In circa un ventennio, migliaia i pazienti contagiati da AIDS ed epatite.
FedEmo: “la verità sta emergendo, avremo presto giustizia per i nostri cari”

Roma - Una nuova pagina è stata scritta nel Processo per la strage del cosiddetto 'sangue infetto', provocata tra gli anni ’70 e ’90 dalla messa in commercio di prodotti emoderivati non controllati. Iniziato oltre 20 anni fa a Trento, il processo è ora in corso a Napoli e il primo grado di giudizio dovrebbe concludersi nel 2018. Sono migliaia le persone con emofilia inconsapevolmente contagiate, in quegli anni, dai virus dell’AIDS e dell'epatite, trasmessi da farmaci emoderivati infetti. Moltissimi di loro persero la vita e molti di quelli sopravvissuti soffrono ancora oggi le pesanti conseguenze delle negligenze di allora.

Il 4 dicembre scorso, al tribunale di Napoli, si è tenuta un’udienza di grande rilevanza nel dibattito che vede imputati alcuni responsabili della sanità italiana di allora e di case farmaceutiche, e in cui la Federazione delle Associazioni Emofilici (FedEmo) si è costituita parte civile. Nel corso dell’udienza è stato infatti ascoltato Kelly Duda, giunto nel capoluogo partenopeo direttamente dagli Stati Uniti. Il giornalista e regista americano è autore di “Factor 8 – The Arkansas Prison Blood Scandal”, un docu-film del 2006, inedito nel nostro Paese. Ai magistrati, Kelly Duda ha raccontato quanto documentato durante la propria inchiesta sulla raccolta sangue avvenuta nelle carceri americane tra gli anni ‘60 e ’80 [condotta attraverso un lavoro di ricerca durato oltre 7 anni, N.d.R.]. Il tanto atteso testimone ha dichiarato come fossero già note, all’epoca dei fatti, le pessime condizioni di salute in cui versavano i donatori detenuti, e come il sangue da loro prelevato fosse oggetto di compravendita per la distribuzione di farmaci per la cura dell’emofilia.

Non è mai stata fatta chiarezza su questa tragica pagina della sanità italiana”, ha dichiarato l’avvocato Cristina Cassone, Presidente FedEmo. “Siamo ancora in piena attività processuale ma riteniamo che finalmente sia emersa quella verità che in tanti stiamo attendendo da troppo tempo: sono convinta che presto avremo giustizia per i nostri cari”.
“A Napoli - ha aggiunto Cassone - è tornata alla luce una parte importante della storia dell’emofilia. Una pagina triste, che molti, giustamente, non riescono e non vogliono dimenticare: mi riferisco a tutte quelle famiglie che hanno perso un parente a causa dei contagi da infusioni di sangue infetto e a tutti coloro che dovranno portare per tutta la vita su di sé le conseguenze di quelle colpevoli negligenze”.

“La strada per vedere la luce alla fine di questo tunnel è ancora lunga, ma finalmente, dopo molti anni, qualcosa si muove”, ha concluso il neo consigliere FedEmo Luigi Ambroso, presente all’udienza. “Il processo continuerà per udienze calendarizzate sino alla prossima primavera. Siamo perciò fiduciosi, perché abbiamo intravisto uno spiraglio che, speriamo presto, possa riportare serenità e giustizia alle famiglie di tutti i fratelli che abbiamo perso nel corso degli anni e che inconsapevolmente venivano contagiati proprio mentre cercavano solamente di curarsi dall’emofilia”.

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