Genzyme, società del Gruppo Sanofi, ha annunciato il 30 aprile scorso i nuovi risultati sulle immagini di risonanza magnetica (RMN) emersi dal programma di sviluppo clinico di alemtuzumab. Nei pazienti, affetti da sclerosi multipla (SM), trattati con alemtuzumab che hanno preso parte ai due studi clinici di Fase III (sia pazienti che non erano stati precedentemente sottoposti a terapia sia pazienti che manifestavano attività di malattia anche se in trattamento con altra terapia), i risultati osservati attraverso la RMN dopo due anni sono stati mantenuti durante il primo anno di estensione dello studio.
Questi dati, presentati al 66esimo Meeting Annuale dell’Accademia Americana di Neurologia (American Academy of Neurology, AAN) comprendono:
- Coerenza degli effetti riscontrati sui parametri di misurazione dell’attività di malattia (lesioni attive captanti il gadolinio, iperintense in T2 ed ipointense in T1) ed effetti visibili dopo due anni di trattamento mantenuti fino al 3° anno;
- Oltre il 70% dei pazienti, durante il terzo anno di follow-up, è rimasto libero da attività indicativa di infiammazione acuta rilevabile attraverso la RMN, definita come lesione captante il gadolinio o nuova o più estesa lesione iperintensa inT2;
- I volumi delle lesioniT2, che riflettono il peso combinato delle lesioni cerebrali permanenti e di quelle di nuova formazione, sono aumentati dall’anno due all’anno tre, ma sono rimasti al di sotto del livello misurato alla baseline prima del trattamento;
- Il tasso di atrofia, misurato in funzione della frazione parenchimale cerebrale, già ridotto dopo due anni, ha continuato a diminuire nel terzo anno di follow-up;
- L’80% circa dei pazienti trattati con alemtuzumab non è stato sottoposto ad un terzo ciclo di trattamento nel primo anno di estensione dello studio.
"La cosa più straordinaria di questi dati è che gli effetti positivi di alemtuzumab rilevati con RMN si sono mantenuti nello studio di estensione, anche se la maggior parte dei pazienti non era stata sottoposta ad un ulteriore trattamento con il farmaco. Questo risultato è unico nel panorama attuale delle terapie per la SM", ha detto Douglas Arnold, MD, NeuroRx Ricerca e Dipartimento di Neurologia e Neurochirurgia, Montreal Neurological Institute, McGill University. "I nuovi risultati acquisiti attraverso RMN sono un importante ulteriore contributo al complesso dei dati clinici di estensione dello studio che ha dimostrato l'effetto di alemtuzumab sui parametri chiave diattività clinica di malattia, compreso il tasso annualizzato di ricaduta e l'accumulo sostenuto di disabilità."
I più comuni eventi avversi attribuibili ad alemtuzumab sono risultati le reazioni associate all’infusione (mal di testa, rash, febbre, nausea, affaticamento, orticaria, insonnia, prurito, diarrea, raffreddamento, vertigini e rossore), le infezioni (alte vie respiratorie e tratto urinario) e linfopenia. Nei pazienti trattati con alemtuzumab possono presentarsi malattie autoimmuni (comprese trombocitopenia autoimmune, altre citopenie, glomerulonefriti e tiroiditi autoimmuni) e infezioni gravi.
Per supportare la precoce individuazione e tempestiva gestione di tali eventi avversi, è stato predisposto un esauriente programma di gestione del rischio che comprende specifiche iniziative di formazione e il monitoraggio periodico dei pazienti.
I risultati di sicurezza relativi al primo anno di estensione dello studio sono stati già comunicati per tutti i pazienti trattati con alemtuzumab all’interno degli studi clinici di Fase III CARE-MS. Non sono stati identificatiulteriori rischi. Come comunicato in precedenza, nello studio di estensione si sono verificati due decessi. Uno è stato causato da sepsi, l’altro si ipotizza sia stato accidentale e si ritiene quindi non correlato al trattamento in studio.
Gli studi di Fase III su alemtuzumab erano randomizzati, prevedevano una durata di 2 anni ed hanno messo a confronto la molecola con interferone beta-1a ad alto dosaggio somministrato per iniezione sottocutanea nei pazienti con SM recidivante remittente attiva non sottoposti a precedente trattamento (CARE-MS I) o che avevano avuto almeno una recidiva durante la terapia pregressa (CARE-MS II). In questi studi i pazienti trattati con alemtuzumab sono stati sottoposti a due cicli di trattamento, consistenti nell’infusione endovenosa del farmaco per cinque giorni consecutivi durante il primo e, a dodici mesi di distanza,in una nuova infusione per tre giorni consecutivi durante il secondo.
Nel periodo di estensione dello studio,i pazienti trattati con alemtuzumab che avevano continuato ininterrottamente il follow up, sono stati considerati eleggibili al ri-trattamento qualora avessero manifestato la comparsa di malattia attiva. Questa analisi ha interessato 349 pazienti trattati con alemtuzumab nello studio CARE-MS I e 393 pazienti trattati con alemtuzumab nello studio CARE-MS II; il 18 ed il 20% di loro, rispettivamente, è stato sottoposto a ri-trattamento. Le scansioni con RMN sono state effettuate negli studi CARE-MS all’inclusione ed a 12, 24 e 36 mesi.
"Data l'importanza della RMN nella misurazione dell'attività di malattia nella SM, i dati su alemtuzumab annunciati oggi sono significativi e supportano ulteriormente le potenzialità di questo farmaco di modificare il paradigma di trattamento della SM", ha detto ilPresidente e CEO di Genzyme, David Meeker.
Nello studio CARE-MS I, alemtuzumab ha mostrato di essere significativamente più efficace rispetto ad interferone beta-1a nel ridurre i tassi di recidiva; la differenza osservata nel rallentamento della progressione della disabilità non ha invece raggiunto la soglia di significatività.
Nello studio CARE-MS II, alemtuzumab ha mostrato di essere significativamente più efficace rispetto ad interferone beta-1a nella riduzione del tasso annualizzato di recidive e l’accumulo di disabilità è risultato significativamente rallentato nei pazienti trattati con alemtuzumab rispetto ai pazienti trattati con interferone beta-1a.
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