FIDENZA (PARMA) – Nel mondo, la malattia di Pompe colpisce circa 10.000 persone, prevalentemente adulti; in Italia i malati sono circa 300. “In realtà – sottolinea Letizia Manneschi, dell’U.O. di Neurologia dell’ospedale di Vaio a Fidenza – si tratta di una stima, perché i casi diagnosticati sono circa la metà: la glicogenosi di tipo II ha una prevalenza superiore a quella dell’atrofia muscolare spinale (SMA)”.
Il riconoscimento avviene spesso in ritardo, ma grazie a recenti studi è stato scoperto che si può diagnosticare questa patologia attraverso l'analisi del sangue del paziente. Ciò significa che è possibile sottoporre a screening numeri molto ampi di popolazione. “Lo screening dovrebbe essere di routine”, spiega la neurologa. In questo modo, grazie alla diagnosi precoce sarebbe possibile assicurare l’immediata presa in carico del pazientee, attraverso un'adeguata terapia, oggi disponibile, evitare che intervengano danni irreversibili.

In occasione dei primi dieci anni dall'apertura dell’ospedale di Vaio, lo scorso 29 novembre l’U.O. di Neurologia, grazie al supporto non condizionato di Genzyme, società del Gruppo Sanofi, ha organizzato un convegno scientifico per approfondire gli aggiornamenti clinico-terapeutici sulla malattia di Pompe. Oltre ai professionisti dell’AUSL di Parma, sono intervenuti esperti provenienti da diverse regioni d’Italia, tra cui il dr. Massimiliano Filosto di Brescia. Pochi giorni prima, il 21 e 22 novembre, si era svolto a Torino il Congresso internazionale sulla malattia.

“Di questa patologia – aggiunge la dr.ssa Manneschi, direttore scientifico del convegno – la forma dell’adulto è caratterizzata da iperCKemia, debolezza muscolare prossimale ed insufficienza respiratoria, con minimo coinvolgimento cardiaco. Talvolta le problematiche respiratorie sono il sintomo d’esordio della malattia. Iniziare la terapia enzimatica sostitutiva quando il muscolo non è ancora totalmente danneggiato può portare a notevoli vantaggi per il paziente. Per questo, sensibilizzare i medici sul tema del sospetto della malattia è di fondamentale importanza”. Inoltre, trattandosi di una malattia multisistemica, è fondamentale la collaborazione fra i vari specialisti, sia per la diagnosi che per il trattamento: pediatri, pneumologi, neurologi, internisti, cardiologi, oculisti, ortopedici, fisiatri, psicologi e medici di medicina generale.

I sintomi, che spesso vengono ignorati e che invece dovrebbero far sospettare la malattia
negli adulti sono un aumento della creatin-fosfochinasi (CPK), un’insufficienza respiratoria misconosciuta, la presenza di miopatie, dolori muscolari o scapole alate. All’ospedale di Vaio per la diagnosi si utilizza la tecnica del “Dried blood spot” (DBS), una goccia di sangue su cartina assorbente che viene poi analizzata in un laboratorio specializzato di Torino (dr. Severo Pagliardini): un metodo rapido, efficace e poco costoso. “Abbiamo un ambulatorio per le malattie neuromuscolari e un reparto neurologico con quattro letti e monitoraggio delle funzioni vitali, che è fondamentale per le patologie in uno stadio avanzato. Siamo in grado di eseguire tutti i test respiratori ed ematici, che ormai seguono delle linee guida standard”, continua la dr.ssa Manneschi.

“Il nostro ospedale, che fa riferimento a Ferrara come centro Hub per la malattia di Pompe, (diretto dalla prof.ssa Valeria Tugnoli), ha una grande esperienza nel trattamento con farmaci da somministrare per via endovenosa, immunoglobuline e anticorpi monoclonali. Fra le altre patologie di cui ci occupiamo ci sono la malattia di McArdle (glicogenosi di tipo V), altri deficit della catena proteica, distrofie muscolari, distrofie miotoniche, miopatie mitocondriali, sclerosi multipla e sclerosi laterale amiotrofica”.

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