Pasquale Centrone

Il commento di AISLA: “La stessa situazione in Italia è vissuta da migliaia di pazienti e dalle loro famiglie, con ingenti costi sanitari e sociali”

Bari – “La malattia è già bastarda di suo e ogni giorno si prende una parte di me, peggioro”. Il post, pubblicato su Facebook lo scorso 14 febbraio, è del ristoratore Pasquale Centrone, che da 13 anni è malato di SLA (sclerosi laterale amiotrofica) e da 9 in ventilazione assistita. “Forse non mi sono spiegato bene: ho bisogno di un'assistenza stabile e duratura, che impari le mie abitudini. Non mi mandate più queste assistenze occasionali 'a prestazione', che – poverini – non sanno da dove iniziare. Io, più di una persona che mi assiste non me la posso permettere, e non voglio più dare impegni alla mia famiglia. Basta, sono stanco, non mi piace più vivere in questo modo. È diventata un'agonia, tolgo il disturbo”, è il grido di dolore di Centrone, titolare del ristorante “Da Tuccino” di Polignano a Mare, che nel post ha indicato il presidente della giunta regionale Michele Emiliano e l'assessore alla sanità pugliese Pier Luigi Lopalco come esecutori delle sue volontà, “come fece il dj Fabo con Marco Cappato”.

Tre giorni dopo, la ASL di Bari ha rilasciato una nota in cui dichiara che “nell’ottica di un costante impegno che la direzione della ASL adotta per fare in modo che l’assistenza a questi malati fragili non venga mai interrotta, il distretto socio sanitario 12 competente del territorio di Polignano era già intervenuto nei giorni scorsi per l’aggiornamento e l’integrazione tempestiva del piano terapeutico auspicato dal paziente. Per superare le criticità legate alla carenza di personale infermieristico sopraggiunta nella cooperativa che gestisce il servizio, il distretto ha infatti provveduto ad integrare il piano di assistenza, predisponendo la presenza di un infermiere e di un operatore socio sanitario, rispettivamente per 5 ore al giorno. Il direttore del distretto 12 Antonio Milano, in accordo con la famiglia Centrone, è venuto incontro alle esigenze dell’assistito e dei suoi famigliari, e ha previsto un’infermiera dedicata, in supporto e in affiancamento agli infermieri della cooperativa responsabile dell'assistenza”, prosegue l’azienda sanitaria. “C’è massima attenzione da parte della ASL all'assistenza domiciliare, e all’intervento dei distretti si aggiunge anche l’attività periodica e costante dell'Unità operativa di fragilità e complessità che ha in carico circa 580 pazienti con patologie neurodegenerative, assicurando a domicilio procedure come inserimenti di PICC (cateteri centrali a inserimento periferico), tracheobroncoscopie, cambi di cannule tracheali e PEG per la nutrizione artificiale, e controlli continui per verificare lo stato di salute degli stessi”.

La nota della ASL, però, non ha soddisfatto Pasquale Centrone: “Non è cambiato niente, anzi hanno peggiorato l'assistenza con questi cambi continui di personale, mi devastano psicologicamente. Io non cambio idea, farò l'eutanasia, il mio giudice di sostegno verrà a trovarmi mercoledì”, è stata la sua replica.

“L’appello di Pasquale Centrone ha riportato in alto nel dibattito pubblico il tema dell’assistenza alle persone affette da malattie gravi e ad epilogo infausto”, è il commento di AISLA - Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica. “Andando oltre il caso specifico, la stessa situazione in Italia è vissuta da migliaia di pazienti malati di SLA e dalle loro famiglie. La sclerosi laterale amiotrofica colpisce gradualmente il movimento, la comunicazione, l’alimentazione e la respirazione, rendendo necessaria un’assistenza medico-infermieristica specializzata e, nelle fasi più avanzate della malattia, la presenza dei caregiver formali a domicilio 24 ore su 24. AISLA stima un costo di 100.000 euro l’anno perché un malato con deficit gravi possa contare su assistenza, visite specialistiche essenziali, supporto a casa adeguato e tutti gli strumenti per garantirgli una buona qualità di vita. La somma sale a 150.000 euro per un malato con deficit gravissimo”.

“Oggi, la maggior parte delle persone con SLA non è in grado di sostenere queste spese, neppure con il sostegno del Servizio Sanitario Nazionale e del Fondo Nazionale per le Non Autosufficienze (FNA)”, prosegue AISLA. “Il risultato è che i pazienti non ricevono tutta l’assistenza necessaria e questo, oltre a incidere negativamente sulle loro condizioni di salute, è fonte di ingenti costi sanitari e sociali. Le mancate visite periodiche a domicilio di medici esperti che seguano passo dopo passo l’evolversi della malattia, ad esempio, possono dare origine a ricoveri ospedalieri impropri, con costi sanitari superiori rispetto a quelli che avrebbero avuto le visite specialistiche”, conclude l’Associazione. “Inoltre, il fatto che una famiglia non possa permettersi di pagare un caregiver implica che siano i familiari stessi a occuparsi della persona affetta da SLA, spesso rinunciando al lavoro: questo provoca, a cascata, pesanti ricadute sociali”.

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