Sempre più concreta, questa possibilità terapeutica per la retinite pigmentosa è però off-limits per molti a causa del costo elevato

La retinite pigmentosa (RP) è una distrofia retinica ereditaria, causata dalla perdita dei fotorecettori e caratterizzata da depositi retinici di pigmento visibili all'esame del fondo dell'occhio. La forma più comune è la distrofia tipo bastoncelli-coni, che insorge con cecità notturna, seguita dalla perdita progressiva della vista diurna, del campo visivo periferico, che può portare a cecità dopo diverse decadi.
Problemi di vista al buio, immagini sempre più sfocate anche di giorno, lesioni sul fondo dell'occhio, campo visivo limitato: la retinite pigmentosa è una malattia che si stima colpisca, in Italia, 1 persona su 15000. Per coloro che sono affetti da questa patologia in stadio avanzato la vita è difficile e la cecità sembra essere l'unico destino. Arrivano invece ottime notizie dal campo della ricerca, infatti sono iniziati i primi impianti di protesi retinica ed i feedback sino ad ora paiono positivi.

 

La protesi retinica del sistema Argus II, sistema concepito per coloro che sono affetti da degenerazione retinica grave e che abbiano un'acuità visiva inferiore ad un decimo in entrambi gli occhi, è stata impiantata su otto pazienti dell'Ospedale di Pisa.

Il sistema Argus II è impiantato in parte all'interno dell'occhio (una piastrina con degli elettrodi) ed in parte rimane esterno (il paziente è dotato di un paio di occhiali con telecamera integrata). Le immagini vengono recepite e registrate attraverso la telecamera e sono trasmesse in forma di impulsi elettrici alla piastrina posta sulla retina. Gli elettrodi stimolano i fotorecettori ancora attivi inviando al cervello segnali luminosi corrispondenti alle immagini.

Secondo i risultati dei primi impianti, pare che la protesi riesca a supplire ai fotoricettori perduti a causa della patologia e che i pazienti riacquistino progressivamente una discreta funzionalità visiva attraverso l'uso dei segnali luminosi.

“Che vuol dire - ha affermato Stanislao Rizzo (Direttore del reparto di Chirurgia oftalmica dell'Azienda Ospedaliero-Universitaria di Pisa). - vedere le sagome degli oggetti e delle persone. Se si trova in un ambiente sconosciuto il paziente può vedere gli ostacoli, individuare dove sono la porta e la finestra. Sono grossi successi se si pensa che si passa dal buio completo a "vivere" l’ambiente circostante”.

Il sistema Argus II è stato presentato anche da Yvonne Luo, del Moorfields Eye Hospital di Londra, al recente congresso dell'American Academy of Ophthalmology, chiaro segnale che il mondo si sta aprendo a questa nuova possibile terapia per la retinite pigmentosa.

Il trattamento non è però miracoloso, necessita impegno, costanza nell'esercizio e forza di volontà, ma secondo i primi casi di impianto pare proprio che ci siano buone possibilità di riuscita.

“Riesco a distinguere le lettere: grandi, bianche, su sfondo nero, ma per me che amo la lettura è un piacere – ha affermato Filippo Tenaglia (paziente trentatreenne a cui è stato impiantata la protesi nel dicembre 2011 )- Ci vogliono impegno, pazienza; vi è la necessità di aggiustamenti delle impostazioni, ma essendo il dispositivo per il 90% esterno è facilmente aggiornabile”.

Purtroppo il costo del trattamento è ancora molto alto, 78 mila euro circa, e questo rappresenta per molti un limite non da poco.

“Fino a oggi l’Azienda Ospedaliera di Pisa ha sostenuto i primi interventi – ha affermato Elio Borgonovi (Docente di Economia e Management delle Amministrazioni Pubbliche, presidente Cergas, Università Bocconi e Presidente del Comitato Scientifico per la Protesi Retinica dell’Azienda Ospedaliera di Pisa) - ma in futuro non può continuare a gestire i costi della tecnologia per i pazienti di tutta Italia. Per questo motivo il Comitato Scientifico ha avviato un percorso di lavoro con la Regione Toscana per definire i migliori criteri di accessibilità e rimborsabilità dell’impianto presso il centro pisano. Siamo fiduciosi che il lavoro in corso porterà presto a risultati concreti per i pazienti italiani”.



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