Un gruppo di ricerca internazionale, coordinato dal Dipartimento di Medicina sperimentale dell'Università di Perugia e dalla Mc Master University (Hamilton, Canada) in collaborazione con l'Associazione italiana dei centri di emofilia (Aice) e grazie anche a un finanziamento Telethon ha individuato una molecola in grado di bloccare gli anticorpi scatenati dall'organismo in reazione alle terapie a cui si sottopongono le persone con emofilia, denominati ‘inibitori’. Lo studio è stato pubblicato di recente sulla rivista scientifica The Journal of Clinical Investigation.
L'emofilia è una malattia ereditaria dovuta a un difetto della coagulazione del sangue, che si distingue in due forme, A e B, a seconda del fattore mancante (rispettivamente VIII nella A e IX nella B) e che impedisce al sangue di coagularsi correttamente, provocando così gravi emorragie. Oggi i pazienti con emofilia ad oggi riescono ad avere una buona qualità di vita grazie alla terapia sostitutiva, che consiste nell'infusione del fattore mancante. Purtroppo però, nel tempo, un numero significativo di pazienti (circa il 20-30%) possono sviluppare anticorpi diretti contro la terapia, rendendola così inefficace.
I ricercatori hanno riscontrato che i pazienti con emofilia A che sviluppano anticorpi contro il fattore VIII presentano un difetto nell’espressione e nella funzionalità dell’enzima indoleamina deossigenasi (IDO1), che catalizza la conversione dell’aminoacido essenziale triptofano in chinurenine. Questa proprietà conferisce a IDO la capacità di inibire la risposta immunitaria sia causando la deplezione dal microambiente di triptofano, che è necessario ai linfociti T per proliferare ed espandersi, sia producendo metaboliti che possono causare l’apoptosi dei linfociti T.
Gli scienziati hanno dunque sperimentato sul modello murino affetto da emofilia A la somministrazione di questa molecola, osservandone la capacità di inibire lo sviluppo di anticorpi contro il fattore VIII e preservare così l'efficacia della terapia. Un risultato molto importante, secondo i ricercatori, per i pazienti in attesa delle nuove prospettive aperte, per esempio, dalla terapia genica. Infatti, grazie a questa tecnica, in futuro si potrebbe correggere il difetto alla base dell'emofilia tramite l'utilizzo di un virus opportunamente modificato in grado di trasportare una versione corretta del gene difettoso in questi pazienti. Ma nel frattempo occorre migliorare l'efficacia della terapia attualmente disponibile, che rappresenta il trattamento di prima scelta per questa malattia.
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