La rara patologia genetica è di difficile diagnosi. Triggiani: “Necessario sensibilizzare medici di medicina generale, pediatri e otorinolaringoiatri”
L’angioedema ereditario è una malattia a carattere genetico che colpisce circa un paziente su 50.000 ed è causata dall’assenza di una proteina del sangue, il C1 inibitore. Da ciò deriva la formazione di gonfiori (edemi) nella pelle, nelle mucose e negli organi interni. Il gonfiore può comparire sul viso, sulle mani e sugli arti e dura in genere due o tre giorni per poi scomparire spontaneamente: purtroppo, però, questi attacchi sono tanto brevi quanto ricorrenti.
“Gli edemi possono verificarsi anche nell’intestino, causando un forte dolore addominale che può facilmente essere attribuito ad una colica intestinale o ad un’appendicite - spiega il prof. Massimo Triggiani, docente di Allergologia e Immunologia clinica all’Università degli Studi di Salerno - Particolarmente rischiosa è la formazione di un edema nelle vie aeree superiori, che può portare alla morte per soffocamento!. La SIAAIC, Società Italiana di Allergologia, Asma e Immunologia Clinica, di cui il professor Triggiani è past president, ha in preparazione un documento di aggiornamento delle linee guida che sarà pubblicato nel 2015. L’angioedema ereditario rappresenta solo una ridottissima percentuale del ben più diffuso angioedema allergico, dovuto all’assunzione di determinati farmaci o alimenti. Esiste un registro italiano che raccoglie i dati di circa 1.500 pazienti in Italia, spesso interi nuclei familiari"
“Clinicamente la malattia è molto semplice da diagnosticare, eppure sono numerosi i casi non riconosciuti - chiarisce Triggiani - Occorre sensibilizzare i medici di medicina generale, gli otorinolaringoiatri, i pediatri e i medici del pronto soccorso, affinché in presenza dei sintomi tipici della malattia siano in grado di diagnosticarla. Per avere la conferma della malattia occorrerà poi eseguire un test specifico che misuri la presenza e l’attività della proteina C1 inibitore, e che si effettua con un normale prelievo di sangue.”
La maggior parte dei pazienti viene trattata solo quando ha un attacco, una percentuale minore viene messa in profilassi nel caso si verifichino attacchi frequenti e severi.
“Per questi casi – conclude Triggiani – gli ultimi progressi della ricerca hanno portato all’introduzione di due nuovi farmaci molto efficaci, da somministrare nell’attacco acuto: un C1 inibitore ricombinante (il conestat alfa) e un antagonista del recettore della bradichinina (l’icatibant). Fino a qualche tempo fa avevamo a disposizione solo il C1 inibitore estratto dal plasma.”
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