Per la malattia oggi c’è una terapia efficace, Traslarna, e altre sono in avanzata fase di studio
In Italia, invece, è ancora fermo il DDL Taverna che mira ad allargare questa misura di prevenzione
La fine dell’anno si sta avvicinando e, tra i mille pensieri dedicati a che cosa fare la notte di capodanno, uno lo si potrebbe spendere per capire che cos’è e a cosa serve lo screening neonatale. A quanti si domandassero perché occuparsi di questo argomento proprio il 31 dicembre 2015 basta ricordare che entro tale data si sarebbe dovuto approvare il quarto emendamento della proposta di legge della senatrice Taverna, relativo all’inserimento nei LEA degli screening per la diagnosi precoce delle malattie metaboliche. Purtroppo però i lavori per portare a termine questo disegno di legge stanno andando a rilento.
Lo screening neonatale è uno strumento di prevenzione secondaria che consente di identificare alcune gravi patologie prima che si manifestino clinicamente, favorendo una diagnosi anticipata e una rapida presa in carico del paziente che può così avere accesso ai dovuti percorsi terapeutici, limitando i danni prodotti dalla malattia. Il dibattito sull’utilità e i vantaggi dello screening neonatale è sempre molto aperto: se, da una parte, esiste la reale possibilità di individuare i soggetti che possono sviluppare una malattia rara è anche vero che per poter comunicare ai pazienti ed ai familiari una notizia di questo tipo è bene disporre di test diagnostici probativi che confermino la sentenza e, soprattutto, di trattamenti in grado di arrestare o, quanto meno, arginare il corso della patologia. Dai test di screening neonatale ci si aspetta un alto livello di accuratezza diagnostica unita ad un basso costo di utilizzo che ne giustifichi l’applicazione a tutta la popolazione.
Purtroppo, le malattie rare con prognosi sfavorevole sono molte e non per tutte esistono test che possano essere inclusi in programmi di screening neonatale. Ancora più colpevolmente, in paesi come il nostro, il programma di screening neonatale obbligatorio comprende un numero troppo basso di malattie (solo ipotiroidismo congenito, fibrosi cistica e fenilchetonuria) mentre la decisione di adottare o meno programmi di screening metabolico allargato, grazie ai quali sarebbe possibile estendere fino a 60 il numero di malattie identificabili, rimane in mano alle singole regioni, con una pericolosa disomogeneità di scelte ed azioni che riducono nettamente il tasso di copertura. Negli Stati Uniti i programmi di screening sono una realtà fin dagli anni sessanta e, ad oggi, comprendono più di 50 patologie rare ma, come fa notare in un articolo pubblicato su Molecular Genetics and Metabolism la dott.ssa De-Ann Pillers del Dipartimento di Pediatria dell’Università del Wisconsin, la distrofia di Duchenne (DMD) non rientra tra queste.
La DMD è la più nota forma di distrofia muscolare della giovane età: il suo esordio avviene, mediamente, intorno ai 4 anni con la perdita di tono e forza muscolare e la conseguente riduzione dell’attività motoria, lasciando i pazienti nell’incapacità di camminare e costringendoli così alla sedia a carrozzelle. Questa patologia ha un decorso progressivo e, senza una presa in carico multidisciplinare, conduce alla morte in tarda adolescenza in seguito ad insufficienza respiratoria, infezioni polmonari o complicanze cardiache. Con una diagnosi precoce e le cure adeguate la sopravvivenza dei pazienti può arrivare anche oltre i 30 anni. Le cause della malattia risalgono a mutazioni a carico del gene che codifica per la distrofina, la proteina che collega le fibre di actina del citoscheletro alla matrice extracellulare e che risulta fondamentale nella stabilizzazione delle membrane delle fibre muscolari: nei pazienti affetti da DMD la distrofina risulta presente in bassissima quantità, se non addirittura assente, determinando l’atrofizzazione dei muscoli e rendendo sempre più difficile il movimento, compromettendo la marcia e provocando frequenti cadute. L’incidenza è di circa 1 caso su 3300 nati vivi e, dal momento che la DMD ha una modalità di trasmissione recessiva legata al cromosoma X, gli individui affetti sono tutti maschi. Le femmine possono essere portatrici e, solo in rarissimi casi, si ammalano. Nonostante il sospetto della malattia possa insorgere in seguito alla verifica di un poderoso innalzamento dell’enzima creatinfosofochinasi, la conferma diagnostica proviene solo da un’elettromiografia e da una biopsia muscolare.
