedibile, infatti, l’esempio riportato dal medico di Parigi non è rimasto privo di risonanza. Al di là dei quesiti strettamente medici, in cui ci si domanda a che età e in che situazioni sia giusto cominciare la terapia enzimatica, c’è un altro quesito che tocca la malattia di Pompe e si allarga ad abbracciare una casistica più ampia di malattie rare che potrebbero essere individuate alla nascita o comunque in fase presintomatica.  La domanda di fondo è: è veramente utile sapere che ad un certo punto della propria vita di adulto arriverà una malattia, senza poterne però prevedere la gravità e il quando? Conviene cominciare da subito a sottoporsi a controlli e terapie o forse è meglio che il soggetto viva un’infanzia del tutto normale, senza che né lui né la sua famiglia siano toccati da ansie per il futuro altrimenti evitabili? Oppure sapere potrebbe servire per evitare il peggio e portare a terapie precoci? I dilemmi sollevati dal caso descritto da Laforet non sono di poco conto. A commentarli su Neurology sono stati  la dottoressa Jennifer M. Kwon dell'Università di Rochester e dal Dr. Robert Steiner, entrambi profondi conoscitori della malattia e dei risvolti di una diagnosi precoce.

“Il paziente, asintomatico per due decadi, è emblematico di una nuova tendenza – scrivono – il caso, cioè, in cui venga fatta una diagnosi presintomatica di un disordine grave e progressivo in un individuo che si presenta in buona salute, in questo caso la malattia di Pompe”. Quello che ci si domanda è se la promessa di un trattamento precoce - anche se di efficacia incerta – valga la conoscenza di questo rischio. La diagnosi (ma sarebbe più preciso in alcuni casi parlare di identificazione del rischio) si fa sempre più precoce, ne è l'esempiolla malattia di Alzheimer, con marcatori che permetterebbero di predirla ad anche ad individui che sono ancora indipendenti e attivi e lo saranno ancora per anni. Dal 2005 sono stati messi a punto programmi di screening neonatale per una gamma più ampia di errori congeniti del metabolismo e si preme perché vengano effettuati per malattie potenzialmente curabili come appunto alcune di quelle da accumulo lisosomiale, tipo la malattia di Pompe o la malattia di Krabbe.  La difficoltà di entrambe questi programmi di screening è che se pur sono progettati per identificare quei casi che avranno un esordio precoce e grave, in cui un veloce inizio dei trattamenti si è mostrato efficace, vengono anche identificato soggetti per i quali l’insorgenza sarà tardiva e per cui i benefici delle terapie note sono meno certi”.

Ci sono studi che hanno descritto la sofferenza vissuta da famiglie i cui neonati erano risultati positivi allo screening. Per descrivere questi casi si è suggerito il temine di ‘patients in – waiting’ cioè pazienti in attesa, sulla soglia tra l’apparire sano e avere una diagnosi di malattia o di predisposizione chiari per la malattia.
“Molti di questi disturbi – dicono - sono così rari che è anche difficile offrire consigli e rassicurazioni. Lo stress e l'ansia sentita da queste famiglie sono condivisi anche dagli specialisti. Nel caso della malattia di Pompe, per esempio, ci si domanda cosa si può fare per migliorare la situazione quando viene diagnosticata una forma ad esordio tardivo. Sarebbe necessari dei marcatori della progressione della malattia ad esempio. Allo stesso modo servono studi più approfonditi sulla sicurezza e l’efficacia a lungo termine della terapia enzimatica sostitutiva. Di grande importanza poi sarebbero gli studi sulla storia naturale dei casi ad insorgenza tardiva, più che l’osservazione di un singolo paziente. In questo possono tornare utili i registri della società farmaceutiche ma sarebbero preferibili dei registri indipendenti. La medicina è ancora male attrezzata per sostenere e consigliare le persone nella condizione di ‘paziente in attesa’. Magari il fatto che per la malattia di Pompe ci sia un trattamento disponibili può diminuire l’impatto di una diagnosi in età presintomatica. Alcune famiglie magari sono in grado di far fronte a questa sorta di limbo diagnostico senza una eccessiva angoscia ma per altri gli anni di salute saranno rovinati dalla paura del futuro”.

 

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