Se la comunicazione è tempo di cura, la relazione va costruita con delicatezza e attenzione
La SMA, atrofia muscolare spinale, è una malattia genetica rara, neuromuscolare e degenerativa. I bambini affetti dalla forma più grave di questa malattia fino a qualche anno fa non avevano alcuna prospettiva di sopravvivenza, perché il loro corpo non produce una proteina necessaria al funzionamento dei motoneuroni. La diagnosi era una condanna a morte. Oggi, grazie alla diagnosi precoce e al progresso scientifico e farmacologico esiste un farmaco in grado di cambiare la storia naturale della malattia. Per i pazienti con SMA di tipo 1, inoltre, è da poco disponibile anche la terapia genica. Grazie al progetto di screening neonatale, per ora avviato in Toscana e Lazio, ma che presto potrà diventare una realtà su base nazionale, la diagnosi può essere fatta a poche settimane dalla nascita, permettendo così una presa in carico immediata dei piccoli pazienti.
La diagnosi di una patologia come la SMA, però, rimane sempre e comunque un evento drammatico per una famiglia. Per questo motivo Famiglie SMA, associazione attiva in Italia dal 2001, ha dato vita al progetto “Newborn SMA”, presentato durante il webinar “Atrofia muscolare spinale: storia clinica e rivoluzione terapeutica”, organizzato da OMaR in collaborazione con Famiglie SMA e con il contributo non condizionato di Novartis Gene Therapies, svoltosi lo scorso 29 settembre.
“La presa in carico delle famiglie in cui arriva una diagnosi di SMA parte dall’informazione e dall’educazione dei familiari e arriva fino alle cure palliative, passando naturalmente attraverso tutte le possibilità di terapia e trattamento dei sintomi di una malattia come questa”, ha spiegato il Prof. Giuseppe Vita, U.O.C. di Neurologia e Malattie Neuromuscolari, Dipartimento di Neuroscienze, A.O.U. Policlinico "G. Martino" di Messina.”
Una patologia che affligge, dunque, bambini e famiglie, che hanno principalmente diritto a un progetto di vita. Prima ancora, però, hanno diritto a comprendere la portata di una comunicazione diagnostica che non può e non deve essere a senso unico. Anche la comunicazione diagnostica, e prognostica, deve essere configurata come una relazione di cura. A confermarlo è anche la Legge 22 dicembre 2017, n. 219 (Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento), che ci ricorda che la relazione di cura e fiducia tra paziente e medico deve essere promossa e valorizzata, e che contribuiscono a tale relazione, in base alle relative competenze, gli esercenti una professione sanitaria che compongono l’equipe sanitaria stessa. Un’equipe adeguata, dunque, dovrebbe poter comprendere anche un professionista in grado di accompagnare le famiglie nella comprensione della diagnosi e delle ricadute che essa ha sulla vita della famiglia stessa.
“Quando incontriamo le famiglie – ha spiegato Jacopo Casiraghi, psicologo e psicoterapeuta, Famiglie SMA – la prima cosa che ci raccontano è sempre quel momento dolorosissimo rappresentato dalla comunicazione della diagnosi. Lo potremmo definire un vero e proprio naufragio: tutta la vita, le aspettative, i desideri, l’organizzazione cambiano. Si tratta di una patologia importante, in alcuni casi molto grave. Fino a qualche anno fa non esisteva una cura: dire a un genitore, che darebbe la vita per dare una speranza al figlio, che una cura non esiste è devastante.”
Fortunatamente, le cose sono molto cambiate, ma il senso generale rimane. La comunicazione diagnostica non finisce quando il neuropsichiatra infantile fornisce la diagnosi. Si tratta di un processo che inizia quando i genitori si rendono conto che il loro bambino non sta seduto da solo, quando capiscono che qualcosa non va. Gli esami, gli accertamenti, poi l’attesa, devastante. E poi la diagnosi, quasi sempre un fulmine a ciel sereno.
“Le famiglie hanno bisogno di tempo. Per elaborare, per accettare l’inaccettabile”, prosegue Casiraghi. “Accettare che un figlio sia malato non si può, almeno non subito, c’è bisogno del tempo del dolore. Alcuni genitori mi riferiscono di essere talmente distrutti da non essere in grado di prendersi cura del proprio bambino. Cercano la figura di riferimento nel medico, che non sempre, però, è in grado di fornire il supporto necessario. E qui entra in gioco la necessità di una equipe multidisciplinare, che accompagni le famiglie. Fino anche al supporto psicologico, che non può mai essere imposto.”
Famiglie SMA, in questi anni, ha lavorato molto per accompagnare le famiglie in questo processo difficile e doloroso. Mette a disposizione di tutti, sul territorio nazionale, il Numero Verde Stella alla quale rispondono dei peer counselor, persone che a loro volta hanno vissuto la diagnosi di SMA. “La comunicazione diagnostica è molto cambiata negli anni”, spiega ancora Casiraghi. “Non si dice più che non esiste una cura per la SMA, ma le famiglie si trovano immediatamente a dover fare delle scelte. Scelte che possono, in un momento così delicato, generare confusione. Per questo motivo abbiamo dato vita, grazie al supporto di Novartis Gene Therapies, al progetto Newborn SMA, nato per accompagnare le famiglie alla diagnosi di SMA. Ancora più necessario oggi che lo screening neonatale è divenuto realtà.”
Lo screening neonatale è fondamentale per poter diagnosticare la patologia immediatamente ed iniziare subito le terapie in grado di offrire ai bambini un futuro in termini di sopravvivenza libera da disabilità grave e gravissima. Una diagnosi che arriva a pochi mesi dalla nascita, senza alcun sospetto, può essere però ancor più dirompente. Il servizio è strutturato come una sorta di tutoraggio. Il tutor accompagna la famiglia nelle scelte sociali e organizzative (quale centro di riferimento scegliere o come chiedere la Legge 104 per ottenere i permessi lavorativi necessari, solo per citare alcuni esempi) e lo fa nei momenti in cui le emozioni sono così intense da non permettere di prendere decisioni, anche semplici. Il servizio può poi trasformarsi anche in un percorso di supporto psicologico, ma non è configurato come tale. È un approccio rispettoso dei tempi e delle necessità familiari, che sono sempre estremamente soggettive. Il progetto Newborn SMA prevede anche il sostegno economico delle famiglie in difficoltà, perché la SMA è anche un costo economico, oltre che sociale.
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