Francesca Granata racconta in un TED Talk la sua vita con la patologia e la battaglia dei pazienti per l’accesso alla terapia
Le porfirie sono un gruppo di malattie accomunate da una serie di difetti nel metabolismo dell’eme, una molecola fondamentale per il trasporto dell’ossigeno nel sangue; dal momento che sono otto gli enzimi implicati nella via metabolica dell’eme, le porfirie possono esser considerate come un gruppo di sorelle, ognuna con caratteristiche biochimiche proprie, seppure alcune siano accomunate da manifestazioni sintomatiche che comprendono anche la fotosensibilità, cioè la comparsa di aree di infiammazione, accompagnate da forti dolori, sulla pelle esposta al sole. Francesca Granata ha fatto esperienza della porfiria sin da quando era bambina, ma non ha mai avuto timore di ‘uscire dall’ombra’ per gettare luce su questa condizione poco conosciuta.
Per l’esattezza, Francesca è affetta da protoporfiria eritropoietica, una forma di malattia dovuta ad un difetto di produzione dell’enzima ferrochelatasi e che tra i sintomi riporta proprio la fotosensibilità. In un TED Talk organizzato di recente, Francesca ha raccontato la sua storia, spiegando che a causa degli eritemi e dei forti dolori successivi all’esposizione al sole, la sua vita, fin dall’età di due anni, è stata relegata alle ombre. A causa della patologia, infatti, gli effetti della luce solare sulla pelle non si limitano a banali arrossamenti, ma sono una perenne causa di sofferenza, come delle ustioni; e insorgono anche solo se un paziente cammina per la strada o guida l’auto in una calda giornata d’estate. Dopo una vita di dolori e frustrazione, Francesca si è iscritta alla facoltà di Biologia per cercare il bandolo della matassa e dare una spiegazione alla propria condizione. Fu proprio durante il corso di Biochimica che fece la conoscenza del meccanismo molecolare all’origine della sua malattia e, su questa base, si sottopose agli esami che confermarono la presenza della protoporfiria eritropoietica. Da allora, Francesca ha continuato a lavorare nel mondo della medicina, diventando una ricercatrice-paziente e impegnandosi per facilitare la diagnosi di molti bambini colpiti dal suo medesimo problema.
“Oggi un farmaco contro la protoporfiria eritropoietica esiste e potrebbe alleviare le sofferenze dei pazienti: purtroppo, in Italia è stato inserito in fascia di rimborsabilità C e non in A. Perciò non è disponibile in maniera omogenea su tutto il territorio nazionale”, spiega Francesca. Il farmaco di cui parla è l’afamelanotide (nome commerciale Scenesse®) che l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha approvato inserendolo tra i farmaci non rimborsabili dal Servizio Sanitario Nazionale: pertanto, le spese per l’acquisto sono a carico all’Ospedale e della Regione (Gazzetta Ufficiale n. 202 del 30.08.16, pag. 27). Una situazione rimasta inalterata nonostante nel 2019 l’afamelanotide sia stata approvata dalla Food and Drug Administration (FDA) statunitense senza limitazioni di costo, e l’anno successivo tale approvazione sia stata recepita anche dall’Agenzia del Farmaco australiana. “Da anni, io e l’associazione IPPN, composta da pazienti con competenze scientifiche, ci battiamo perché questa situazione possa cambiare. In Italia, non tutte le Regioni hanno a disposizione il farmaco che, trovandosi in una fascia di rimborsabilità regionale, in certe zone non viene acquistato e reso disponibile ai pazienti. Così si crea una disomogeneità nazionale che mette in grave difficoltà molti malati”.
L’efficacia di dell’afamelanotide è stata ormai ampiamente dimostrata non solo dalla storica pubblicazione su The New England Journal of Medicine, che ha fatto da traino per l’approvazione del farmaco, ma anche da recenti pubblicazioni sulle riviste Expert Review of Clinical Pharmacology e Orphanet Journal of Rare Disease. Tuttavia, il problema rimane. “Quando è stato realizzato il trial clinico, ai pazienti sono state somministrate fino a 6 dosi del farmaco all’anno”, spiega Francesca Granata. “Purtroppo, al momento della commercializzazione, l’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA), nel suo report finale (EMA/CHMP/601433/2014), ha raccomandato l’uso di almeno 3-4 dosi e le agenzie regolatorie nazionali hanno recepito il suggerimento come un’imposizione, limitando il numero delle dosi. Ma poiché questa molecola è in grado di stimolare la melanogenesi, un numero maggiore di somministrazioni determina una copertura più ampia. Il profilo di sicurezza del farmaco è molto buono, pertanto è fondamentale che i pazienti lo ricevano con continuità e non solamente durante i mesi estivi. E poiché si tratta di un farmaco palliativo, cioè che cura i sintomi della malattia ma non ne elimina alla radice la causa, la contrattazione del prezzo e del dosaggio si è fatta complessa. Stiamo lavorando per superare questo scoglio, cercando di far comprendere che la protoporfiria eritropoietica è una patologia seria e invalidante”.
Francesca non è sola in questa impresa. Insieme a lei, altri pazienti si stanno impegnando su due difficili versanti: da una parte per portare fuori dall’ombra la malattia; dall’altra per far in modo che non manchi il farmaco che può curarla. Così oltre a promuovere una seria e mirata informazione su cosa sono le porfirie, agevolando la diagnosi a molte persone, la loro battaglia serve a far in modo che i pazienti possano avere accesso in maniera equa a quella cura che, per tante patologie rare, è ancora negata.
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