I risultati ottenuti nei primati mostrano un significativo miglioramento nel movimento nei 2 anni successivi al trattamento
All’inizio del 2018, l’azienda farmaceutica Pfizer ha deciso di abbandonare la ricerca per Parkinson e Alzheimer, a causa della mancanza di risultati significativi nel trattamento di queste patologie. Ma la ricerca in questo settore non si ferma, ed è anzi molto attiva: lo dimostra il gran numero di studi clinici dedicati alle malattie neurodegenerative, rare o no, a livello mondiale, che in questi anni hanno permesso di migliorare la comprensione dei meccanismi che le determinano. Benché esistano terapie di supporto, queste patologie complesse restano ancora incurabili e invalidanti. Se a questo sommiamo il costante aumento del numero di pazienti, conseguente all’allungamento dell’aspettativa di vita della popolazione, il risultato è una sfida per la ricerca.
Lo studio e le applicazioni delle cellule staminali pluripotenti indotte, o cellule iPS, giocano una parte importante in questa sfida. In Giappone, infatti, è recentemente partito un trial per valutare l’efficacia e la sicurezza dell’utilizzo di cellule iPS umane nel trattamento di pazienti affetti dalla malattia di Parkinson. È il terzo trial sulle cellule iPS autorizzato in questo Paese, che le sta testando anche nell’ambito delle malattie cardiache e della degenerazione maculare.
Le cellule iPS sono una tipologia di staminali pluripotenti generate per la prima volta nel 2006 in modelli murini, presso l’Università di Kyoto, dal gruppo guidato dal professor S. Yamanaka, Direttore del CiRA (Center for iPS Cell Research and Application) e Premio Nobel per la medicina nel 2012. Il procedimento per la produzione di queste cellule prevede l’utilizzo di cellule somatiche umane (cioè già differenziate, ad esempio cellule della cute) nelle quali viene inserito un piccolo numero di geni per riprogrammarle e farle diventare pluripotenti: ciò significa che, successivamente, queste cellule possono differenziarsi in qualsiasi tipo di cellula del corpo e proliferare in coltura. Il metodo ha dimostrato di essere altamente riproducibile e relativamente semplice, ed è considerato un notevole passo avanti nel settore delle staminali. Si ritiene che le cellule staminali pluripotenti indotte saranno utili per indagare le cause di malattie, per lo sviluppo di nuovi farmaci e per la medicina rigenerativa. A differenza delle staminali embrionali umane, la produzione di cellule iPS non richiede la distruzione di un embrione, dato che possono essere generate prelevando cellule somatiche da un individuo adulto, evitando così molti dei problemi etici legati a questo argomento. Inoltre, si possono ricavare dal paziente stesso, eliminando il rischio di rigetto immunitario.
Il protocollo per l’utilizzo delle cellule iPS nel trattamento della malattia di Parkinson (PD) è stato sviluppato da un gruppo di ricercatori guidati da J. Takahashi, neurochirurgo del CiRA presso l’Università di Kyoto. La malattia di Parkinson è causata dalla progressiva degenerazione dei neuroni specializzati nella produzione di dopamina, la cui insufficienza provoca un declino delle capacità motorie che porta ai sintomi caratteristici della malattia. I neuroni colpiti si trovano nella zona del cervello denominata sostanza nera: una perdita cospicua di tali neuroni causa la mancanza di una corretta stimolazione dei recettori coinvolti nel movimento.
Partendo dalle cellule iPS, il gruppo di ricercatori giapponesi ha messo in coltura dei progenitori dopaminergici che verranno iniettati, con un apposito dispositivo, nel cervello del paziente, per sostituire i neuroni degenerati. Il CiRA ha deciso di produrre le staminali pluripotenti indotte partendo da donatori sani con tipi cellulari specifici che hanno minore probabilità di provocare rigetto. Di conseguenza, i pazienti riceveranno un immunosoppressore standard durante la procedura, trattandosi di un trapianto allogenico. Il trial prevede l’iniezione di 5 milioni di cellule in ciascuno dei 7 pazienti coinvolti, che verranno seguiti per 2 anni dopo il trattamento. L’unico centro di riferimento per questa sperimentazione è il Kyoto University Hospital e lo studio è autorizzato dal Pharmaceutical and Medical Devices Agency (PMDA).
Lo studio in questione è un trial di Fase I, cioè il momento in cui le terapie vengono sperimentate per la prima volta su esseri umani; esso ha l’obiettivo di testare la sicurezza, in primis, e l’efficacia del trattamento, ma anche di comprendere come proseguire nel processo di ricerca. I pazienti inclusi nelle sperimentazioni di Fase I sono scelti secondo precisi criteri di arruolamento, e questi studi sono autorizzati sulla base dei dati ottenuti da antecedenti test preclinici scrupolosamente valutati. Nel caso del trial clinico giapponese, il passaggio precedente alla sperimentazione sui pazienti è stata la conferma che il trattamento fosse efficace su modelli di primati. Gli studi preclinici, pubblicati su Nature nell’agosto 2017, sono stati condotti, dallo stesso gruppo di ricerca, utilizzando scimmie precedentemente esposte a una sostanza neurotossica che causa sintomi simili al Parkinson: gli esemplari hanno mostrato un significativo miglioramento nel movimento nell’arco dei 2 anni successivi all’iniezione di cellule iPS umane nel cervello. Ricerche precedenti avevano dimostrato l’efficacia dei neuroni dopaminergici ottenuti da staminali embrionali umane, ma l’utilizzo di tessuti fetali resta un tema controverso e, in alcuni Stati, è una procedura vietata. Questo studio ha segnato una svolta perché ha confermato che i neuroni dopaminergici derivanti da cellule iPS sono altrettanto validi e sono più facili da ottenere, oltre ad essere eticamente meno problematici.
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