HIV sta per Virus da Immunodeficienza Umana, ed è l’agente eziologico dell’AIDS. Il virus distrugge le cellule del sangue che sono indispensabili per il corretto funzionamento del sistema immunitario, la cui funzione è di difendere l’organismo dalle malattie. AIDS è invece l’acronimo di Sindrome da Immunodeficienza Acquisita e si manifesta quando il sistema immunitario è talmente indebolito dall’HIV che l’individuo è soggetto a un gran numero di malattie o infezioni, denominate “opportunistiche”. I primi casi di malattia furono riportati nel 1981, l’anno successivo vennero stabilite le modalità di trasmissione e nell’85 entrò in commercio il Test HIV per scoprire il virus nel sangue, poi sostituito da uno più rapido nel 1991. Nei primi anni non esistevano terapie, poi, col tempo, le cose sono molto cambiate: le terapie sono nate e si sono evolute, tuttavia non esiste ancora né un vaccino per evitare il contagio né una cura per eliminare del tutto il virus.
Il codice di esenzione dell'infezione da HIV è 020 (Malattie croniche).

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I risultati della seconda fase di sperimentazione del vaccino Tat pubblicati su Retrovirology

Il Vaccino Tat in associazione alla terapia farmacologica (HAART) è in grado di stimolare il sistema immunitario di un paziente con HIV aumentando l'efficacia degli antiretrovirali e di aumentare sensibilmente le cellule T CD4+, bersaglio del virus. È questo il risultato della seconda fase di sperimentazione del vaccino Tat, messo a punto dall’équipe guidata da Barbara Ensoli, Direttore del Centro Nazionale Aids dell’Istituto Superiore di Sanità, condotta su 168 pazienti, seguiti per tre anni consecutivi, in undici centri clinici italiani diffusi in tutta la penisola.

Dopo numerose ricerche condotte da sei diverse istituzioni presenti in Canada, Francia e Svizzera in collaborazione con i laboratori della  società biotecnologica francese ABIVAX, è stato pubblicato il nuovo meccanismo d’azione del farmaco sperimentale anti-HIV conosciuto con la sigla ABX464.
I dati sono stati pubblicati sulla rivista Retrovirology.

Una nuova speranza contro l’Hiv di tipo 1 e la sindrome da immunodeficienza acquisita (Aids), potrebbe arrivare da uno studio internazionale, che dimostra come l’interazione tra virus e proteine del complesso del poro nucleare (Npc) sia essenziale per la replicazione dell’Hiv nella cellula ospite. A documentare la scoperta uno studio, pubblicato sulla rivista Nature Communications, condotto da ricercatori dell’Istituto di tecnologie biomediche del Consiglio nazionale delle ricerche (Itb-Cnr), dell’Istituto Pasteur di Parigi, in collaborazione con l’Albert Einstein College of Medicine di New York e il centro di Statistica e scienze biomediche del San Raffaele di Milano.

Uno studio italiano - compiuto all'Icgeb di Trieste e guidato dal prof. Mauro Giacca - per la prima volta è riuscito a scoprire dove si ‘nasconde’ il virus Hiv nelle cellule umane, fotografando la struttura del nucleo dei linfociti e le zone d'ombra in cui il virus riesce a rendersi invisibile. La scoperta è stata pubblicata in questi giorni su Nature e potrebbe avere forti ricadute nello sviluppo di nuovi farmaci contro l'Aids. Alla ricerca hanno collaborato il Dipartimento di Medicina dell'Università di Trieste, l'Università di Modena e il Genethon di Parigi.

Gilead Sciences, Inc. (Nasdaq: GILD) ha annunciato che il regime sperimentale sviluppato dall’azienda e costituito da una singola compressa contenente elvitegravir 150 mg, cobicistat 150 mg, emtricitabina 200 mg e tenofovir alafenamide (TAF) 10 mg (E/C/F/TAF), da somministrare una volta al giorno per il trattamento dell’infezione da HIV-1 nei pazienti adulti e adolescenti, è stato definitivamente convalidato ed è ora sottoposto a valutazione da parte dell’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA). Se venisse approvato, E/C/F/TAF sarebbe il primo regime a singola compressa di Gilead a contenere TAF. I dati inclusi nella domanda supportano l’uso del regime in una vasta gamma di pazienti affetti da HIV, inclusi gli adulti e gli adolescenti mai trattati in precedenza, i pazienti con soppressione virologica provenienti da un altro regime terapeutico e quelli con compromissione della funzionalità renale.

L’infezione da HIV-1 si diffonde a Roma tra gli uomini che fanno sesso con altri uomini, a causa della sifilide. È questo il dato più importante emerso dallo studio longitudinale durato 25 anni condotto dal Dipartimento di Malattie Infettive, Parassitarie ed Immunomediate dell'Istituto Superiore di Sanità in collaborazione con l’Istituto Dermovenereologico S. Gallicano di Roma e i cui risultati sono stati appena pubblicati sulla rivista Eurosurveillance in occasione del 1° Dicembre, Giornata Mondiale dell’AIDS.
Lo studio ha valutato il rischio di acquisire l’infezione da HIV lungo un periodo di 25 anni in una popolazione di 1.862 maschi che fanno sesso con maschi (MSM), dimostrando come tra il 2001 e il 2009 si sia verificato il maggior incremento dal 1985 dell’incidenza dell’infezione.

Con il sostegno al “Progetto DONNA - prevenzione al femminile” si aiuta LILA nell’attuare una corretta informazione sul tema dell’HIV e genitorialità

Oggi in Italia le persone con HIV sono circa 150.000 mentre ogni anno sono circa 4.000 le nuove infezioni. Un dato che non accenna a diminuire nonostante i comportamenti preventivi siano ormai ben noti.  Il nostro Paese, dove il rapporto sessuale non protetto è la prima causa di infezione, è infatti all'ultimo posto in Europa nell'uso del profilattico.
A causa una di serie di fattori biologici, sociali e culturali a essere particolarmente esposte al rischio di contrarre l’infezione sono le donne.

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