I trial di prima fase cominciati al San Raffaele serviranno a valutare, per ora, solo la sicurezza

Sgomberiamo subito il campo da dubbi: nessuno è ancora riuscito a curare la distrofia muscolare di Duchenne attraverso le staminali. C’è però tantissima ricerca, in buona parte sostenuta dell’associazionismo, che in un prossimo futuro potrebbe dare i suoi frutti, tra questo studi c’è anche la terpia genica che viene attualmente sperimentata al San Raffaele di Milano. Facciamo il punto su questa ricerca con Filippo Buccella, presidente di Parent Project onlus.    
A che cosa mira la sperimentazione clinica guidata dal prof Giulio Cossu del San Raffaele?
È uno studio giunto alla sperimentazione di prima fase sui pazienti e che è stato preceduto da sperimentazione sui cani. È una strada in cui crediamo molto anche se sappiamo che ci saranno tempi lunghi e che occorre parallelamente andare avanti sugli studi faramacologici. Questa sperimentazione si basa sul trapianto muscolare per via intra-arteriosa di particolari cellule staminali, i mesoangioblasti, le cui proprietà sono state scoperte proprio dal prof. Cossu. Le cellule in questione vengono prelevate con biopsia muscolare da fratelli o sorelle compatibili e ci si aspetta – ma di questo ne avremo conferma solo in una fase successiva – che vadano a rigenerare il tessuto muscolare danneggiato ripristinandone la funzionalità. La speranza è che questo tipo di terapia possa funzionare nei bambini più piccoli dove il danno è ancora limitato. Noi seguiamo gli studi del prof. Cossu fin dal 1998, quando ancora lavorava presso l’Università Sapienza di Roma. Lo abbiamo seguito ancora quando si è trasferito nel centro di ricerca di Castel Romano sostenuto da Capitalia e poi fino all’approdo al San Raffaele di Milano dove appunto da pochissimo è cominciata la sperimentazione sul primo bimbo. Sono tre i bimbi scelti per questa sperimentazione ma è importante dire chiaramente che quello che ci interessa vedere ora è se questo tipo di terapia sia tollerata e vedere che non abbia effetti collaterali tali da rendere impraticabile questa strada.
Concretamente che cosa hanno fatto i ricercatori in questo primo periodo di trial?
La sperimentazione prevede che questi tre bambini siano sottoposti a infusione di queste cellule staminali, dopo una terapia di immunosoppressione, per 4 cicli fatti a distanza di due mesi l’uno dall’altro. Al momento è stata fatta solo la prima somministrazione al primo bambini e a breve si farà lo stesso con gli altri. Gli occhi dei ricercatori ora sono puntati solo sulla loro salute, è quello che dobbiamo guardare in primo luogo. E una risposta chiara potremo darla solo dopo l’estate, quando tutti e tre avranno concluso i 4 cicli, per ogni altro tipo di valutazione è troppo presto e non vogliamo dare illusioni a nessuno.     
Ma sarà difficile fare in modo che i genitori non nutrano speranze sull’efficacia, o no?
I genitori che hanno deciso di far partecipare i figli a questa sperimentazione sono stati perfettamente informati, hanno ricevuto informazioni e preparazione ben oltre il semplice consenso informato, sono cinque anni che la nostra associazione sensibilizza i genitori su questi argomenti. È un lavoro molto delicato e le comunicazioni errate e trionfalistiche possono essere veramente nocive. Per questo noi siamo molto attenti, pure un po’ pignoli, quando si tratta di parlane con la stampa.
In base a che cosa avete scelto proprio questi tre bambini?    
È stato un processo lungo cominciato nel 2009. Innanzi tutto era necessario che questi bimbi avessero fratelli o sorelle sani in grado di donare le staminali. Ma prima di fare la scelta finale abbiamo dovuto fare un lungo studio per capire quale di questi bimbi avesse un andamento della malattia più regolare. Questo perché per la Duchenne non c’è un marcatore che renda possibile fare una misurazione oggettiva di come si sta evolvendo la malattia e il fenotipo, cioè le manifestazioni cliniche e il loro decorso, possono essere molto differenti. Era dunque necessario individuare dei bambini in cui ci fosse un andamento piuttosto regolare: solo così avremmo potuto capire se eventuali peggioramenti dopo la sperimentazione rientrano nel normale decorso o possono essere stati causati da questa. Per fare questo studio ci sono voluti 18 mesi, hanno partecipato 28 pazienti DMD reclutati attraverso il Registro Italiano Pazienti DMD/BMD di Parent Project Onlus e alla fine siamo arrivati a questi 3 bambini di età compresa tra i 6 e i 9 anni.
Da chi è stato finanziato questo studio? 
   
Lo studio è stato finanziato dalla Comunità Europea (Progetto Optistem) e co-finanziato da noi con l’aiuto anche di Telethon, CureDuchenne e del Ministero dalla Salute mentre la produzione cellulare è stata realizzata nei laboratori di MolMed.

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