Proteinuria, eGFR e analisi istologiche dovrebbero essere gli endpoint chiave degli studi clinici sulla patologia: a stabilirlo un apposito panel di esperti
Uno studio pubblicato sul Clinical Journal of the American Society of Nephrology presenta le conclusioni di un panel di esperti internazionali incaricato di valutare su quali parametri clinici debba basarsi la misurazione dell’efficacia delle terapie in sperimentazione per la glomerulopatia da C3 (C3G). Il gruppo di lavoro è stato istituito dalla Kidney Health Initiative (KHI), un partenariato pubblico-privato tra l’American Society of Nephrology e la Food and Drug Administration (FDA) nato con l’obiettivo di supportare lo sviluppo di trattamenti innovativi per le malattie renali rare.
UNA MALATTIA RARA E PROGRESSIVA, DALLE FORME SILENTI A QUELLE ACUTE
La glomerulopatia da C3 (C3G) è una rara malattia renale causata dall’iperattivazione della via alternativa del sistema del complemento, che determina la deposizione di frammenti della proteina C3 nei glomeruli e induce uno stato infiammatorio persistente a carico dei reni. La patologia può manifestarsi con quadri clinici molto eterogenei, che spaziano da semplici alterazioni urinarie asintomatiche fino a sindromi nefrosiche o nefritiche acute. In circa la metà dei pazienti, la C3G evolve verso l’insufficienza renale terminale nel giro di 10–15 anni dalla diagnosi.
UNA PROCEDURA IN PIÙ FASI PER AFFRONTARE UNA PATOLOGIA COMPLESSA
Su richiesta della Divisione di Cardiologia e Nefrologia della FDA, la Kidney Health Initiative ha avviato un progetto, articolato in più fasi, con l’obiettivo di individuare parametri clinici condivisi e affidabili per valutare l’efficacia dei trattamenti in sperimentazione per la glomerulopatia da C3. In una prima fase, il lavoro è stato condotto da due sottogruppi di esperti – composti da clinici e ricercatori accademici – incaricati di analizzare, separatamente, le evidenze disponibili e le principali criticità emerse dagli studi in corso. Le conclusioni sono poi state discusse in una riunione plenaria che ha coinvolto l’intero panel di esperti del gruppo di lavoro, compresi rappresentanti delle agenzie regolatorie e delle associazioni di pazienti. Questo confronto ha permesso di delineare criteri condivisi su cui basare la valutazione dell’efficacia dei nuovi trattamenti.
I PARAMETRI CLINICI SU CUI VALUTARE L’EFFICACIA DEI TRATTAMENTI
Il panel di esperti ha concentrato il proprio lavoro su tre parametri clinici ritenuti centrali per valutare il possibile beneficio delle terapie in sperimentazione: la proteinuria, la velocità di filtrazione glomerulare stimata (eGFR) e le alterazioni osservabili a livello istologico nei campioni bioptici di tessuto renale. L’analisi ha riguardato sia il significato clinico di ciascun indicatore sia la solidità delle evidenze oggi disponibili a supporto del loro utilizzo.
La proteinuria rappresenta un marcatore classico di danno glomerulare. Riduzioni significative del livello di proteine nelle urine, in particolare nei primi mesi di trattamento, sono state associate a una minore probabilità di progressione verso l’insufficienza renale, sebbene la maggior parte dei dati disponibili provenga da studi osservazionali. È importante notare che la proteinuria può anche riflettere danni renali strutturali irreversibili: per questo, la sua interpretazione deve essere sempre accompagnata da altre misure.
L’eGFR, ovvero la stima della velocità di filtrazione glomerulare, è un parametro chiave per monitorare l’andamento della funzione renale. Un rallentamento o una stabilizzazione nel declino dell’eGFR possono suggerire l'effetto protettivo di un farmaco sulla salute dei reni, ma un periodo di osservazione di sei mesi potrebbe non essere sufficiente per rilevare cambiamenti duraturi in questo parametro, e i risultati possono essere influenzati anche da effetti temporanei dei farmaci.
L’istopatologia consente di verificare l’impatto di un trattamento direttamente sul tessuto renale, attraverso l’analisi delle biopsie. In particolare, uno degli aspetti osservati nella C3G è la presenza di depositi glomerulari di determinati componenti del sistema del complemento, come il C3c, che rappresenta un frammento della proteina C3. Una riduzione di questi depositi, insieme al miglioramento delle lesioni infiammatorie, può essere considerata un possibile segnale di efficacia per i farmaci che agiscono proprio su questo meccanismo. Tuttavia, l’interpretazione di questi dati è resa complessa dalla variabilità nei metodi di prelievo e lettura dei campioni, oltre che dall’assenza di valori di riferimento validati che indichino con certezza un cambiamento clinicamente rilevante.
CONCLUSIONI: EFFICACIA BASATA SU PIÙ INDICATORI
Il gruppo di lavoro ha concluso che un trattamento per la C3G può essere considerato efficace se produce miglioramenti significativi in tutti e tre i parametri clinici analizzati: proteinuria, funzione renale e aspetti istopatologici. Tuttavia, anche in assenza di risultati pienamente coerenti in tutti e tre i parametri sopra citati, una terapia potrebbe essere ritenuta clinicamente valida se è in grado di ridurre la proteinuria e di stabilizzare o migliorare la velocità di filtrazione glomerulare.
Per superare le attuali incertezze, gli esperti raccomandano di promuovere una stretta collaborazione tra comunità scientifica e industria e di istituire un archivio centralizzato di dati clinici e bioptici. Questa infrastruttura permetterebbe di affinare i criteri con cui valutare la risposta terapeutica e di migliorare la progettazione dei futuri studi clinici dedicati alla glomerulopatia da C3.
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