Hanno partecipato circa 1000 pazienti. La prevalenza minima stimata in Italia è risultata 1: 64.935.
Uno studio italiano, pubblicato sull’Orphanet Journal of Rare Diseases, ha presentato i risultati di un sondaggio nazionale eseguito da 17 centri italiani, facenti parte della rete ITACA, su pazienti affetti da Angioedema Ereditario C1-INH.
L’Angioedema Ereditario (HAE) è una malattia rara caratterizzata da episodi ricorrenti di edema; la sua frequenza stimata è di 1:50.000 nella popolazione mondiale (senza differenze razziali o di genere). I tipi 1 e 2 sono malattie a trasmissione autosomica dominante, causati dalle anomalie presenti sul gene SERPING1, che codifica per l'inibitore C1 (C1-INH). Nello specifico, il tipo 1 è causato dalla delezione o dall'espressione di un trascritto tronco che causa un difetto quantitativo di C1-INH mentre il tipo 2 è dovuto a mutazioni puntiformi, che causano un difetto qualitativo di C1-INH. C1-INH-HAE di tipo I è stimato in circa l'85% dei pazienti, il tipo II si verifica nel restante 15%. C1-INH-HAE si manifesta con episodi ricorrenti di edema della pelle, del tratto gastrointestinale e delle vie aeree superiori. La malattia è invalidante e l’edema laringeo, se non trattato, può portare addirittura all’asfissia e alla morte.
I pazienti di solito cominciano a presentare manifestazioni cliniche nell'infanzia e la frequenza degli attacchi aumenta solitamente intorno alla pubertà. A causa della rarità della malattia e al fatto che i sintomi clinici si sovrappongono a quelli di altre forme di angioedema, però, C1-INH-HAE è spesso mal diagnosticato. Di conseguenza, per i pazienti con C1-INH-HAE può trascorrere molto tempo tra il manifestarsi dei primi sintomi e la diagnosi. Negli ultimi anni comunque, come emerso dall’indagine eseguita dai ricercatori, il numero dei pazienti diagnosticati è aumentato; questo potrebbe essere legato al fatto che anche i pazienti più giovani hanno avuto la possibilità di ricevere una diagnosi corretta. L'età media al momento della diagnosi nei pazienti italiani è di 26 anni. Come spiegato dai ricercatori, lo studio eseguito non riporta i dati sul ritardo nella diagnosi (definita come il tempo tra l'inizio dei sintomi e la diagnosi), ma partendo dal presupposto che la maggior parte dei pazienti diventa sintomatica intorno alla pubertà si potrebbe stimare un ritardo minimo nella diagnosi di 10 anni. Inoltre esiste una notevole differenza di età media nella diagnosi tra i pazienti con C1-INH-HAE di tipo I e II (26 e 31 anni rispettivamente). Questa discrepanza potrebbe essere dovuta al fatto che la diagnosi di C1-INH-HAE di tipo II è realizzata grazie ad un test di limitata disponibilità.
Nello studio condotto nel nostro Paese sono stati coinvolti pazienti italiani che hanno ricevuto diagnosi di C1-INH-HAE tra l’anno 1973 e il 2013. La diagnosi di questa forma di HAE si basa sulla storia personale e famigliare del paziente e sulla carenza antigenica e/o funzionale di C1-INH.
Per ogni paziente sono stati raccolti i seguenti dati, estratti dalle cartelle cliniche: la data di nascita, la data della diagnosi, la condizione (vivi o morti), i livelli plasmatici di C1-INH e C4 alla diagnosi. I pazienti non erano sottoposti a trattamento profilattico al momento della misurazione dei parametri del complemento.
Sono stati 983 (53% donne) i pazienti coinvolti nello studio e tutti provenienti da 376 famiglie non imparentate tra loro.
C1-INH e C4 sono stati quantificati utilizzando tecniche immunochimiche come l’immunodiffusione radiale o la nefelometria; la funzionalità di C1-INH è stata misurata utilizzando un saggio immunoenzimatico o cromogenico.
La prevalenza minima di HAE stimata in Italia nel 2013 è risultata essere di 920: 59.394.000 abitanti, pari a 1: 64.935. Questo primo sondaggio nazionale di C1-INH-HAE in Italia ha offerto, dunque, il valore più alto mai registrato per questa malattia rispetto agli studi precedenti. I Pazienti di sesso maschile e femminile sono risultati essere equamente rappresentati, come ci si aspetta da una malattia a trasmissione autosomica dominante. Inoltre è emerso dallo studio che i pazienti elencati nel nostro database hanno un'aspettativa di vita più breve rispetto alla popolazione generale.
Per ridurre questa discrepanza -spiegano i ricercatori- è necessario raggiungere una maggiore consapevolezza sulla malattia.
Si potrebbe, in particolare, introdurre nello screening iniziale e nella diagnosi differenziale la misurazione dell’antigene C4. Tale parametro, infatti, permetterebbe di escludere la presenza di C1-INH-HAE con un'accuratezza maggiore del 95%. Infatti, sia nella forma C1-INH-HAE di tipo 1 che di tipo 2, si verificano riduzione di C4, mentre C3 rimane nei normali valori.
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