“Lo studio RODIN pubblicato sul NEJM è certamente uno studio ampio ma ha tutti i limiti di uno studio osservazionale, cosa ben diversa da uno studio clinico randomizzato. Proprio per questo ritengo che i risultati ottenuti non cambino nulla nella gestione clinica del paziente”. A dirlo ad Osservatorio Malattie Rare è il Prof. Pier Mannuccio Mannucci, Direttore Scientifico della Fondazione IRCCS Ospedale Maggiore di Milano, certamente uno dei maggiori esperti di questa patologia in Italia.


“Per quanto riguarda in maniera specifica i risultato ottenuti dal Rodin – aggiunge – non mi sembra proprio che  siano dirimenti, non è il primo studio di questo genere e ce ne sono altri che hanno dati anche risultati diversi. Per quanto riguarda poi nello specifico la differenza tra i ricombinanti di diverse generazioni non vedo il motivo per cui dovrebbero avere un impatto diverso nel generare l’inibitore. Ciò per cui si distinguono è la presenza di albumina, e nel registrarli è stata fatta solo una questione di sicurezza, più teorica che reale. Solo studi randomizzati possono eventualmente dimostrare delle differenze nel generare l’inibitore”.

“Se vogliamo avere risultati scientificamente importanti per quello che riguarda lo sviluppo dell’inibitore nei pazienti trattati per l’emofilia con i diversi prodotti a disposizione – aggiunge – dovremo aspettare circa un anno, quando sarà completato uno studio randomizzato, attualmente in fase di arruolamento”. Il riferimento è allo studio SIPPET che prevede l’arruolamento, in circa 27 paesi, di 300 bambini emofilici mai trattati prima.  Attualmente sono già stati arruolati circa 200 pazienti.     

 

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