Dagli USA le prime indagini precliniche

Nonostante il fatto che la malattia di Alzheimer (AD) rappresenti la più comune forma di demenza umana, ancora oggi non esiste un test che permetta di diagnosticare definitivamente la patologia in individui viventi. In base ai risultati di un recente studio, potrebbe essere possibile identificare in modo univoco una specifica 'firma olfattiva' che, in caso di Alzheimer, sembra comparire nelle urine ancor prima di un significativo sviluppo dei sintomi di degenerazione cerebrale. I ricercatori del Monell Center e del Dipartimento dell'Agricoltura degli Stati Uniti (USDA) sperano che questa loro indagine preliminare, pubblicata sulla rivista Scientific Reports, possa condurre allo sviluppo di un biomarcatore non invasivo per la diagnosi precoce di AD.

Uno dei principali meccanismi neurodegenerativi associati alla malattia di Alzheimer è causato dall'accumulo di beta-amiloide, una proteina che, depositandosi nel tessuto cerebrale sotto forma di placche, provoca un progressivo deterioramento delle cellule nervose.
Dato che il morbo di Alzheimer rappresenta una condizione esclusivamente umana, gli autori dello studio hanno sfruttato tre diversi modelli murini geneticamente modificati per simulare la patologia cerebrale correlata ad AD. Nel genoma di questi topi sono state introdotte forme mutate del gene umano APP, che codifica per la cosiddetta 'proteina precursore della beta-amiloide' (APP). Tali geni sono stati resi iperattivi mediante l'impiego di appositi farmaci, allo scopo di indurre un'eccessiva produzione di beta-amiloide ed un conseguente accumulo di questa sostanza in placche cerebrali tossiche.

Attraverso una serie di analisi chimiche e test di laboratorio, i ricercatori hanno scoperto che ogni ceppo di topi APP ha manifestato un caratteristico profilo di odore urinario che sembra essere distinguibile da quello rilevato negli esemplari sani di controllo. Questo cambiamento di odore non è determinato dall'aggiunta di nuovi composti chimici nelle urine, ma è dovuto ad una variazione nella relativa concentrazione dei composti urinari normalmente presenti.
Un aspetto molto importante è rappresentato dal fatto che la tipica firma olfattiva dei topi APP è stata riscontrata in una fase della malattia precedente allo sviluppo di quantità rilevabili di placche amiloidi tossiche. Tali risultati sembrano suggerire l'ipotesi che la comparsa del nuovo odore derivi da un'attività genetica piuttosto che dalle alterazioni cerebrali patologiche. Di conseguenza, questo specifico profilo olfattivo potrebbe essere potenzialmente utile per individuare in modo precoce la malattia di Alzheimer.

Gli autori dello studio sottolineano la necessità di ulteriori indagini approfondite per identificare e caratterizzare con certezza un'eventuale firma olfattiva che sia correlata al morbo di Alzheimer negli esseri umani. Tuttavia, se fosse possibile utilizzare un simile biomarcatore non invasivo, i medici sarebbero in grado di diagnosticare questa malattia gravemente debilitante prima dell'insorgenza dei sintomi di deterioramento mentale, intervenendo tempestivamente per rallentare la progressione della malattia. Inoltre, la scoperta effettuata dai ricercatori americani potrebbe avere implicazioni positive non solo per l'Alzheimer, ma anche per altri tipi di disturbi neurologici.

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