La linfoangiomatosi diffusa è una rara malattia congenita, con una prognosi generalmente sfavorevole, in particolare per i bambini con lesioni toraciche. Le attuali terapie includono la chirurgia, l'interferone, radioterapia, e glucocorticoidi, ma queste terapie hanno effetti collaterali, e la strategia di trattamento rimane controversa. Al contrario, per un altro tumore di origine vascolare, l’emangioma infantile, il propranololo – un farmaco in uso per angina, ipertensione e molte altre patologie – sembrerebbe poter essere una nuova opzione terapeutica. Alcuni studi hanno infatti suggerito che il fattore di crescita vascolare endoteliale (VEGF) sia non solo un fattore angiogenico, ma anche un fattore linfoangiogenico e che, essendoci la possibilità che il propranololo possa provocare una riduzione di espressione di questo fattore, il farmaco potrebbe apportare benefici anche nella linfoangiomatosi.
Queste ipotesi hanno portato i medici giapponesi a provare il farmaco su un tredicenne affetto da linfoangiomatosi diffusa che non stava rispondendo alle cure classiche e nel cui sangue il livello di VEGF era particolarmente alto. Vista la situazione i medici hanno dunque ipotizzato che il propranololo potesse inibire la linfangiogenesi e ridurre la crescita tumorale. I risultati di questa terapia, insieme alla storia clinica del ragazzo, sono appena stati pubblicati sulla prestigiosa rivista scientifica The New England Journa of Medicine.
Il tredicenne, già in cura per linfoangiomatosi diffusa associata a chilotorace - cioè una raccolta di chilo nel cavo pleurico - nel settembre 2009 aveva avuto una grave crisi respiratoria. La radiografia del torace aveva mostrato enormi effusioni pleuriche bilaterali. Precedentemente era stato curato con regolari iniezioni di interferone pegilato alfa-2B. Tuttavia, a causa di effetti collaterali moderati, tra cui febbre alta, mal di testa, e depressione, la dose di interferone era stata ridotta e l'intervallo di trattamento è stato prolungato fino al maggio precedente. Poi si era ripresentato il distress respiratorio fino alla crisi. Nonostante la reintroduzione della terapia con interferone pegilato, il volume di liquido che veniva drenato era rimasto di più di 1000 ml al giorno fino al gennaio 2010.
A questi punto i medici della Gifu University hanno pensato ad un protocollo di terapia con propranololo che è stato approvato dal comitato istituzionale ed ha anche ottenuto il consenso informato per la sperimentazione che è stata cominciata il 15 gennaio 2010, alla dose di 5 mg ogni 8 ore (0,5 mg per chilogrammo di peso corporeo al giorno) e poi gradualmente aumentata a 40 mg ogni 8 ore (4 mg / kg al giorno). A seguito della terapia il volume di volume di scarico del liquido dai polmoni è diminuito gradualmente tanto che il trattamento con interferone pegilato è stato interrotto. In seguito il paziente è potuto tornare a scuola e per 10 mesi ha continuato la cura con propranololo per via orale.
I miglioramenti del ragazzo si sono associati ad una notevole diminuzione di VEGF nel sangue del bambino anche se, come sottolineano i ricercatori stessi, è prematuro dare una definizione certa del ruolo del farmaco in questa riduzione. Tuttavia, poiché l’uso di propranololo è sicuro nei bambini, potrebbe rappresentare un’alternativa terapeutica importante nel trattamento di questa malattia nei neonati e nei bambini, soprattutto nei casi di resistenza alle altre terapie.
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