Dottoressa Maria Rosaria D'ApiceLa dr.ssa D'Apice (Roma Tor Vergata): “Prima non si poteva esaminare più di un gene alla volta, oggi siamo in grado di testare fino a 13 geni contemporaneamente”

ROMA – Con il vecchio metodo Sanger, un test genetico poteva durare anche un anno: non tanto per i tempi del sequenziamento vero e proprio, quanto per quelli dovuti all'analisi dei dati. Ora, con il sequenziamento di nuova generazione (NGS) che l'ha sostituito, il processo non supera i due-tre mesi. Ormai, tutti i laboratori che svolgono indagini genetiche utilizzano questa nuova tecnologia, utile soprattutto per le malattie rare, o comunque per quelle che presentano un'eterogeneità genetica, come nel caso della lipodistrofia. Nel Laboratorio di Genetica Medica del Policlinico di Roma Tor Vergata, dove lavora la dr.ssa Maria Rosaria D'Apice, l'NGS è in uso dal 2013.

“Prima non si poteva sequenziare più di un gene alla volta, oggi siamo in grado di testare fino ad alcune centinaia di geni candidati contemporaneamente, tutto l'esoma o addirittura tutto il genoma, con una complessità crescente”, spiega la dottoressa. Un metodo che ha permesso di ridurre il ritardo diagnostico di tante malattie rare, comprese le lipodistrofie familiari e congenite, caratterizzate da una distribuzione alterata del grasso corporeo e classificate in due grandi sottotipi.

Nella forma familiare parziale, che esordisce verso la seconda decade di vita, avviene una perdita di grasso sottocutaneo solo in alcune parti del corpo, cioè gambe, braccia e addome, mentre si verifica un accumulo nel viso, nel collo e nella regione occipitale. Nella forma congenita, invece, con età di esordio alla nascita o nella prima infanzia, si ha una mancanza generalizzata del grasso sottocutaneo e un'alterazione metabolica che porta a insulino-resistenza e diabete. Esistono poi sottotipi estremamente rari, associati a quadri sindromici di invecchiamento precoce.

“Questo gruppo di patologie è caratterizzato da eterogeneità genetica, per cui, ad oggi, sono note 13 diverse forme causate ognuna da un gene differente, tranne la lipodistrofia familiare di tipo 1 (FPLD1), che non è stata ancora associata ad alcuna mutazione. Prima dell'avvento dell'NGS si procedeva analizzando un gene probabile alla volta, ritardando di conseguenza la diagnosi”.

Conoscere il gene mutato – conclude la dr.ssa D'Apice – è quindi essenziale per gestire le complicazioni della malattia: alcuni pazienti, ad esempio, sono predisposti ad alterazioni metaboliche severe, a miopatia e a malattie cardiovascolari”.

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