Questa opzione potrebbe rispondere alle esigenze dei pazienti con ipofosfatemia legata all'X, garantendo la continuità della terapia durante la pandemia di COVID-19 e vantaggi che vanno oltre l’attuale emergenza
Il Comitato per i Medicinali ad Uso Umano (CHMP, Committee for Medicinal Products for Human Use) dell’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) ha raccomandato la concessione dell’autorizzazione per l’opzione di autosomministrazione di burosumab per il trattamento dell’ipofosfatemia legata all’X (XLH), una malattia rara del metabolismo osseo che colpisce bambini e adulti. In questo modo, oltre agli operatori sanitari, alcuni pazienti o caregivers potrebbero essere idonei a somministrare burosumab, su raccomandazione del medico curante nell’indicazione approvata per il trattamento dell’XLH nei bambini e negli adolescenti da 1 a 17 anni con evidenza radiografica di malattia ossea, e negli adulti.
Le persone con XLH hanno un difetto genetico sul cromosoma X, che causa un’eccessiva perdita di fosfato attraverso le urine e un insufficiente assorbimento a livello dell’intestino, con conseguenti livelli di fosfato nel sangue cronicamente bassi. Il fosfato è un minerale con un ruolo essenziale per il mantenimento di livelli adeguati di energia nell’organismo, per la funzione muscolare e per la formazione di ossa e denti sani. Nonostante non esista una cura per l’XLH, le terapie che mirano a riportare nella normalità i livelli di fosfato all’interno dell’organismo possono contribuire a migliorare i sintomi della malattia.
Burosumab, farmaco prodotto da Kyowa Kirin, è un anticorpo monoclonale in grado di legarsi al fattore di rescita dei fibroblasti 23 (FGF23), inibendo l’attività di riduzione dei livelli di fosfato. Bloccando l’eccesso di FGF23 nei pazienti, burosumab mira ad aumentare il riassorbimento del fosfato da parte del rene e la produzione di vitamina D attiva, che migliora l’assorbimento a livello intestinale di fosfato e calcio. La somministrazione di burosumab avviene mediante iniezione sottocutanea effettuata dal medico.
“La pandemia globale ha messo a dura prova i sistemi sanitari e messo fortemente a rischio l’assistenza ai pazienti. Il COVID-19 ha anche indotto alcuni pazienti a essere restii a recarsi presso le strutture sanitarie per paura di infettarsi o di gravare su operatori impegnati nelle terapie intensive a pazienti con coronavirus. Uno dei modi in cui Kyowa Kirin può essere d’aiuto è quello di offrire agli operatori sanitari una maggiore flessibilità, aiutando i pazienti a ricevere il trattamento nel modo più adatto alle loro esigenze. L’autosomministrazione di burosumab è un ottimo esempio di come dare risposta alle esigenze di medici e pazienti e rappresenta uno dei nostri modi di tenere fede allo scopo che ci siamo prefissati, quello di ridare il sorriso alle persone”, ha dichiarato Abdul Mullick, Presidente di Kyowa Kirin International.
Anche in caso di autosomministrazione il trattamento dovrà essere iniziato da un medico specialista nella gestione dei pazienti con malattie del metabolismo osseo. In seguito, se il paziente sta ricevendo una dose stabile, su raccomandazione del medico potrà eventualmente optare per l’autosomministrazione o la somministrazione a cura del caregiver che lo assiste, previa opportuna formazione. La prima dose autosomministrata dopo l’inizio del trattamento o dopo una modifica del dosaggio dovrà essere effettuata sotto la supervisione di un operatore sanitario. La Commissione Europea (CE) esaminerà la raccomandazione del CHMP e una decisione finale sulla domanda di variazione per aggiungere l’opzione di autosomministrazione di burosumab è attesa nei prossimi mesi. L’autosomministrazione di burosumab rimane non autorizzata, fino a quando non sarà emessa la decisione della CE.
Raja Padidela, medico specialista in endocrinologia pediatrica presso il Royal Manchester Children’s Hospital di Manchester, Regno Unito, ha dichiarato: “L’autosomministrazione dei farmaci può aiutare alcuni pazienti a rendersi indipendenti e anche ad acquisire un migliore controllo della propria condizione. Questa notizia potrebbe essere accolta con favore non solo dai pazienti con XLH che hanno problemi di mobilità, ma anche dai genitori con bambini piccoli con XLH, che potrebbero avere poco tempo a disposizione per recarsi presso i centri sanitari per gli appuntamenti, o che potrebbero avere difficoltà a ricevere le visite degli infermieri a domicilio per la somministrazione delle iniezioni. Molti trattamenti iniettabili per malattie croniche, come l’insulina per il trattamento del diabete mellito, vengono autosomministrati con successo dai pazienti. Nel caso dei pazienti con XLH sarà il medico curante a valutare quali pazienti saranno ritenuti idonei, assicurandosi che coloro che optano per l’autosomministrazione abbiano ricevuto la formazione necessaria e siano a proprio agio con la procedura”.
Burosumab è stato approvato in Europa nel 2018 e in Italia nel 2019 per il trattamento dell’XLH con evidenza radiografica di malattia ossea nei bambini di età pari o superiore a un anno e negli adolescenti con apparato scheletrico in crescita. Nel 2020 questa autorizzazione è stata ampliata per includere adolescenti più grandi e adulti.
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