De Cristofaro, Università Cattolica Roma: “Lo sport è benessere fisico, psicologico, sociale ed emotivo”.
I farmaci a emivita prolungata possono migliorare anche la propensione all’attività sportiva
I successi della squadra azzurra nelle varie discipline sportive alle Olimpiadi invernali di PyeongChang 2018 costituiscono lo spunto perfetto per una domanda che echeggia nella mente di molti ragazzi affetti da emofilia: “potrò mai cimentarmi anche io in uno sport senza mettere a repentaglio la mia salute?” Esistono almeno due modi per tentare di rispondere a questa domanda: quello più prettamente scientifico di tipo interventistico e quello sociale di stampo più osservazionale. Se il primo è la risposta dell’universo dei ricercatori e, come tale, parte da dati numerici per giungere a conclusioni statistiche, il secondo scaturisce dall’incontro con i pazienti stessi e ne esamina i bisogni e le necessità per tradurli in reali possibilità. Il punto di incontro di entrambe le opzioni definisce la migliore risposta possibile.
Il modo migliore per interpretare il punto di vista dei pazienti è probabilmente quello scelto dai responsabili del progetto Emofilia Limitizero che pone al centro un gruppo di soggetti emofilici di età compresa tra i 16 e 19 anni i quali, sfruttando i più moderni canali di comunicazione, sono stati in grado di raccontare in modo diretto ed esaustivo, e senza tralasciare le proprie aspirazioni, la malattia in tutti i suoi limiti. Limiti che, come ampiamente dimostrato, possono essere abbattuti. I ragazzi e le ragazze che nel pieno della loro adolescenza affrontano la malattia sono determinati a superare gli ostacoli che li rendono diversi dagli altri, analogamente a quanto dimostrato anche dai risultati di uno studio osservazionale promosso dall’AICE (Associazione Italiana Centri Emofilia) da cui emerge che, nonostante le difficoltà motorie e la tensione generata dal rischio collegato all’attività fisica, due ragazzi su tre si cimentano in un qualche genere di attività sportiva.
Ma allora quale tipo di attività fisica e di sport dovrebbero praticare i giovani emofilici per migliorare il proprio benessere senza mettere a repentaglio la loro salute?
Una buona risposta la offre il prof. Raimondo De Cristofaro, del Servizio Malattie Emorragiche e Trombotiche dell’Università Cattolica S. Cuore di Roma che, citando uno studio di valutazione dell’attività sportiva in pazienti con emofilia, chiarisce che “Il nuoto è sicuramente lo sport più opzionato dai giovani emofilici con il 34% delle preferenze, seguito da una generica attività sportiva e dalla camminata (24%) e poi da un gruppetto di sport scelti dal 15% dei ragazzi e delle ragazze e che comprende calcio, corsa, tennis, basket, sci, karatè e ginnastica in acqua”.
“Lo sport in generale è una fonte di benessere non solo fisico ma anche psicologico, sociale ed emotivo”, prosegue De Cristofaro. “I soggetti emofilici rivelano di poter raggiungere livelli di attitudine fisica, forza e capacità aerobica non inferiori ai coetanei non coagulopatici a testimonianza delle loro capacità di cimentarsi in varie discipline sportive”. La maggior parte dei medici coinvolti nello studio conferma il ruolo del nuoto, della bicicletta e della ginnastica a fronte di uno scarso livello di rischio per il paziente. Esistono giudizi contrastanti per hockey, judo e karatè mentre è ritenuto decisamente svantaggioso – e quindi da evitare – il rugby. Sul mondo del calcio, del basket, dello sci e della pallavolo la spaccatura è divenuta più evidente con molti medici che si sono pronunciati a favore e molti altri contro. “Ciò su cui quasi tutti concordano” – afferma De Cristofaro declinando nelle regole per una buona profilassi i consigli da rivolgere al paziente emofilico per affrontare nel modo migliore l’attività sportiva – “è proprio il ruolo assegnato alla terapia profilattica ritenuta essenziale per permettere ai bambini emofilici di dedicarsi all'attività fisica senza rischi di sanguinamento, a prescindere dalla disciplina scelta”.
In maniera parallela, l’universo scientifico propone delle risposte altrettanto concrete alla domanda di partenza, portando all’attenzione i risultati di due studi presentati nel corso dell’International Society on Thrombosis and Haemostasis (ISTH) tenutosi lo scorso luglio a Berlino. Nell’occasione il perno del discorso è stato il miglioramento della qualità di vita raggiungibile grazie al trattamento dell’emofilia di tipo A e B, rispettivamente con rFVIIIFc (Elocta) e rFIXFc (Alprolix).
Sia l’emofilia di tipo A che quella di tipo B sono due forme di patologia con un impatto devastante sulla qualità di vita dei giovani pazienti tanto da necessitare il ricorso a continui trattamenti per evitare il rischio di sanguinamenti anche di grave entità. L’elaborazione di Haemo-QoL-A, un algoritmo appositamente progettato per calcolare la qualità di vita dei pazienti emofilici e che racchiude diversi parametri dal benessere fisico alla propensione a fare sport, dal livello di compliance al trattamento fino alla percezione del futuro, si è rivelata di grande utilità per dare un significato ai numeri emersi dai due studi clinici di induzione A-LONG e B-LONG e, successivamente, nei due di mantenimento ASPIRE e B-YOND.
Dei 105 pazienti affetti da emofilia A inclusi nel trial A-LONG e trattati con Elocta, 80 hanno proseguito il trattamento nello studio di estensione ASPIRE mantenendo una buona qualità di vita per un periodo fino a 24 mesi. Parallelamente, dei 67 pazienti con emofilia B arruolati nello studio B-LONG in trattamento con Alprolix, 44 hanno ottenuto una risposta mantenutasi, in molti casi, all’interno dello studio B-YOND fino a 24 mesi. In entrambe le situazioni i parametri per i quali sono stati osservati i miglioramenti più consistenti e più stabilmente mantenutisi sono stati proprio il benessere fisico e la propensione all’attività fisica.
Una conferma solida e importante che, seppure colpiti da questa delicata patologia, i ragazzi emofilici non possono e non devono rinunciare alla vita di tutti gli adolescenti. E se pretendere di partecipare alle Olimpiadi è forse esagerato, vincere alle Olimpiadi del Benessere è un traguardo decisamente alla portata.
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