Lo dimostra uno studio prospettico condotto ad Harvard e al quale hanno partecipato due italiani
Il fumo di sigaretta può essere associato ad un aumentato rischio di sviluppare la SLA - Sclerosi Laterale Amiotrofica, una malattia neurodegenerativa che attualmente non conosce cura. A dirlo è uno studio pubblicato a febbraio su Archives of Neurology firmato da un team internazionale guidato dal prof Hao Wang della Harvard School of Public Health di Boston e firmato anche da due esperti italiani: uno è il prof Giancarlo Logroscino, del dipartimento dei neurologia dell’Università di Bari e l’altro è il prof Alberto Ascherio, italiano ma da tempo in forze presso il dipartimento di epidemiologia e nutrizione della Harvard School.
Attualmente non ci sono certezza sulle cause della SLA di tipo sporadico, cioè la forma che riguarda oltre il 90 per cento dei casi: si pensa che i fattori che ne generano l’insorgenza possano essere vari – si parla dunque di malattia multifattoriale – e per questo da tempo veniva preso in considerazione un possibile ruolo del fumo di sigaretta. Mancavano però degli studi epidemiologici significativi; per questo il team di ricercatori ha pensato che fosse utile fare un ampio studio di tipo prospettico andando ad indagare su questa possibile correlazione.
I ricercatori hanno dunque analizzato i dati provenienti da cinque diversi studi a lungo termine - con follow up tra i 7 e i 28 anni - che hanno riguardato più di un milione di soggetti, 832 dei quali con diagnosi di SLA, un numero considerevole per una patologie che viene comunque annoverata tra quelle rare. Questi pazienti erano divisi in 562 uomini e 556 donne. Studiano i dati i ricercatori hanno dunque constatato che i tassi di SLA erano più elevati tra gli uomini che tra le donne a parità di età e che coloro che nella vita avevano fumato avevano un aumentato rischio di SLA rispetto a coloro che non avevano mai fumato.
Per l’esattezza i fumatori mostravano un aumento del rischio di sviluppare la malattia di circa il 42 per cento.
Inoltre è stata notate una correlazione positiva tra la durata dell’abitudine al fumo e il numero di sigarette giornaliere e l’aumento del rischio di sviluppare la malattia. In poche parole più i pazienti erano forti fumatori e lo erano stati più a lungo più aumentava il rischio. In particolare questo aumenterebbe del 9 per cento per ogni 10 anni passati da fumatori e di un altro 10 per cento per ogni 10 sigarette in più al giorno: in sostanza fumare un pacchetto (20 sigarette) o mezzo (10 sigarette) farebbe crescere il rischio del 10 per cento.
Lo studio dimostra dunque che una correlazione, in termini di predisposizione all’insorgenza della malattia, potrebbe esserci anche se non è chiaro quali meccanismo entrino in azione. Secondo gli autori potrebbe essere una conseguenza dello stress ossidativi causato dal fumo (dal tabacco ma anche e forse soprattutto da altri componenti presenti nelle sigarette o derivante dalla combustione, come la formaldeide), e il fatto che le sostanze presenti nel fumo generano radicali liberi, ma la chiarezza si potrà avere solo quando i meccanismi stessi dalla malattia saranno maggiormente noti.
Seguici sui Social