Stella Di Domenico (UniPhelan): “Non esiste ancora un farmaco che possa curare la malattia, perciò i percorsi terapeutici per ora attivi sono di tipo riabilitativo e si sviluppano preferenzialmente sul piano psicomotorio e logopedico”
I disturbi dello spettro autistico comprendono un ampio ed eterogeneo numero di condizioni cliniche, come l’autismo stesso e la sindrome di Asperger, caratterizzate da compromissione delle capacità di linguaggio e di interazione. All’interno di questo gruppo ricade anche la sindrome di Phelan-McDermid, o sindrome da monosomia 22q13, una rarissima malattia genetica di cui esistono non più di 800 casi in tutto il mondo, caratterizzata da ipotonia neonatale, ritardo psicomotorio e cognitivo, assenza o grave compromissione di linguaggio, dismorfismi e spesso anche crisi epilettiche.
“La malattia è dovuta alla delezione della porzione terminale del cromosoma 22 – spiega Stella Di Domenico, presidente dell'associazione UniPhelan – e in particolare della regione contenente una copia del gene SHANK3, considerato uno dei geni chiave dell’autismo, identificato proprio a livello del cromosoma 22 ed espresso principalmente nel cervello. La scoperta della diretta associazione tra la sindrome di Phelan-McDermid e il gene SHANK3 risale al 2001 e va attribuita alla dott.ssa Maria Clara Bonaglia, responsabile del Comitato Scientifico di UniPhelan nonché biologa e ricercatrice presso l’IRCCS Eugenio Medea di Bosisio Parini”.
La diagnosi della malattia non è semplice, dal momento che la genericità dei sintomi e lo spettro di sovrapponibilità con altri disordini di tipo autistico non permettono di giungere a conclusioni definitive solo attraverso l’osservazione clinica. D’altro canto, la regione cromosomica oggetto di delezione (o di traslocazione o creazione di strutture ad anello) è talmente ridotta da non essere identificabile attraverso l’esecuzione di una classica mappa cromosomica. Inoltre, il fatto stesso che i pazienti siano bambini rende più complesso definire il quadro di evoluzione della malattia. Tutti questi fattori sono alla base di ritardi ed errori diagnostici spesso non indifferenti. Pertanto, risulta opportuno ricorrere a tecniche di approfondimento quali l'ibridazione in situ fluorescente (FISH) o gli array-CGH, come dimostrato nell’articolo riportato sulla rivista Balkan Journal of Medical Genetics, nel quale viene descritto il caso di una bambina di 9 anni giunta a una diagnosi definitiva solo dopo essere stata sottoposta ad analisi di ibridazione genomica. Inoltre, non si può prescindere dal raccomandare una consulenza genetica accompagnata da valutazioni estese anche ai genitori che, in alcuni rari casi di mosaicismo parentale, potrebbero essere portatori della malattia.
“Non esiste un farmaco che possa curare la malattia – prosegue Di Domenico – perciò i percorsi terapeutici per ora attivi sono di tipo riabilitativo e si sviluppano preferenzialmente sul piano psicomotorio e logopedico, per rinforzare la muscolatura e il linguaggio. I bambini affetti da sindrome di Phelan-McDermid hanno problematiche di espressione e di linguaggio e molti presentano un linguaggio fortemente ritardato. È opportuno, quindi, agire a livello logopedico ricorrendo alla comunicazione aumentativa e alternativa (CCAA), un metodo di comunicazione basato sui simboli, grazie al quale è stato possibile osservare miglioramenti interessanti sul piano linguistico”.
In questo contesto, il ruolo della ricerca è preponderante, fa notare Di Domenico, che illustra come, sia all’estero che in Italia, siano in corso trial clinici che si propongono di trovare una possibile terapia per la malattia; progetti come quello finanziato da Telethon e condotto in collaborazione con l’Istituto di Neuroscienze del Consiglio nazionale delle ricerche (In-Cnr) di Milano, che dimostra la validità del trattamento con il CDPPB nell’aumento dell’attività del recettore mGlu5 per correggere i difetti neurologici evidenziati in topi geneticamente modificati. “In aggiunta a ciò, la dott.ssa Bonaglia ha di recente contribuito al sequenziamento del genoma di una bambina colpita dalla sindrome di Phelan-McDermid – continua Di Domenico – e questo è un passo importantissimo per la comprensione dei meccanismi genetici che determinano una forte variabilità dei sintomi clinici, non imputabili alle diverse frazioni della delezione. Ciò significa che un bambino con una delezione che riguardi una meno estesa regione del cromosoma può non essere necessariamente affetto dalla forma più leggera della malattia”.
Sono due le associazioni che in Italia si occupano alla sindrome di Phelan-McDermid: Aisphem e UniPhelan. Quest'ultima è relativamente giovane, ma è cresciuta e si è sviluppata impegnandosi attivamente per concentrare l’attenzione sulla malattia. Inizialmente rinominata "L’abbraccio di Uma" (dal nome di una delle piccole pazienti) ha contribuito, insieme all’ANGSA (Associazione Nazionale Genitori Soggetti Autistici), all’organizzazione del convegno “Insieme per la Phelan e l’autismo”, rivolto a medici, ricercatori e famiglie di bambini nella cui vita è entrata con prepotenza la Phelan-McDermid. “L’Associazione offre sostegno psicologico alle famiglie – conclude Di Domenico – finanzia la ricerca e si adopera per il riconoscimento ufficiale della malattia e dei centri di riferimento, come l’IRCCS Eugenio Medea di Bosisio Porini, informalmente considerato il centro di riferimento nello studio della sindrome di Phelan-McDermid. Siamo un’associazione amica di Telethon, abbiamo aderito a UNIAMO e all’Alleanza Malattie Rare e siamo consci della necessità di coinvolgere nella nostra azione figure professionali come quelle di biologi, genetisti, farmacologi e medici, che sulla base del confronto e della collaborazione potranno far progredire la ricerca contro questa malattia”.
Tra le molte iniziative di cui UniPhelan si fa interprete, c’è anche l’organizzazione della I Giornata Nazionale dedicata alla sindrome di Phelan-Mc Dermid, che si svolge oggi, 7 dicembre, con lo scopo di attirare l'attenzione su questa malattia anche attraverso la messa in opera di eventi dedicati alle famiglie. Iniziative come lo spettacolo di magia che andrà in scena al Teatro Ghione di Roma e che, con il ricavato degli incassi, finanzierà UniPhelan nel costante sforzo di rendere migliore la vita dei bambini colpiti da questa rara sindrome.
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