Il prossimo ostacolo da superare si chiama PFIC, colestasi intraepatica familiare progressiva, una rara malattia genetica

Noora stringe forte tra le braccia la sua piccola Ayeda mentre scende la scaletta dell'aereo. Che poi il verbo giusto è "corre". Perché Noora ha corso verso Francesca Lombardozzi, presidente di PFIC Italia Network ODV, la donna che l’ha aiutata a realizzare il suo sogno. Sogno alla realizzazione del quale anche noi di OMaR abbiamo contribuito. Si fa fatica a raccontare le emozioni che quelle immagini suscitano: due donne che si abbracciano come fossero due amiche che si rivedono dopo tanto tempo, un orso di peluche gigante portato da Francesca per la piccola Ayeda, che sembra abbracciarle a loro volta (clicca qui o sull'immagine dell'articolo per guardare il video). E la bambina in mezzo a loro. Dopo mesi di angoscia, paura e speranza, l'incubo è finito: Aydea, due anni appena, potrà finalmente ricevere le cure salvavita di cui ha urgente bisogno.

È una mattina di settembre che resterà per sempre impressa nel cuore di chi ha reso possibile questo miracolo di solidarietà. Sulla pista dell'aeroporto "Falcone e Borsellino" di Palermo, ad attendere la famiglia afghana c'era il personale della Croce Rossa con un'ambulanza pronta a trasportare Ayeda all'ospedale Ismett, che si è reso disponibile a prendere in cura la bambina. Insieme a Francesca, c’era anche Arianna Briganti, di Nove Caring Humans – organizzazione umanitaria attiva da anni in Afghanistan. Sono loro che, con il supporto di OMaR e delle Istituzioni, hanno mosso mari e monti per far arrivare questa famiglia in Italia. Ma adesso raccontiamo per bene questa storia, dall’inizio.

UNA CORSA CONTRO IL TEMPO

La storia di Ayeda inizia lo scorso giugno, quando i suoi genitori, rifugiati in Iran dopo essere fuggiti dall'Afghanistan, contattano disperati Francesca Lombardozzi, presidente dell'associazione PFIC Italia Network. La loro bambina ha la colestasi intraepatica familiare progressiva di tipo 1, una malattia genetica rara che colpisce le vie biliari e che, senza cure adeguate, porta inevitabilmente alla morte. "La malattia della piccola sta progredendo ed è impossibile per la sua famiglia tornare in Afghanistan, in quanto rifugiati", spiega Lombardozzi. In Iran non sono disponibili le terapie necessarie, il visto della famiglia sta per scadere e si profila il terrore di un rimpatrio forzato in Afghanistan, dove Ayeda non avrebbe accesso nemmeno alle cure di base. Come ha spiegato la madre, tornare in Afghanistan avrebbe significato la morte certa per sua figlia. “Sapere che saremmo arrivati in Italia è stata la notizia più bella della nostra vita", ha detto con la voce spezzata dall'emozione. Perché la PFIC di tipo 1 è una malattia molto grave: impedisce il corretto deflusso della bile, provocando accumulo di acidi biliari nel fegato e nel sangue. I sintomi sono devastanti – prurito severo, ittero, malnutrizione, ritardo della crescita – e la progressione della malattia conduce alla cirrosi epatica. Senza un trapianto di fegato, la morte è certa.

LA MOBILITAZIONE CHE HA FATTO LA DIFFERENZA

Di fronte a questa emergenza umanitaria, si è attivata una rete di solidarietà straordinaria. L'Osservatorio Malattie Rare, tramite Stefania Collet, responsabile della patient advocacy con esperienza nella cooperazione allo sviluppo, diffonde l'appello, l'agenzia Dire dà risonanza alla storia, Nove Caring si affianca a PFIC Italia Network. Ma a essere decisivi sono anche gli interventi di due rappresentanti delle istituzioni: Ilenia Malavasi, della Commissione XII Affari Sociali della Camera dei Deputati, che per prima ha contattato l’ambasciata italiana a Teheran, e Renato Schifani, presidente della Regione Siciliana, che ha reso possibile l’arrivo della famiglia in Italia. L'ospedale Ismett di Palermo, specializzato in trapianti, garantisce le cure, mentre la Croce Rossa organizza l'accoglienza.

"Nei mesi scorsi abbiamo contattato chiunque potesse darci una speranza", racconta Lombardozzi. "Ci siamo rivolti al Ministero degli Esteri, agli ospedali, a varie organizzazioni internazionali. Dovevamo fare in fretta perché non c'era molto tempo". E oggi, quando ha abbracciato la madre di Ayeda, ha vissuto un'epifania: "Ho capito che il diritto alla cura è davvero un diritto universale".

Ma questa storia, questa vittoria, porta con sé un’altra lezione preziosa: "Quando le istituzioni dialogano con le associazioni pazienti, ecco che si può fare davvero la differenza nella vita delle persone".

"Oggi è uno dei giorni più belli della mia vita", scrive emozionato su Facebook il presidente Schifani. "Di fronte al grido di aiuto della piccola Ayeda e della sua famiglia la Sicilia non si è voltata dall'altra parte". Le sue parole raccontano una mobilitazione che ha dell'incredibile: istituzioni, associazioni e cittadini uniti da un solo obiettivo, salvare una vita.

Anche l'onorevole Malavasi, che si è adoperata fin da subito coordinando gli sforzi istituzionali, non nasconde l'emozione: "Vedere il video dell'arrivo a Palermo di Ayeda e della sua famiglia è qualcosa che riempie il cuore. Sembrava impossibile e invece lavorare insieme ha reso questo viaggio della speranza una realtà". Le sue parole toccano il cuore della questione: "Sono queste le cose che ci ricordano che siamo tutti responsabili di ciò che accade intorno a noi, anche se succede a migliaia di chilometri di distanza. I ruoli non possono far perdere l'umanità".

Per Ilaria Ciancaleoni Bartoli, direttrice di OMaR, questa vittoria rappresenta qualcosa di più grande: "L'arrivo in Italia di Ayeda è un successo della solidarietà che nasce da un lavoro di squadra lungo e paziente". Non è la prima volta che l'osservatorio attiva sinergie simili: "Lo abbiamo fatto per curare in Italia un bimbo senegalese, lo abbiamo fatto per una ragazza ucraina con una rara malattia polmonare. Il network che abbiamo creato in 15 anni deve essere a servizio del bene dei pazienti, soprattutto di quelli che vivono in situazioni difficili. Per questo abbiamo anche scritto nei giorni scorsi alla ministra Locatelli per manifestare tutta la nostra disponibilità a far parte della cabina di regia appena istituita".

Arianna Briganti, vicepresidente di Nove Caring Humans, cattura l'essenza di questa giornata speciale: "La vita ti sorprende con la forza della gioia. Oggi abbiamo assistito a qualcosa di semplice e grandissimo: la possibilità, per una bambina di due anni, di cominciare a vivere la vita che ogni bambino dovrebbe avere. Perché non si tratta di un privilegio, ma di un diritto assoluto, irrinunciabile".

La storia di Ayeda è molto più di un salvataggio medico: è la dimostrazione che quando solidarietà, competenza e determinazione si uniscono, i miracoli diventano possibili. Ora Ayeda è nelle mani dei migliori specialisti dell'Ismett di Palermo. Il suo futuro, che fino a pochi giorni fa sembrava segnato, oggi assume una nuova prospettiva. E nel suo sorriso e negli occhi lucidi della sua mamma, c'è tutta la bellezza e la forza di quanto l’umanità può dare, quando lavora per il bene comune.

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