Sangue_Associazioni

Dal Trentino alla Sicilia, quattro Onlus fondate negli anni bui dello scandalo degli emoderivati ora guardano al futuro, con tanti progetti e iniziative

Roma – Gran parte delle associazioni che oggi sostengono le persone affette da emofilia sono nate negli anni '70. Non è un caso: quel decennio – e tutto il periodo successivo, fino ad arrivare agli anni '90 – ha rappresentato un vero e proprio incubo per una generazione di emofilici. Lo scandalo del sangue infetto e dei suoi derivati, che fece ammalare di epatite B, C e HIV migliaia di persone, e provocò la morte di tante altre, resta impresso nella nostra memoria collettiva. Solo nel 1992, con la legge n. 210, lo Stato riconobbe un indennizzo economico a tutti coloro che avevano contratto i virus. Per molti di loro era già troppo tardi, ma gli altri unirono le forze per rivendicare i loro diritti nei numerosi processi degli anni a seguire.

Nacquero tante, piccole, associazioni, attive ancora oggi dopo quasi 45 anni. Una di queste è l'Associazione Toscana Emofilici (A.T.E.): “Nella sua prima fase di vita, la Onlus, nata a Firenze nel 1975, si è occupata prevalentemente di risolvere i problemi provocati dallo scandalo del sangue infetto e dei relativi risarcimenti, secondo la legge 210 del '92”, spiega la presidente Elisabetta Nardini. “Oggi, invece, si impegna a far conoscere la patologia, ad alleviare i problemi psicosociali che comporta, e a fornire sostegno alle famiglie dei pazienti. Organizziamo eventi, convegni e giornate ludico-ricreative che creino inclusione. Abbiamo due progetti che vorremmo realizzare in futuro: il primo è organizzare un corso per fisioterapisti, che possano formarsi all'ospedale Careggi e fungere da punto di riferimento per gli emofilici sul territorio regionale. Il secondo è individuare una palestra con piscina e personal trainer nella zona di Firenze e stipulare una convenzione per offrire ai pazienti degli ingressi settimanali”.

Molte associazioni hanno la propria storia scritta nel nome: è il caso dell'A.E.T., Associazione Emofilici Trentini “Gabriele Folgheraiter”, nata nel 1976. Gabriele era il figlio di uno dei fondatori, morto nel periodo degli emoderivati infetti. “Il 17 aprile di ogni anno partecipiamo alla Giornata Mondiale dell'Emofilia, organizzando una festa in un paese vicino a Trento, con giochi per i bambini, materiale informativo e la possibilità di lasciare delle offerte”, racconta il presidente Fabrizio Filippi. “Quando in una famiglia si scopre un nuovo caso, cerchiamo subito di conoscerla e aiutarla come possiamo. Ad esempio, abbiamo offerto ai pazienti la possibilità di partecipare a un corso di ginnastica in acqua, e teniamo dei convegni con la presenza degli specialisti. Vorremmo costruire una rete delle malattie rare del Trentino, per coinvolgere non solo gli emofilici ma tutti i pazienti che vivono queste condizioni, perché abbiamo esigenze comuni, ma nella nostra Regione i numeri sono molto esigui”, prosegue Filippi, che elenca anche un piccolo, grande successo. “Fino a tre anni fa il 118 aveva l'obbligo di portare i pazienti emofilici al pronto soccorso più vicino, ora invece abbiamo fatto in modo che siano portati sempre a Trento, perché è l'unico centro in grado di prendersi cura di loro”.

In Lombardia è molto attiva l’A.E.B. Associazione Emofilici di Brescia, della quale vi abbiamo parlato qui.

Anche l'Associazione Regionale Pugliese per l’Emofilia (A.R.P.E.) “Teo Ripa” è dedicata a un ragazzo emofilico, specializzando in medicina, che morì nel periodo degli emoderivati infetti. “In quegli anni, per i pazienti, si organizzavano dei soggiorni climatici (simili alle colonie) per conoscersi, nonché corsi di auto-aiuto e autoinfusione”, racconta la vicepresidente, Filomena Campanella. Le attività dell'associazione, nata negli anni '90 dalla fusione di due Onlus, in seguito sono cambiate, insieme alle esigenze dei pazienti. “Un progetto futuro che vorremmo realizzare riguarda la riabilitazione: abbiamo l'obiettivo di agevolare la formazione dei giovani fisioterapisti con delle borse di studio, che potrebbero essere offerte anche ai biologi, il cui compito sarebbe quello di monitorare i dosaggi delle terapie. C'è inoltre la necessità di più psicologi e assistenti sociali, per aiutare non solo i pazienti, ma anche i loro genitori”.

Quarant'anni di attività anche per l'Associazione degli amici dell’emofilia di Palermo, nata nel 1979. “Il nostro obiettivo è sostenere i pazienti, anche da un punto di vista psicologico, e discutere con loro i piani terapeutici”, sottolinea la presidente, Maria Adelaide Celestino. “Quest'estate abbiamo organizzato un corso di autoinfusione, a gennaio ci sono stati gli esami e abbiamo consegnato gli attestati. Promuoviamo anche occasioni di svago, come i corsi di ballo terapeutico associato alla musica, oppure quelli di equitazione. I nostri progetti futuri sono a livello ospedaliero, perché ci sono diverse carenze: occorre formare il personale dedicato ai bambini, perché il Policlinico “P. Giaccone” di Palermo, dove si trova la nostra sede, è un ospedale per adulti. Inoltre, recentemente, abbiamo richiesto alla Regione Sicilia di istituire un corso di formazione accreditato per aggiornare i medici del pronto soccorso sulla nostra patologia”.

Leggi anche: “Emofilia, la missione delle associazioni regionali: migliorare la qualità di vita dei pazienti”.

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