Il dottor Bertelli, genetista e presidente di MAGI, ci spiega il ruolo e gli obiettivi della Rete

“Il nostro impegno e la nostra speranza sono oggi quelli di estendere e diffondere la Rete per le malattie rare della retina lungo l’intero territorio italiano per assicurare punti di riferimento di elevato livello a tutti i pazienti. Centri che rispettino standard di qualità ben precisi, dove i pazienti possano trovare ovunque lo stesso livello: stessi esami, stessi tempi, stessa opportunità di entrare nei trial clinici. E’ nostro obiettivo unificare l’Italia per quello che riguarda la qualità dei servizi per la salute”. Così il dott. Matteo Bertelli, genetista, fondatore e presidente di MAGI – Istituto di Genetica non profit, specializzato nella diagnostica molecolare di malattie rare e rarissime, spiega lo scopo della Rete per la diagnosi e la cura delle malattie genetiche rare della retina.

Matteo Bertelli, presidente di MAGIDottor Bertelli in che momento e come nasce l’idea di creare una rete del genere?
L’idea nasce in risposta ad una concreta esigenza manifestatasi anni fa. Dopo alcune esperienze all’estero e ritornato in patria, il prof. Staurenghi dell’Ospedale Luigi Sacco di Milano si trovò a rivolgersi a MAGI perché in Italia non riusciva ad ottenere in tempi brevi e modalità omogenee gli esami di diagnosi molecolare per i suoi pazienti. Era per lui fondamentale che i pazienti potessero avere velocemente la diagnosi esatta, senza attendere anche due anni, come accadeva talvolta. Solo con la diagnosi molecolare era possibile iscrivere i pazienti ai trial clinici in corso; come quelli in corso al Moorfields Eye Hospital di Londra. Entrammo in contatto, iniziò la collaborazione e in quel momento che possiamo dire che sia nato l’embrione di questa rete clinica che presentiamo oggi e che è poi notevolmente cresciuta.     
In questi anni siete cresciuti, quali centri hanno aderito alla Rete per le malattie della retina?
Dopo la prima collaborazione con il Prof. Staurenghi dell’Ospedale ‘Luigi Sacco’ la voce secondo la quale lavoravamo bene e stavamo facendo cose del tutto nuove in Italia si è sparsa velocemente, sono aumentati i pazienti che si rivolgevano ai nostri laboratori e anche grazie a questo, circa un anno e mezzo fa, si è avviata la collaborazione con il prof. Falsini del Policlinico Gemelli, oggi particolarmente attivo nel campo della sperimentazione farmacologica. Poi il passaparola è cresciuto e alla rete si è aggiunto il San Paolo di Milano, dove la prof.ssa Pierrottet non solo fa diagnosi clinica e ricerca ma dà anche un grandissimo contributo nella parte riabilitativa. Infine, proprio pochi giorni fa, abbiamo siglato l’ultimo protocollo che a breve attiverà lo stesso meccanismo di collaborazione con tutta l’area vasta del Triveneto (Veneto, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia).

