La notizia più attesa sul fronte dell’editing genomico sta facendo il giro del mondo ed è arrivata ben prima del previsto. Lo scorso 21 giugno i National Institutes of Health degli Stati Uniti hanno dato il via libera alla prima sperimentazione sull’uomo che utilizzerà la tecnologia Crispr-Cas9 e sarà applicata al cancro. Si tratta di uno studio clinico che ha come obiettivo l’ingegnerizzazione delle cellule immunitarie dell’organismo per combattere tre tipi di tumori, il melanoma, il sarcoma e il mieloma.

Lo studio, che combina due approcci terapeutici all’avanguardia quali Crispr (considerata l’ultima frontiera dell’ingegneria genetica) e l’immunoterapia (che sta rivoluzionando la battaglia contro i tumori), è stato approvato con voto unanime dal Recombinant DNA Advisory Committee (RAC), l’organo statunitense deputato a vagliare la sicurezza e gli aspetti etici di tutti i trial clinici basati su modifiche del DNA. Si tratterà comunque di un piccolo studio pilota di fase 1, ideato per valutare la sicurezza della tecnica Crispr applicata all’uomo e non ancora la sua efficacia terapeutica sul cancro.

Negli ultimi anni, l’immunoterapia è diventata la punta di diamante nel campo della ricerca scientifica per i tumori. Le cellule cancerogene, cellule mutate geneticamente che hanno una proliferazione incontrollata, vengono solitamente riconosciute come estranee e dannose dal sistema immunitario e attaccate dai linfociti T. Questa difesa dell’organismo non è purtroppo sempre efficace perché le cellule tumorali attuano tutta una serie di strategie di fuga. L’obiettivo dell’immunoterapia è di modulare il funzionamento del sistema immunitario in maniera tale da renderlo il più possibile efficiente e mirato.

Lo studio approvato dal RAC comporta l’ingegnerizzazione mediante Crispr dei linfociti T per potenziare la loro capacità di aggredire le cellule cancerogene. Nello specifico, le cellule immunitarie saranno prelevate da pazienti affetti da melanoma, sarcoma o mieloma, modificate geneticamente e reinfuse nei donatori. Il trial prevede tre diverse correzioni del genoma dei linfociti T. Una primo editing è ideato per introdurre un gene che codifica per un antigene (NY-ESO-1) normalmente presente sulle cellule tumorali e assente su quelle sane, ciò istruirà le cellule immunitarie a riconoscere e combattere le cellule dannose. Una seconda “modificazione genomica” prevede invece l’eliminazione di un recettore (PD-1) dei linfociti T mediante il quale le cellule cancerogene riescono ad inattivare l’attività antitumorale delle cellule immunitarie. Infine, l’ultima correzione ha lo scopo di salvaguardare i linfociti T ed è focalizzata sulla rimozione di un altro loro recettore naturale (TCR) che li rende normalmente identificabili e disattivabili dalle cellule tumorali.

Il trial clinico, che dovrebbe partire verso la fine del 2016, avrà la durata di 2 anni e sarà effettuato su 18 pazienti affetti da melanoma, sarcoma o mieloma che non traggono alcun tipo di beneficio dai trattamenti terapeutici già esistenti. Lo studio sarà condotto in tre centri: Università della Pennsylvania a Philadelphia, Università della California a san Francisco e MD Anderson Cancer Center dell’Università del Texas a Houston.

Ma chi c’è dietro questo ambizioso studio apripista per la tanto attesa, quanto temuta, terapia a base di Crispr?
Carl June, un pioniere nel campo dell’immunoterapia che detiene diversi brevetti nel settore delle tecnologie applicate alle cellule immunitarie, e Sean Parker giovane imprenditore noto per essere il Presidente di Facebook e uno dei fondatori di Napster.

Innanzitutto, lo studio è stato progettato dal team di ricercatori dell’Università della Pennsylvania guidato da Carl June. È interessante sottolineare che June non è nuovo nel settore dell’editing genomico, già nel 2014 si era cimentato in un trial clinico in cui era stata utilizzata una “versione” più datata, e ormai superata, di editing genomico (le nucleasi di tipo zinc-finger) per modificare i linfociti T e renderli meno attaccabili dal virus del Hiv. I risultati sono stati incoraggianti e hanno posto le basi per avviare altre strategie simili. Il nuovo studio proposto da June, che ha come obiettivo i tumori, ha poi attirato l’attenzione e i cospicui finanziamenti del Parker Institute for Cancer Immunotherapy. Si tratta di una nuova fondazione, creata lo scorso aprile da Sean Parker, nella quale il giovane imprenditore ha investito ben 250 milioni di dollari. Parker, che è già da anni impegnato in attività filantropiche nel campo della ricerca scientifica, ha così voluto puntare sull’immunoterapia per dare un suo contributo alla battaglia contro il cancro. E la fondazione, che riunisce scienziati di eccellenza, ha deciso di iniziare questa nuova sfida partendo da Crispr.

L’annuncio dell’avvio del primo trial sull’uomo ha sorpreso un po’ tutta la comunità scientifica e chi segue da vicino l’evoluzione del mondo dell’editing genomico. Non tanto per la velocità con la quale una tecnologia nuova come Crispr sia approdata alla sperimentazione clinica, questo era già nell’aria, più che altro per il fatto che l’annuncio non sia arrivato dalle Università e biotech che si stanno contendendo la leadership nel settore. Ad esempio Editas Medicine, una startup statunitense cofondata da Jennifer Doudna e da Feng Zhang (scopritori e pionieri della tecnologia Crispr) e che ha tra i suoi investitori nomi come Bill Gates e Google Ventures, era tra le più quotate. Già lo scorso anno Editas Medicine aveva ufficializzato la previsione di avviare entro il 2017 uno studio clinico con Crispr per l’amaurosi congenita di Leber, una rara forma di cecità.

Sarà invece lo studio progettato da Carl June all’Università della Pennsylvania e finanziato dal Parker Institute for Cancer Immunotherapy a segnare la storia dell’ingegneria genetica applicata all’uomo. È però importante puntualizzare che, sebbene sia arrivato il primo segnale verde da parte del Recombinant DNA Advisory Committee, lo studio clinico con Crispr deve ancora passare il vaglio della Food and Drug Administration (FDA) e dei comitati etici degli ospedali che hanno in cura i pazienti che dovrebbero prendere parte alla sperimentazione. E visto che stiamo assistendo ad uno scenario in continua evoluzione, non dovremmo sorprenderci se in un futuro prossimo l’applicazione di Crispr nel campo dei tumori venga tallonata da quella per le malattie rare.

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