Tuttavia, è fondamentale tener presente il ruolo del test genetico che può rilevare la presenza di un allele mutato e anticipare di molti anni la diagnosi di DMD. Nonostante, nel 30% dei casi la malattia non insorga su basi familiari, la possibilità di sottoporsi al test genetico è un’opzione in grado di offrire una lunga serie di vantaggi ai pazienti ed alle loro famiglie e, in uno studio americano di recente pubblicazione, sono stati resi noti i risultati di un modello che inserisce nei programmi di screening anche la DMD, confermandone l’utilità e la validità. Il test genetico per la DMD è rapido e individua con buona precisione i soggetti con delezioni del gene che codifica per la distrofina. Da anni è stato adottato in paesi come Canada, Belgio, Germania e Galles, dove il programma di screening ha evidenziato come sia possibile ridurre i ritardi diagnostici legati a questa malattia.
La difficoltà di estendere lo screening neonatale alla DMD è dovuta sostanzialmente alla mancanza di una terapia efficace e duratura contro la malattia, anche se la ricerca in questo campo sta facendo grossi passi avanti e proprio da poco, anche in Europa, è stato approvato un farmaco, Traslarna di PTC Therapeutics, capace di rallentare la progressione della malattia nei pazienti con mutazione nonsenso. Certo , non esiste ancora una cura definitiva e questo contribuisce a sollevare molti dubbi sulla possibilità di ampliare le fasce di popolazione da sottoporre al test. Ciononostante, negli ultimi mesi la ricerca ha compiuto grandi passi nella direzione di una cura in grado di aiutare i pazienti. Nel test del cammino dei 6 minuti ha fornito risultati eccezionali, legati ad un forte innalzamento della qualità di vita dei pazienti che, anche in questo caso, sono solamente un frazione del totale (circa il 10-15% dei malati) poiché Translarna agisce solo negli individui con mutazioni non-senso che bloccano la sintesi di distrofina. Oltre a questo farmaco, già approvato ed in uso, Sarepta Therapeutics ha avviato uno studio di fase II su nuovo farmaco (Eteplirsen) capace di aumentare la produzione di distrofina nei soggetti malati. Eteplirsen è un oligonucleotide “morpholino”, che favorisce la modificazione dell’mRNA che detta l’informazione per la traduzione della distrofina. In questo modo, riesce a correggere la mutazione consentendo la produzione della proteina. In particolare, il sito d’azione del farmaco comprende l’esone 51 dal momento che, in più del 13% dei pazienti, sono state riscontrate mutazioni che includono questa regione. Infine, anche Italfarmaco sta studiando un nuovo farmaco (Givinostat) che, agendo come un inibitore delle istone deacetilasi, sembra in grado di rallentare la progressione della malattia. Grazie al coinvolgimento diretto di Parent Project Onlus, un’associazione di pazienti con DMD, è stato possibile avviare un trial clinico per la sperimentazione del farmaco, con la possibilità di ottenere a breve risultati incoraggianti.
In aggiunta a tutto ciò e in associazione al test genetico c’è la possibilità di monitorare i pazienti, effettuando il dosaggio della creatinchinasi per seguire l’evoluzione della sintomatologia: nonostante esistano diverse scuole di pensiero sul momento migliore in cui rilevare il valore, è innegabile l’interesse per la fase pre-sintomatica della malattia. Tutto ciò serve a ricordare che la ricerca clinica e scientifica non si fermano e che presto potrebbe essere disponibile una terapia per la DMD grazie alla quale rivedere le linee di giudizio che hanno portato all’esclusione della DMD dai protocolli di screening neonatale. La prospettiva di una cura, la possibilità di effettuare follow-up in tempi precisi e il ruolo dello screening neonatale convergono in una sinergia medica che potrebbe cambiare la vita alle migliaia di persone che oggi non hanno una speranza per il futuro.
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