Studio internazionale conferma l’efficacia della terapia con piranopterina monofosfato ciclica (cPMP)
Oggi c’è una concreta prospettiva di miglioramento per i neonati affetti da una rara e gravissima malattia metabolica congenita: il deficit del cofattore molibdeno di tipo A (MoCD di tipo A), una condizione che provoca una rapida neurodegenerazione e conduce precocemente alla morte. Una recente analisi pubblicata sul Journal of Inherited Metabolic Disease e condotta da un team internazionale guidato dal professor Günter Schwarz, dell’Istituto di Biochimica dell’Università di Colonia, ha combinato i dati di tre studi clinici – uno retrospettivo e due prospettici open-label – su efficacia e sicurezza del trattamento con cPMP ricombinante (rcPMP) e/o fosdenopterina (un forma sintetica di cPMP) in 14 pazienti affetti da MoCD di tipo A, confrontandoli con 37 pazienti non trattati.
I risultati sono stati davvero straordinari, evidenziando una significativa riduzione del rischio di morte precoce nei pazienti trattati rispetto ai non trattati e un miglioramento mai visto e significativo dello sviluppo neurologico nei bambini colpiti da questa patologia genetica. Nei soggetti che hanno ricevuto fosdenopterina e/o rcPMP, i biomarcatori urinari della malattia – S-solfocisteina e xantina – si sono normalizzati nel tempo, mentre sono rimasti alterati nei pazienti non trattati.
A 12 mesi dall'inizio della terapia, una parte dei bambini trattati ha raggiunto importanti traguardi dello sviluppo: il 43% era in grado di stare seduto senza supporto, il 44% camminava e il 57% si alimentava per via orale.
LA SVOLTA: INTERVENIRE NEI PRIMISSIMI GIORNI
Il trattamento iniziato entro 14 giorni dalla nascita è stato associato a esiti clinici migliori rispetto a un avvio successivo della terapia. Questi risultati dimostrano che l'approccio terapeutico con cPMP può cambiare radicalmente la prognosi dei neonati con MoCD di tipo A e in generale evidenziano quanto sia fondamentale investire nello studio delle malattie metaboliche rare.
La terapia con rcPMP è stata testata per la prima volta su un modello murino nel 2004; successivamente è stata sviluppata la fosdenopterina, una forma sintetica di cPMP da qualche anno approvata per il MoCD di tipo A in vari Paesi del mondo, tra cui Europa e America. La recente pubblicazione rappresenta il culmine di anni di ricerca e raccolta dati, e conferma in modo robusto l'efficacia del trattamento.
Inoltre, sebbene quasi tutti i pazienti trattati abbiano manifestato eventi avversi, questi erano per lo più lievi o moderati e non legati al farmaco, e non hanno comportato l’interruzione della terapia.
Lo studio conferma dunque che la terapia con fosdenopterina e/o rcPMP è generalmente ben tollerata e migliora in modo sostanziale la prognosi dei bambini con MoCD di tipo A, soprattutto se somministrata precocemente.
CHE COS’È IL DEFICIT DEL COFATTORE MOLIBDENO
Il deficit del cofattore molibdeno (MoCD) è un disordine metabolico congenito ultra-raro, ereditario, che coinvolge la capacità dell’organismo di sintetizzare una molecola fondamentale chiamata cofattore molibdeno (MoCo). Questo cofattore è indispensabile per il corretto funzionamento di alcuni enzimi vitali coinvolti nel metabolismo di aminoacidi e purine. Senza MoCo, gli enzimi chiave come la solfito ossidasi, la xantina deidrogenasi e l’aldeide ossidasi non possono funzionare correttamente.
L’accumulo di sostanze tossiche, come i solfiti, porta a danni cellulari gravi, soprattutto nel cervello. La conseguenza è una rapida degenerazione neurologica, con sintomi come convulsioni, ipotonia muscolare, difficoltà nell’alimentazione e, nella maggior parte dei casi, la morte precoce del neonato. I danni neurologici si manifestano già nei primi giorni di vita, in modo rapido e irreversibile. Fino a poco tempo fa, l’unico approccio terapeutico era sintomatico e non modificava il decorso della malattia.
Il MoCD è classificato in tre sottotipi (A, B e C), in base al gene mutato. Il tipo A, oggetto dello studio recente, è il più comune - colpisce circa un neonato ogni 200.000–500.000 - e deriva da mutazioni nel gene MOCS1, che impediscono la produzione della molecola cPMP, precursore essenziale per la sintesi del MoCo.
DIAGNOSI PRENATALE E NEONATALE
Riconoscere precocemente il MoCD è essenziale per poter intervenire nei primi giorni di vita. Il quadro clinico del MoCD di tipo A è clinicamente indistinguibile da quello del deficit isolato di solfito ossidasi, per cui è fondamentale procedere con test specifici. È inoltre necessario escludere altre condizioni neurologiche neonatali come l’encefalopatia ipossico-ischemica, l’iperreflessia neonatale e alcuni disturbi alimentari che possono mimare un’intolleranza agli aminoacidi.
Tra i metodi di screening più semplici figura un test rapido delle urine per l’individuazione dei solfiti, ma questo può generare falsi positivi e negativi. Un altro indizio è rappresentato dall’ipouricemia, spesso associata alla malattia. Inoltre, livelli bassi di omocisteina nel plasma possono suggerire il sospetto diagnostico.
La diagnosi definitiva si ottiene mediante analisi su colture di fibroblasti cutanei, che rivelano lesioni cistiche diffuse nella sostanza bianca cerebrale, nei gangli della base, nel talamo, oltre a ipoplasia cerebellare e alterazioni ulegiriche della corteccia cerebrale.
La diagnosi prenatale è possibile tramite diversi approcci: il dosaggio dell’attività enzimatica nei villi coriali, la misurazione dei livelli di S-sulfocisteina nel liquido amniotico, oppure attraverso analisi genetica del DNA, qualora siano note le mutazioni familiari.
Seguici sui Social