L’associazioni Albinit lavora per combatterla. Elisa Tronconi: “Bimbi sono ancora discriminati, anche a scuola. Solo al Niguarda un percorso diagnostico completo”
Sono bianchissimi, gli occhi chiari, i capelli praticamente bianchi. Quasi tutti oggi sanno che queste sono le caratteristiche fisiche delle persone albine. Spesso le conoscenze si fermano a questo. Non molti sanno che l’albinismo è una malattia rara, una anomalia ereditaria consistente nella deficienza di pigmentazione melaninica nella pelle, nell'iride e nella coroide, nei peli e nei capelli. Ne sono affette approssimativamente 1 persona su 17.000. Ancora meno persone sanno cosa significhi vivere da albini. Per capire tutto questi ci siamo rivolti ad Elisa Tronconi, presidente dell’associazione Albinit che ci ha spiegato dettagliatamente quali sono le problematiche fondamentali che un albino deve affrontare. “Nei bambini il problema sostanziale è il colore della pelle e dei capelli, quasi sempre oggetto di scherno da parte dei compagni di scuola. Il non potersi esporre al sole tanto quanto gli altri aggiunge spesso elementi di esclusione e discriminazione”.
Il problema della visione è quasi sempre severo negli albini, e gli strumenti compensativi offerti dalla scuola nella maggior parte dei casi non sono sufficienti. Lavagna luminosa e lenti di ingrandimento dovrebbero essere integrati maggiormente con la possibilità di disporre di testi ingranditi, e la presenza dell’insegnante di sostegno dovrebbe essere valutata al meglio per evitare che diventi un ulteriore elemento di esclusione sociale.
“Spesso tra gli albini ci sono bambini e ragazzi che scelgono percorsi lavorativi sicuri, non sono rare le persone che in passato si siano affidate ad associazioni di ciechi per ottenere un lavoro sicuro come centralinisti, piuttosto che proseguire gli studi. Uno dei nostri obiettivi è far capire ai ragazzi e ai loro genitori che non si devono limitare a causa dell’albinismo. Io mi sono laureata e ho conseguito due master pur vedendoci pochissimo. Non è stato semplice ma…la forza di volontà ha un ruolo determinante!”.
Negli adulti generalmente le problematiche fisiche rimangono tali, salvo l’aggravamento del problema della vista con il subentro della presbiopia, dopo i quarant’anni. La cattiva prevenzione invece può giocare un ruolo fondamentale per i problemi cutanei, se le persone affette da albinismo non utilizzano sempre protezioni solari totali possono incorrere in danni dermatologici gravi.
Per quanto riguarda invece l’aspetto psicologico nell’età adulta spesso le cose vanno meglio, anche se non per tutti. “Bisognerebbe vivere l’albinismo come una caratteristica fisica e non una malattia è dura, ma troppe persone vivono nella speranza di una medicina miracolosa che possa guarirli, perdendosi le cose belle della vita”
L’associazione Albinit è nata tre anni fa, dall’incontro di Elisa con la mamma di una bimba affetta da albinismo, in cerca di risposte. Da subito l’obiettivo che l’associazione si è prefigurata è stato fornire riferimenti scientifici precisi e validi.
“Purtroppo – spiega Elisa Tronconi – l’esperienza comune a tutti i nostri associati è una totale assenza di informazioni scientifiche, in particolare una diffusa impreparazione da parte dai pediatri di libera scelta e medici di base, propriamente coloro che devono fornire le prime informazioni ai genitori di figli albini”. In questo senso l’associazione si è mossa e continua a muoversi in tutte le direzioni per ottenere un percorso diagnostico in grado di indagare tutti gli aspetti della malattia: genetico, dermatologico, visivo, otorinolaringoiatrico e psicologico. L’unica risposta per ora è arrivata dall’Ospedale Niguarda, presso il quale ad oggi è attivo un percorso diagnostico completo per le persone affette da albinismo.
Albinit si propone una mission altrettanto fondamentale: divulgare informazioni sull’albinismo a tutti i livelli.
“Ci siamo mobilitati per attivare un percorso di conoscenza approfondita e sensibilizzazione sul tema, collaboreremo anche con un importante fotografo che si è già occupato del problema dell’albinismo in Africa. Vogliamo superare la classica rappresentazione dell’albino come malato, vogliamo far capire che l’albinismo è una condizione di vita, e che il pietismo nei nostri confronti è inutile e controproducente. In particolare vorremmo rendere un’immagine fiduciosa ai genitori di figli albini, far capire loro che si può superare il concetto di malattia.”
Il successo dell’associazione nasce dall’importanza della condivisione di una condizione tanto particolare quale quella dell’albinismo, e in questi pochi anni ha permesso a molte persone di incontrarsi, conoscersi e fare amicizia. “Al di là dei nostri incontri annuali sono nate tante belle amicizie – spiega la Tronconi – e la condivisione amplia ancor di più le soddisfazioni personali. Una nostra associata partecipa a gare di ballo internazionali, e una coppia di fratellini ha da poco scoperto una passione sfrenata per lo sci: nemmeno il sole li può fermare.”
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