emofilia, dottoressa Cristina SantoroDr.ssa Cristina Santoro: “ Il dolore deve essere sempre trattato, ma prima ancora prevenuto”

L'emofilia è una malattia emorragica congenita, caratterizzata dalla totale assenza nelle forme gravi, o dalla riduzione nelle forme moderate/lievi, del fattore VIII (FVIII) della coagulazione in caso di emofilia A o del fattore IX (FIX) in caso di emofilia B. Ciò si riflette in una mancata o ridotta coagulazione del sangue e quindi nell’occorrenza di episodi emorragici, soprattutto a livello di articolazioni e muscoli. Pertanto l'emofilia che è tradizionalmente considerata una malattia emorragica, può anche essere vista conseguentemente come un disturbo che colpisce il sistema muscolo-scheletrico”. A spiegarlo è la dr.ssa Cristina Santoro, ematologa dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico Umberto I di Roma.

Il ripetersi dei sanguinamenti a livello delle articolazioni (emartri) danneggia in maniera permanente le articolazioni colpite, fino a condurre alla disabilità. Pertanto, ripristinare la coagulazione del sangue e quindi mantenere la salute del sistema muscolo-scheletrico dei pazienti sono due obiettivi strettamente correlati. È essenziale prevenire i sanguinamenti nelle articolazioni, e se si verificano, trattarli rapidamente. Oggi, il metodo migliore per farlo è somministrare ai pazienti un trattamento sostitutivo di profilassi con il concentrato di FVIII o di FIX, a partire da un'età precoce e soprattutto prima che si siano già verificati degli emartri e prima che si stabilisca un danno articolare. Al trattamento medico va poi associato il regolare esercizio fisico e in alcuni casi la fisioterapia. I vantaggi della profilassi rispetto al solo trattamento al bisogno (on demand) sono ormai ben consolidati, e sono stati osservati anche quando la profilassi è iniziata in pazienti adulti o anziani e la profilassi attualmente è considerata il “gold standard” della terapia dell’emofilia.

I pazienti adulti, e soprattutto i più anziani, sono talmente abituati al dolore che solitamente non hanno delle richieste particolari rispetto a questo tema, perché non si aspettano dal medico delle risposte soddisfacenti: la cultura della terapia del dolore, anche nel nostro ambito, fino ad oggi non è stata poi così approfondita”. Ma alcuni recenti dati ci dimostrano che circa il 50% dei pazienti adulti convive con un dolore cronico. Parliamo dei dati preliminari dello studio PROBE – Patient Reported outcomes, Burdens and Experiences - che provengono dall'analisi di 2.100 questionari compilati in 21 Paesi, tra cui l'Italia attraverso la partecipazione di FedEmo, sono stati presentati nel corso del congresso della World Federation of Hemophilia, che si è svolto a Glasgow dal 20 al 24 maggio 2018. Dallo studio PROBE emerge un dato drammatico: il 52,98% delle persone con emofilia che ha risposto al questionario ha riferito di convivere con un dolore cronico.

“Non tutti i tipi di dolore sono uguali, ma il dolore deve comunque essere sempre considerato un importante campanello d’allarme. Il dolore negli emofilici adulti è dovuto maggiormente all'artropatia sviluppata negli anni, nei bambini, invece, è solitamente causato da un evento acuto, un emartro o un ematoma. Fortunatamente, grazie alla profilassi, questi eventi acuti sono sempre meno frequenti.” Ad oggi inoltre l’arrivo dei farmaci ad emivita prolungata ci ha fornito un’arma in più molto importante nella prevenzione degli episodi emorragici.

La ridotta frequenza degli episodi emorragici non vuol dire che questi siano meno importanti: “Il dolore deve essere sempre trattato. Noi ematologi però non siamo sempre preparati ad indagarlo, valutarlo e trattarlo correttamente. Per questo motivo è necessario un team multidisciplinare al servizio dei pazienti: ematologi, terapisti del dolore, fisioterapisti e fisiatri devono lavorare insieme per prendere in carico tutti i bisogni dei pazienti, perché la qualità della vita, l’autonomia e una vita libera dal dolore sono a tutti gli effetti necessità fondamentali delle persone con emofilia. Il progetto HAEMODOL è uno strumento utile per migliorare le nostre conoscenze sul dolore e offrire ai nostri pazienti una soluzione a un problema che impatta pesantemente sulle loro vite. Al di là di trattare il sintomo però è fondamentale prevenirlo, con una terapia corretta e il più possibile personalizzata.”

Oggi i farmaci a emivita prolungata sono in grado di ridurre i sanguinamenti e l’artropatia correlata, con un numero di infusioni inferiore rispetto ai farmaci tradizionali. “Ciò ha un enorme impatto sulla qualità di vita dei pazienti: la riduzione delle infusioni è più evidente per i farmaci a lunga emivita di FIX, che permettono di passare da due a una sola infusione settimanale per i bambini, e addirittura a una ogni due settimane per gli adulti, ma anche con i farmaci a lunga emivita di FVIII è possibile ridurre le infusioni fino a una ogni 5 giorni nel 30% dei casi. Il tutto offrendo una maggiore protezione del benessere articolare di questi pazienti.”

Neanche il dolore legato all’ago  dell’infusione, sebbene transitorio, è da sottovalutare: le ripetute infusioni, infatti, non sono piacevoli e possono causare fastidio o dolore. “Nel bambino è veramente impegnativo eseguire l’infusione 3 volte a settimana o a giorni alterni, ma anche nell’adulto ci possono essere difficoltà. Il patrimonio venoso può subire danni, fino a rendere difficile trovare un accesso vascolare. Si tratta di un problema sia fisico che psicologico: il dolore e la paura dell'ago possono portare a una scarsa aderenza alla terapia. Per questo motivo, i nuovi farmaci a emivita prolungata possono sicuramente favorire una migliore gestione della terapia con un conseguente aumento dell’aderenza del paziente alla terapia”.

Per approfondire leggi anche "Dolore in emofilia, il progetto Haemodol e le linee guida nazionali".

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