La malattia di Pompe, o glicogenosi di tipo 2 (GSD2), è una condizione in cui la mancanza di un enzima, noto come alfa-glucosidasi acida (GAA), sfocia in un accumulo di glicogeno presso diversi organi, un processo dalle conseguenze potenzialmente fatali. Da ormai diversi anni, una terapia di sostituzione enzimatica (ERT) viene impiegata allo scopo di fornire ai pazienti l'enzima deficitario, prevenendo così i danni da eccesso di glicogeno. In un recente studio, i ricercatori americani della Duke University School of Medicine sono giunti a risultati che sembrano suggerire nuove vie di cura per questa grave malattia.

Il glicogeno è una molecola che funge da riserva energetica di zucchero e che viene normalmente immagazzinata nei lisosomi, corpuscoli situati all'interno delle cellule. Poiché la sostanza è presente soprattutto nei tessuti cellulari del fegato, del cuore e del muscolo scheletrico, sono questi gli organi ad essere maggiormente compromessi nei disturbi da deposito di glicogeno (GSD) come la malattia di Pompe.

Nella loro indagine, gli scienziati della Duke University si sono focalizzati sui processi molecolari che regolano il trasporto del glicogeno ai lisosomi. A tale scopo, i ricercatori hanno condotto una serie di esperimenti di laboratorio su un modello di topo geneticamente modificato per manifestare una carenza dell'enzima GAA e, contemporaneamente, di una proteina denominata 'Stbd1' (starch binding domain-containing protein 1).

Gli esemplari, in confronto ai topi in cui è stata soppressa soltanto la produzione di GAA, hanno manifestato un contenuto epatico di glicogeno inferiore del 73% all'età di 3 mesi, e del 60% all'età di 13 mesi. Al contrario, tra i due modelli murini non è stata riscontrata alcuna differenza in merito all'accumulo di glicogeno nel cuore e nei muscoli scheletrici.

I risultati dello studio, pubblicati sulla rivista Journal of Biological Chemistry, sembrano suggerire che distinti fattori molecolari siano implicati nel trasporto del glicogeno ai vari organi. Secondo gli autori della ricerca, intervenendo su questi specifici meccanismi potrebbe essere possibile giungere a nuove opzioni terapeutiche per i pazienti affetti da malattia di Pompe o da altro tipo di disturbo da deposito di glicogeno.

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