Gli esiti di una recente ricerca spagnola sembrano suggerire nuove ipotesi sui meccanismi alla base di questa complessa patologia. Ora necessarie nuove e approfondite indagini.
La rivista Nature ha recentemente pubblicato uno studio che è stato diretto da un team di ricercatori dell'Universidad Autónoma de Madrid (Spagna) allo scopo di indagare un'eventuale correlazione tra l'infezione da funghi e il morbo di Alzheimer (AD). Analizzando il tessuto del sistema nervoso centrale (CNS) di un gruppo di pazienti con AD, gli scienziati hanno potuto constatare la presenza di cellule IFE appartenenti a diverse specie fungine, una scoperta che potrebbe avvalorare la tesi di una possibile eziologia micotica del morbo di Alzheimer.
L'Alzheimer appartiene alla categoria delle malattie neurodegenerative come la sclerosi multipla (SM), la sclerosi laterale amiotrofica (SLA) e la malattia di Parkinson (PD), un gruppo eterogeneo di disturbi del sistema nervoso centrale che sono caratterizzati da una perdita lenta e irreversibile delle funzioni neuronali e la cui eziologia rimane in gran parte sconosciuta. Una caratteristica che accomuna molte di queste patologie è la presenza di aggregati proteici dannosi in corrispondenza del CNS. Nello specifico, l'Alzheimer è caratterizzato da un accumulo di grovigli intracellulari di proteina tau iperfosforilata e da depositi extracellulari di proteina amiloide. Tuttavia, come spiegano gli autori dello studio, l'ipotesi che questo fattore sia all'origine della malattia sembra essere contraddetta dal fallimento di diversi studi clinici volti proprio a ridurre l'accumulo di sostanze amiloidi.
Oltre al declino cognitivo, la stragrande maggioranza dei pazienti con AD manifesta chiari segni di infiammazione del CNS e di attivazione del sistema immunitario. Queste osservazioni hanno portato alla speculazione che l'Alzheimer possa avere un'origine autoimmune o essere dovuto ad agenti infettivi quali virus o batteri, il cui materiale genetico è stato, peraltro, già rilevato nel cervello di soggetti con AD.
In questo contesto si inserisce lo studio dei ricercatori spagnoli, che hanno analizzato 4 diverse regioni del sistema nervoso centrale di 11 pazienti con AD e di 11 soggetti sani di controllo. Utilizzando una serie di anticorpi diretti contro 5 diverse specie di funghi (Candida glabrata, Candida famata, Candida albicans, Phoma betae, e Syncephalastrum racemosum), le 4 zone del CNS, ossia la corteccia frontale esterna, l'emisfero cerebellare, la corteccia entorinale e il plesso coroideo, sono state sottoposte ad esami di immunoistochimica e di microscopia confocale che hanno rivelato la presenza intra ed extracellulare di materiale fungino. L'entità e la tipologia delle infezioni si è dimostrata variabile a seconda dei pazienti, ma in tutti loro è stata evidenziata la presenza di cellule e ife di funghi. Al contrario, i soggetti di controllo non hanno manifestato nessun tipo di infezione fungina cerebrale.
Nei pazienti con AD è stata rilevata la presenza di macromolecole fungine anche all'interno dei capillari e degli altri vasi sanguigni del CNS, una scoperta che potrebbe contribuire a spiegare le numerose patologie cerebrovascolari abitualmente manifestate dalla maggior parte dei malati di Alzheimer (angiopatia cerebrale amiloide, microinfarti, emorragie e degenerazioni microvascolari).
I risultati dello studio sembrano quindi dimostrare che esista una relazione tra l'infezione fungina del tessuto cerebrale e il morbo di Alzheimer. Secondo gli autori dello studio, partendo dall'ipotesi che i funghi rappresentino il vero e proprio agente eziologico dell'AD, è possibile spiegare molti degli aspetti di questa malattia. Ad esempio, la lenta progressione dell'Alzheimer è in sintonia con la natura cronica delle infezioni fungine che, se non adeguatamente trattate, potrebbero essere la causa della degenerazione neuronale e cerebrovascolare, dell'infiammazione e dell'attivazione del sistema immunitario che caratterizzano questa malattia. Inoltre, la varietà degli agenti infettivi fungini e la loro eventuale combinazione sarebbe in grado di spiegare le notevoli differenze che i pazienti con AD manifestano in termini di evoluzione e gravità dei sintomi clinici.
D'altro canto, gli stessi ricercatori chiariscono che la presenza di materiale fungino nel tessuto cerebrale dei malati di Alzheimer può essere spiegata anche dal semplice fatto che, per ragioni ancora sconosciute, i pazienti con AD siano più inclini a contrarre questo tipo di infezione.
In ogni caso, gli autori dell'articolo sostengono la necessità di ulteriori indagini volte ad indagare la possibilità che il morbo di Alzheimer abbia un'origine fungina o che l'infezione fungina rappresenti un fattore di rischio per la malattia, dato che questa ipotesi potrebbe aprire la strada a nuove prospettive in merito al trattamento dei pazienti.
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