Proposto un nuovo modello per gli studi clinici
Gli studi di fase III sul virus Hiv multi-resistente hanno recentemente subito un grave rallentamento dovuto alla carenza di pazienti disposti a partecipare alle sperimentazioni. In parte ciò è dovuto all' uso crescente degli inibitori della proteasi potenziati e del miglioramento complessivo della potenza e l'efficacia delle terapie antiretrovirali. In parte, secondo il Washington-based Forum for Collaborative HIV Research è dovuto alla necessità di evoluzione degli stessi studi. Il Forum, un gruppo di stakeholder statunitensi che conta tra i suoi membri rappresentanti del governo, dell’industria, delle associazioni di pazienti, ricercatori, operatori sanitari e fondazioni private, ha formulato la propria proposta. L'articolo è stato pubblicato sulla rivista AIDS e riportato da Pharmastar.
Secondo gli autori, tra i quali la direttrice del Forum Veronica Miller, gli studi di fase III sull’Hiv multi-resistente devono evolversi passando dal concetto tradizionale di superiorità o non-inferiorità dei nuovi agenti testati rispetto a quelli di confronto, a un nuovo approccio nel quale si dimostrano miglioramenti clinici attraverso trial brevi e suddivisi in diverse fasi. Trial brevi di superiorità cumulativa permetterebbero agli sponsor di dimostrare l'efficacia degli agenti testati senza il rischio che i pazienti sviluppino resistenza a questi nuovi farmaci o un’ulteriore resistenza a quelli vecchi.
Il modello proposto è dunque quello di uno studio con un disegno a più fasi che dovrebbe comprendere: un trial di breve durata (di 10-14 giorni) in cui si confronta l’agente sperimentale e placebo, utilizzando il regime con cui è attualmente trattato il paziente come terapia di base, per valutare l’efficacia a breve termine nella riduzione della carica virale; uno studio successivo in cui tutti i partecipanti ricevono il farmaco sperimentale (in dose singola o a dosaggi diversi) e sono valutati dopo 24 settimane per valutare la risposta alla dose, la sicurezza, la durata della risposta iniziale e lo sviluppo di resistenza; un eventuale secondo studio di confronto sulla sicurezza nei pazienti con un minimo di due farmaci attivi disponibili, in cui i partecipanti vengono randomizzati al farmaco sperimentale più un nuovo regime di background ottimizzato di antiretrovirali confrontato con il solo nuovo regime di background ottimizzato più placebo.
Questa strategia non è applicabile negli studi sui pazienti naïve (pazienti HIV positivi che non si sono mai sottoposti prima a trattamenti antiretrovirali). Per queste ragioni, si legge nell’articolo, non vi è consenso sull'utilità di studiare farmaci sperimentali in questa popolazione di pazienti, anche se ricercatori, autorità regolatorie e sponsor riconoscono che tali agenti potrebbero offrire ai pazienti naïve una migliore tollerabilità e meno rischi a lungo termine rispetto a quelli attualmente in uso.
Attualmente, i singoli farmaci antiretrovirali disponibili sono 26 (oltre alle formulazioni alternative e alle combinazioni in dose fissa) appartenenti a sei diverse classi terapeutiche. Con questi agenti, si raggiungono oggi percentuali di soppressione virale tra il 70 e il 90 per cento. Tuttavia, gli autori dell’articolo evidenziano anche problemi crescenti con i ceppi virali farmaco-resistenti e la necessità continua di poter disporre di nuove opzioni terapeutiche, che potrebbero offrire importanti benefici, tra cui un minor numero di effetti collaterali, una somministrazione meno frequente e un minor rischio di resistenza.
"Ecco perché è così cruciale superare le barriere all'innovazione nello sviluppo dei farmaci anti-HIV " ha commentato la direttrice del Forum Veronica Miller, aggiungendo che l’articolo, di cui è coautrice, propone un nuovo percorso per l'approvazione da parte delle autorità regolatore di nuovi agenti promettenti contro il virus e riflette il pensiero dei massimi esperti del settore.
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