Maria Michela D'Alessandro

La dr.ssa Maria Michela D'Alessandro (Palermo): “Ora il trattamento con lumasiran consentirà al ragazzo di mantenere la funzione renale residua il più a lungo possibile”

Palermo – Due trapianti di rene (uno da donatore vivente e uno da cadavere) non sono stati sufficienti a fermare la malattia di Giulio, l'iperossaluria primitiva di tipo 1: il ragazzo, infatti, è tuttora affetto da insufficienza renale cronica di IV stadio, il penultimo in ordine di gravità. A raccontare il caso clinico è la dr.ssa Maria Michela D'Alessandro, responsabile dell'Unità Operativa Complessa di Nefrologia Pediatrica dell'Ospedale “Giovanni Di Cristina” ARNAS Civico di Palermo. Giulio (nome di fantasia) dall'età di 11 anni è stato seguito presso il reparto dell'ospedale palermitano per una calcolosi recidivante: lì ha effettuato uno screening metabolico per calcolosi renale che ha evidenziato un'iperossaluria, confermata poi nel corso dei controlli successivi.

L'indagine genetica, infine, ha identificato una mutazione nel gene AGXT: ciò ha portato i medici a diagnosticare una rara malattia ereditaria del metabolismo, l'iperossaluria primitiva di tipo 1. Questa condizione è caratterizzata da un'eccessiva produzione, a livello epatico, di ossalato, un prodotto terminale del metabolismo che riconosce nell'emuntorio renale l'unica via di eliminazione. Il suo eccesso determina a livello renale la formazione di cristalli insolubili, con conseguente sviluppo di calcoli renali ricorrenti, nefrocalcinosi, insufficienza renale progressiva e danno multiorgano da ossalosi sistemica.

L'iter diagnostico dell'iperossaluria primitiva prevede un percorso che include una valutazione anamnestica e clinica, nonché uno studio metabolico e genetico ogniqualvolta si presenti un paziente con calcolosi renale recidivante o nefrocalcinosi. Inoltre, non è da sottovalutare l'importanza dello screening familiare”, spiega la dr.ssa D'Alessandro.

Giulio ha praticato gli unici trattamenti allora disponibili: l'iperidratazione (ovvero l'assunzione di acqua) e la terapia con citrato di potassio e piridossina (vitamina B6). Il beneficio di queste cure, però, si è rivelato scarso, e l'insufficienza renale cronica è progredita: all'età di 15 anni il ragazzo è stato costretto ad iniziare dapprima la dialisi peritoneale e poi l'emodialisi trisettimanale. Successivamente Giulio è stato seguito presso un'altra struttura e, all'età di 23 anni, ha effettuato un trapianto renale da donatore vivente.

A due anni dal trapianto, però, si presenta una progressiva insufficienza renale, secondaria a recidiva di ossalosi sul rene trapiantato. Il giovane deve quindi essere sottoposto a un secondo trapianto, questa volta da cadavere, ma anche in questo caso il controllo bioptico sul rene evidenzia una recidiva di ossalosi. Perché il paziente, nonostante i due trapianti, ha avuto delle recidive? “La scelta del rene da trapiantare (da donatore vivente o da cadavere) dipende dalla volontà dei genitori a donare, e quindi dalla disponibilità e dalla compatibilità dell'organo da trapiantare”, prosegue la nefrologa. “In questo caso entrambe le soluzioni hanno portato a recidive di ossalosi, perché il trapianto di rene non è la terapia risolutiva per l'iperossaluria primitiva: in genere, solo il doppio trapianto fegato-rene è in grado di prevenire le recidive. Oggi, inoltre, sono disponibili altre strategie terapeutiche come quella con il farmaco lumasiran, un'innovativa molecola che si basa sulla tecnologia di RNA interference (RNAi)”.

Giulio, infatti, oltre alla consueta terapia conservativa, nel luglio scorso ha iniziato il trattamento con lumasiran, con l'obiettivo di rallentare la progressione dell'insufficienza renale cronica. “Le prospettive e le speranze del ragazzo sono di mantenere la funzione renale residua il più a lungo possibile. La terapia con lumasiran, inoltre, potrebbe prevenire la recidiva su un ulteriore trapianto renale, consentendogli una migliore qualità di vita”, conclude la dr.ssa D'Alessandro. “Questo caso clinico ci insegna che di fronte ad un paziente con calcolosi renale recidivante bisogna sospettare sempre l'iperossaluria e attivare un percorso di sorveglianza individuale, monitorando le condizioni cliniche e l'eventuale evoluzione”.

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