Milza

Il racconto del padre, Massimo Bisignano, per Osservatorio Malattie Rare

La storia di Edoardo passa attraverso il racconto di un padre, Massimo Bisignano. È la narrazione emozionante di un rapporto sempre più stretto tra un figlio e un genitore, che si fortifica attraverso la malattia. È un tumore raro, anzi, rarissimo quello di cui Edoardo ha sofferto e che gli ha strappato la vita. Ha un nome pressoché sconosciuto ai più e, spesso, anche ai medici che non sono super specialisti. Si chiama linfoma epatosplenico a cellule T. “Pochissimi sono i casi al mondo”, racconta Massimo. “È un tumore molto aggressivo, difficile da curare e che non lascia scampo.”

“Tutto è iniziato il 27 gennaio del 2017”, prosegue il papà di Edoardo. “Lo so con precisione perché mio figlio, che allora frequentava la facoltà di Medicina e Chirurgia, teneva un diario rigorosissimo in cui appuntava ciò che accadeva durante la giornata. Quel giorno, al risveglio, aveva notato che la sua milza si era ingrossata, era palpabile e invadente. Si era indurita soprattutto nella parte bassa a sinistra. Edoardo, studiando Medicina, sapeva che la milza ingrossata avrebbe potuto essere segno e sintomo di patologie anche molto serie.”

Poi la visita dal medico di famiglia, e l’ecografia che lasciava spazio a pochi dubbi: la milza era davvero di dimensioni enormi, almeno 18 centimetri. Era talmente grande da risultare persino difficile da misurare. A seguire, la visita dall’ematologo, gli esami di approfondimento e la diagnosi, avvenuta il 24 marzo. Una sentenza durissima, una pugnalata nello stomaco. Un linfoma rarissimo e molto difficile da curare. Il peggio del peggio, in buona sostanza. Quel tipo di malattia che un ematologo non vorrebbe mai incontrare durante il suo percorso di cura.

Così ha avuto inizio un cammino che è stato un faticosissimo itinerario a ostacoli: le chemio che raramente, in un caso come il suo, avrebbero funzionato, ma bisogna almeno tentare, poi la ricerca affannosa di farmaci sperimentali e la vita che, nel frattempo, scorreva veloce: la vita di un ragazzo di 24 anni che frequenta l’Università, pratica tennis a livello agonistico e sente di essere entrato all’improvviso in un girone dantesco che gli toglie energia e gli ruba la giovinezza.

“Di quel periodo, oltre alla fatica fisica e psicologica di mio figlio, mia, di mia figlia e di mia moglie - racconta Massimo - ricordo la mia personale condivisione con Edoardo circa il suo percorso di studi. Mentre era malato, continuava a preparare gli esami universitari, anche quando era ricoverato e immunodepresso a causa delle terapie molto aggressive a cui veniva regolarmente sottoposto. Non potevo incontrarlo e così mi inviava video propedeutici lunghissimi, in cui registrava ciò che stava studiando. Ricordo la sua forza che diventava via via sempre più potente e gli aveva permesso pure di far fronte alle numerose previsioni di ‘condanna a morte’”.

“Ogni tanto sembrava lì lì per lasciarci”, spiega Massimo. “I medici regolarmente ci preparavano e poi lui, miracolosamente ce la faceva e si rimetteva, per quanto possibile, in sesto. Così andava avanti”. Poi c’era stato il trapianto di midollo grazie alla compatibilità totale con la sorella per poi accorgersi che Edoardo avrebbe dovuto fare i conti con quella che in termini tecnici si chiama GVHD (Graft Versus Host Disease), una complicanza che insorge nei pazienti sottoposti a trapianto allogenico e che è l’espressione di una complessa reazione immunologica delle cellule del donatore nei confronti di tessuti e organi del ricevente. Può essere sia acuta, ossia a insorgenza pressoché immediata nei primi cento giorni dal trapianto, o cronica, cioè tardiva. Una reazione terribile, devastante, che ti sconquassa l’organismo e che è stata la causa ultima del suo decesso, l’8 di ottobre del 2018.

“Rammento - prosegue Massimo - la dedizione di mia moglie, impegnata ad assisterlo giorno e notte, e il mio desiderio di capire, insieme a Edoardo e ai numerosi specialisti che abbiamo consultato, quali fossero le cure esistenti – anche a costo di andare in capo al mondo – per avere una speranza in più; l’utilizzo di un farmaco biologico che si era rivelato inizialmente promettente e aveva portato a una breve remissione completa; le speranze, alternate a durissime sconfitte da cui, comunque, ci riprendevamo sempre. Continuo a coltivare la mia voglia di raccontare la storia di un tumore rarissimo e il mio impegno nelle scuole per incitare i ragazzi a donare il midollo, spiegando loro che si tratta di un’operazione semplicissima (un prelievo del sangue) e non di un intervento chirurgico complesso, come taluni erroneamente pensano”.

“Il mio desiderio - conclude Massino - è quello di ricordare sempre Edoardo cercando di dare un senso a una storia faticosissima, anche attraverso la testimonianza di noi genitori e attraverso il racconto”.

Massimo Bisignano progetta ora la realizzazione di una fiction televisiva basata sulla vita di suo figlio.

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