La sindrome di Hunter è una malattia metabolica estremamente rara detta anche mucopolisaccaridosi di tipo II (MPS II), ed è causata dalla carenza dell'enzima iduronato-2-sulfatasi (IDS). Si tratta dunque di una malattia lisosomiale. Secondo le stime, al mondo vi sono meno di 10.000 persone colpite da questa patologia (la MPS II si presenta in circa 1 maschio su 100-170.000). La malattia è essenzialmente caratterizzata da macrocefalia, ritardo mentale e disturbi dell'umore e del carattere, che possono anche dare luogo a un'aggressività anormale.

In Italia, la sindrome di Hunter è inserita tra le malattie rare esenti. Il codice di esenzione della patologia è RCG140 (afferisce al gruppo "Mucopolisaccaridosi").

La sindrome di Hunter si manifesta in due forme che differiscono tra loro per la gravità dei sintomi e le aspettative di vita.
La più grave è la forma A, che insorge precocemente, può portare alla morte intorno al 15° anno di vita e ha molte analogie con un’altra forma di mucopolisaccaridosi, la malattia di Hurler. La variante A si caratterizza per lineamenti facciali grossolani, bassa statura, deformazioni ossee, rigidità articolare e ritardo mentale. L'esordio della malattia si verifica, di solito, tra i 2 e i 4 anni di età, con un progressivo coinvolgimento neurologico e somatico. I pazienti possono manifestare una grave degenerazione della retina, ma la cornea rimane caratteristicamente chiara. La diarrea cronica, legata all'interessamento del sistema nervoso autonomico, e forse anche a una disfunzione della mucosa, rappresenta un problema per molti dei pazienti giovani.
La forma B ha un'insorgenza più tardiva ed è anche meno grave, permettendo la sopravvivenza dei pazienti fino all’età adulta. La perdita di udito interessa praticamente la totalità dei pazienti. Sono comuni la sindrome del tunnel carpale e la rigidità articolare, che possono portare a una perdita di funzionalità. La mielopatia cervicale, dovuta a un restringimento del canale spinale e alla compressione dei nervi, è probabilmente più comune di quanto generalmente si riconosca. E' stata osservata una discreta opacità corneale, documentabile attraverso una lampada a fessura. L'elettroretinografia ha evidenziato una disfunzione della retina, ma molto meno estesa rispetto a quella presente nella forma A. E' stato documentato un papilledema cronico senza incremento della pressione endocranica, forse dovuto alla deposizione di glicosaminoglicani nella sclera con conseguente compressione del nervo ottico a livello intrasclerale.

Fonti, classificazioni e ulteriori informazioni su Orphanet.

 


La trasmissione della malattia è ereditaria e legata al cromosoma X. Le madri, ad ogni concepimento, hanno una probabilità del 50% di trasmettere il gene difettoso ai propri figli, siano essi di sesso maschile o femminile. I padri con la Malattia di Anderson-Fabry non trasmettono il gene difettoso ai propri figli maschi, ma solamente alle figlie femmine. In funzione di un complesso meccanismo genetico noto come inattivazione del cromosoma X, i soggetti eterozigoti sviluppano la malattia in forma lieve, moderata oppure classica. In genere sono i maschi a sviluppare i sintomi in maniera più forte ma in ogni caso, anche all’interno della stessa famiglia, la malattia può presentarsi con sintomatologie ed evoluzione clinica anche molto differente.

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