Concretamente quali sono risultati e vantaggi di questa rete per le malattie rare della retina?
Solo negli ultimi 5 anni di attività abbiamo svolto test genetici su oltre 550 famiglie, alcuni di questi test in Italia si fanno solo da noi, prima si mandavano i campioni all’estero. Molte delle famiglie di cui abbiamo analizzato le malattie provengono dalla Lombardia e dal Lazio, ma abbiamo trovato famiglie con malattie rare della retina praticamente in ogni regione. La differenza che si nota tra Lombardia e Lazio dove la sensibilità medica è più elevata e siamo presenti con i nostri centri, e le altre regioni, ci indica in maniera chiara che altrove queste malattie sono sottostimate, che ci sono pazienti con gravi deficit visivi che rimangono senza diagnosi e senza la possibilità di accedere alle terapie perché non si vanno ad indagare a fondo, con adeguati test, i motivi di cecità o ipovisione. I pazienti che arrivano a noi hanno indubbiamente dei vantaggi: diagnosi in tempi brevi, nel 90 per cento dei casi esatta al primo tentativo, inserimento nei migliori trial clinici, un forte e qualificato aiuto nella riabilitazione, il tutto senza che debbano ingegnarsi a trovare ciò che cercano; siamo noi ad organizzarci per dargli un percorso completo.
Ma anche dal punto di vista della ricerca scientifica questa Rete ha fatto e sta facendo moltissimo. Grazie al confluire di tanti campioni in un unico laboratorio e alla classificazione fatta con criteri uniformi stiamo creando la base di un registro nazionale che servirà a capire meglio incidenza e distribuzione delle malattie della retina e a fare le sperimentazioni con maggiore facilità. Questo lavoro ha già oggi prodotto studi di qualità pubblicati sulle migliori riviste scientifiche e grazie ai test siamo riusciti anche ad individuare 20 nuove mutazioni genetiche.     
Fare ‘Rete’ però è un vantaggio che va oltre ricerca e aspetti clinici, ci sono infatti benefici anche per il Servizio Sanitario Nazionale che evita di rimborsare ai pazienti esami diagnostici inutili o prestazioni addirittura fuori dall’Italia, come accadeva prima. Basti pensare che oggi siamo arrivati al 90 per cento di campioni positivi. Questo significa che in 9 casi su 10 la diagnosi verso la quale il medico del centro indirizza il paziente è corretta. Solo in un caso su 10 i test sono negativi, cioè la mutazione responsabile della malattia, non è quella che avevamo ipotizzato; quando accade ci confrontiamo per capire quali elementi non sono stati considerati correttamente. Così ci arricchiamo tutti di conoscenze, aumentiamo la qualità generale, evitiamo esami inutili e costosi e facciamo risparmiare al paziente tempo e angosce. Non dimentichiamo che per noi il paziente rimane sempre al centro. In Italia siamo abituati a vedere il malato, tanto più se raro, recarsi in un centro per la diagnosi e poi spostarsi per i controlli di routine, le visite specialistiche, i trial. Noi di MAGI abbiamo voluto, per quanto possibile, rovesciare il tutto. Il paziente deve poter andare nel centro di riferimento più vicino e trovare tutto quello di cui ha bisogno, con uno standard ovunque identico. Siamo noi ad andare periodicamente in un centro o nell’altro per raccogliere i campioni e confrontarci con i clinici, sviluppando con gli ospedali una comunicazione continua. Stiamo anche organizzando una rete informatica per lo scambio di dati, una sorta di ospedale virtuale ove incontrarci per poter poi dare il meglio ad ogni singolo paziente.    

La rete arriva dal Trentino fino a Roma. Nel sud Italia com’è la situazione?

Già l’esser presenti dal Trentino a Roma vuol dire esser diffusi in una buona parte del Paese ed offrire anche ai pazienti del sud buone opportunità. Vorremmo arrivare anche più a sud, ma ho constatato che purtroppo non sempre il livello di sensibilità e di dotazioni tecniche è sufficientemente elevato. Mi sono scontrato con realtà in cui una retinite è ‘solo’ una retinite e non si comprende la necessità di indirizzare il paziente ad una diagnosi più specifica. Addirittura, ho riscontrato quest’atteggiamento in oculisti con figli affetti da malattie rare della retina. Se ci si è formati su libri di testo anche solo degli anni ’90 e se non si è fatto aggiornamento, tutto quello che riguarda la genomica rischia di essere davvero qualcosa di difficile comprensione. Non parliamo poi dei macchinari, della tecnologia diagnostica o della capacità di saper leggere i risultati: non è facile, serve allenamento e formazione. Al momento manca ancora un centro di qualità che possa aderire alla Rete  ma questo non significa che MAGI si sia rassegnata a lasciare il sud in queste condizioni. Ora ad esempio stiamo facendo formazione all’Ospedale di San Giovanni Rotondo, potrebbe essere il primo passo per avere un nodo della rete in Puglia.

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