Il trial clinico sarà condotto anche in due centri italiani, Bergamo e Napoli
Bergamo – Dodici ore al giorno sotto una lampada a raggi ultravioletti, per tutta la vita: è la schiavitù che devono sopportare i bambini affetti da sindrome di Crigler-Najjar, una rarissima malattia genetica del fegato. Ma la ricerca va avanti e anche in Italia, a Bergamo e Napoli, sta per essere avviato un trial clinico che prevede l'uso della terapia genica. Per questi pazienti, inoltre, è attiva l'Associazione C.I.A.M.I. Onlus (Crigler-Najjar Italia Associazione Malati Iperbilirubinemici).
La sindrome colpisce circa una persona su un milione nel mondo, quindi circa 50-60 pazienti in Italia, ed è causata da elevati livelli di bilirubina nel sangue. “Normalmente la bilirubina indiretta viene trasformata nel fegato in bilirubina diretta, e poi eliminata dalla bile o nelle urine”, spiega il dr. Lorenzo D'Antiga, direttore del reparto di Pediatria dell'ASST Papa Giovanni XXIII di Bergamo e principale ricercatore del trial. “In questi bambini, invece, un difetto genetico impedisce la formazione dell'enzima deputato alla coniugazione della bilirubina e quindi alla sua eliminazione. Nella maggior parte dei neonati l'ittero è fisiologico, ma poi scompare in pochi giorni: nella sindrome di Crigler-Najjar, invece, resta per tutta la vita”.
Se i livelli di bilirubina non calano, si va incontro a un danno neurologico grave e irreversibile, chiamato kernittero. La fototerapia è l’unico strumento in grado di trasformare la bilirubina indiretta in un composto solubile che può essere eliminato nelle urine. Quindi, i bambini devono sottoporsi a fototerapia per 10-12 ore al giorno: questo significa dormire nudi sotto una lampada ad ultravioletti, inizialmente in ospedale e poi a domicilio. Negli ultimi anni la tecnologia a led, con luce fredda, ha sostituito quella al neon. Ma, a complicare le cose, non esistono lampade per la fototerapia destinate agli adulti, che devono quindi costruirsele artigianalmente. La fototerapia, però, con la crescita diventa meno efficace, e l'unica alternativa è il trapianto di fegato, che di solito si affronta fra i 10 e i 15 anni: neanche i farmaci, infatti, riescono ad abbassare i livelli di bilirubina.
La speranza in un futuro in cui i bambini affetti potranno evitare sia la fototerapia che il trapianto viene dalla terapia genica: nei prossimi mesi i primi pazienti verranno trattati in un trial di Fase I/II sponsorizzato dalla biotech Genethon. La sperimentazione si svolgerà a Bergamo (ASST Papa Giovanni XXIII) e a Napoli (Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II), oltre che a Parigi e ad Amsterdam.
“Nella terapia genica si adottano due strategie: la prima mira a trattare ex vivo le cellule estratte dal midollo (ematopoietiche) tramite un lentivirus, per poi reinfonderle nel paziente. La seconda, quella praticata da noi, prevede l'utilizzo in vivo di virus adeno-associati (AAV), del tutto innocui all'uomo: il virus viene infuso in una vena periferica, e si dirige – in questo caso – verso il fegato”, prosegue D'Antiga. I partecipanti al trial, di almeno 9 anni di età, saranno in totale 17: nel Centro di Bergamo 11 pazienti sono stati sottoposti a uno studio di screening per scegliere quelli più idonei, ma ad essere trattati saranno dai 3 ai 5; numeri simili per il Federico II di Napoli. L'arruolamento è in corso: i pazienti interessati non devono far altro che contattare uno dei due Centri e sottoporsi alle visite e agli accertamenti.
“Dopo aver tenuto sotto osservazione i pazienti e aver registrato i livelli di bilirubina e altri parametri, sceglieremo quelli più gravi, ma che non abbiano comorbilità, cioè altre malattie associate. Eseguiremo un'unica infusione della terapia genica GNT0003, alla quale seguirà un periodo di follow-up di un anno. Le nostre aspettative sono quelle di abbassare la bilirubina per liberare i pazienti dalla schiavitù della fototerapia e dalla necessità di un trapianto di fegato”, sottolinea il dr. D'Antiga.
Spesso una sola infusione di terapia genica può non essere sufficiente, ma farne più di una è impossibile perché il sistema immunitario si sensibilizza. Il dr. D'Antiga, assieme ad altri esperti di terapia genica e di immunoterapia, sta studiando un modo per risolvere questo problema, tramite lo sviluppo di farmaci che inducano tolleranza immunologica. Questo approccio sarà testato in un prossimo futuro sia sui pazienti con sindrome di Crigler-Najjar, sia in un’altra malattia rara, il deficit di ornitina transcarbamilasi (OTC), una patologia che provoca gravissimi danni neurologici per l'eccessiva produzione di una sostanza tossica, l'ammonio. Questi studi sono attualmente in fase preclinica avanzata.
Inoltre, un altro trial sulla terapia riguarderà la malattia di Wilson, una condizione estremamente rara caratterizzata da un accumulo tossico di rame, soprattutto nel fegato e nel sistema nervoso centrale. Fra circa un anno e mezzo si prevede di arrivare alla fase di sperimentazione clinica sia per la malattia di Wilson che per il deficit di ornitina transcarbamilasi.
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